venerdì 12 febbraio 2016

PIOGGE ARTIFICIALI IN ITALIA DAL 1947


Cloud Seeding- Observing clouds in the freezer:
Irving Langmuir,Vincent Schaefer & Bernhard Vonnegut 1946


La capacità di generare precipitazioni, nebbie e tempeste sulla terra per modificare le condizioni meteorologiche,quindi la produzione di condizioni meteorologiche artificiali, fa parte di un pacchetto integrato di tecnologie militari. Questo e altro rivela il Documento AF 2025 del Rapporto Conclusivo AF 2025 dell’Aviazione Militare degli Stati Uniti.

La manipolazione del tempo atmosferico può essere diretta contro paesi nemici o “nazioni amiche” senza che se ne rendano conto, può essere usata per destabilizzare sistemi economici, ecosistemi e agricolture, può sconvolgere i mercati finanziari e delle materie prime, scrisse Michel Chossudovsky. Ciò nonostante, la manipolazione climatica e meteorologica non è stata mai considerata rilevante nel dibattito sul Clima. 
Il cloud seeding, come progetto di ricerca militare degli Stati Uniti, è iniziato nei primi anni ’30, ma già nel 1915 sono riportati successi nel tentare di provocare la pioggia. Molti negano che si possa influire in modo consistente su fenomeni meteorologici come le piogge o le tempeste, considerando come giustificazione le sperimentazioni del passato, che sono classificate il più delle volte un insuccesso (vedi Progetto Stormfury e Inseminazione delle nuvole).
C’è da chiedersi però la ragione della proliferazione di questo tipo di programmi in tutto il mondo. Lo illustra questa MAPPA.




 Il “Progetto Pioggia” è ufficialmente la prima sperimentazione italiana di inseminazione delle nuvole e fu realizzata in Puglia negli anni ottanta. Il documento esposto in seguito, presentato da Antonio SERRA, racconta di attività antecedenti. Le prime sperimentazioni per influire sulle precipitazioni iniziarono nel 1947. Gen. Antonio SERRA fu Capo del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica.

Leggiamo:

Tra il 1947 ed il 1951 furono realizzate numerose altre serie di esperienze in vari paesi come in Australia (22, 23), in Canada (21), in Africa orientale (25), in Algeria (26), nello Stato di Israele (27), in Francia (28, 29, 30), in Italia (31-32).

A.SERRA conclude :

Risultati molto promettenti delle tecniche di nucleazione artificiale dell’atmosfera, finora adoperate, per riconoscimento quasi unanime, si sono avuti dalle cosiddette formazioni nuvolose orografiche e semiorografiche,cioè legate alla presenza di catene di montagne e di colline sufficientemente alte, mentre nelle zone di pianura i risultati ottenuti non sono statisticamente apprezzabili. Ciò potrebbe far pensare alla possibilità di operare su regioni di montagna o di collina, al fine di creare riserve idriche in bacini di raccolta, occorrenti poi per la irrigazione delle zone piane. Non vi è dubbio, alla luce dell’attuale conoscenza, che esperimenti del genere siano promettenti di fecondi risultati, sia nel campo della ricerca puramente scientifica che delle pratiche applicazioni.


DOCUMENTO COMPLETO


II problema della trasformazione artificiale delle condizioni meteorologiche(*)
by A.Serra (**)
 

Ricevuto il 1 Febbraio 1963

RIASSUNTO.

Sono esposti brevemente i principali piani ili esperienza di laboratorio e campali realizzati dal 1947 al 1960 relativamente alla modificazione artificiale delle condizioni meteorologiche in generale e della induzione artificiale delle precipitazioni atmosferiche.
Successivamente sono descritti i principi su cui sono fondate le tecniche più note sulle operazioni di induzione provocata delle precipitazioni atmosferiche. Infine sono trattati brevemente gli aspetti del sudetto problema ancora aperti alla ricerca e le varie possibilità pratiche di intervento dell’uomo sulla modificazione artificiale delle condizioni meteorologiche.
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(*) Nota presentata al 2° Congresso Internazionale Tecnico Scientifico dello Spazio. Roma, 19-23 Giugno 1962.
(**) Osservatorioscientifico sperimentale di Meterologia Aeronautica di Cagliari.
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I . – INTRODUZIONE.

È di vecchia data l’ambizioso sogno dell’uomo di soggiogare alla sua volontà le immense forze della natura, che governano le condizioni meteorologiche e la loro evoluzione. Tuttavia la impostazione su basi scientifiche di un tale problema, che tanto fervore di ricerche oggi suscita nel mondo, risale a poco più di due decenni, cioè alle prime esperienze di laboratorio e campali effettuate da I. Langmuir (1) e V. J . Schaefer (2), nel 1946 negli U.S.A.
I tentativi fatti, anche in tempi relativamente recenti, come alla fine del secolo scorso ed agli inizi dell’attuale, da J . P. Espy (3), E . Powers (4) L. Gathman (5) negli U.S. A., A. W. Veraart (6).
In Olanda, sebbene possano vantare una certa priorità nell’uso di tecniche adoperate successivamente con maggior fortuna, mancarono sempre di una adeguata preparazione scientifica e si ridussero a tentativi sporadici senza successo. La soluzione del problema è intimamente legata alla conoscenza delle leggi che regolano fenomeni complessi, non ancora pienamente conosciuti della fìsica delle nubi e delle precipitazioni, degli scambi energetici nell’atmosfera, della circolazione atmosferica. La conoscenza di tali fenomeni deve, necessariamente, essere estesa oltre i limiti della troposfera essendo essi collegati ad altri fenomeni che avvengono in zone sempre più vaste dell’alta atmosfera e dello spazio cosmico.
Il vasto campo della «modificazione artificiale delle condizioni meteorologiche» si suddivide, a sua volta, incampi che, sebbene di più limitata portata, sono tuttavia di enorme importanza scientifica e pratica, sia nelle attività civili che militari, come ad esempio, quelli relativi all’induzione e incremento artificiale delle precipitazioni atmosferiche, al dissolvimento di strati nuvolosi e della nebbia, alla eliminazione o riduzione della grandine, alla eliminazione ed attenuazione di perturbazioni violente come uragani, cicloni tropicali, ecc.


II. – ESPERIENZE DI MODIFICAZIONE DELLE CONDIZIONI METEOROLOGICHE EFFETTUATE DAL 1947 AL 1960.

Dopo le su citate esperienze di laboratorio di J. Langmuir, V. J. Schaefer e quelle successive di B. Vonnegut (7), furono effettuate, negli U.S.A., dal 1947 al 1951, due serie di esperienze campali, con largo uso di mezzi terrestri ed aerei, sia nelle operazioni sia nelle osservazioni dei risultati, note col nome di «Project Cirrus» e «Cloud Physics Project».
Queste esperienze si possono considerare fondamentali per l’ulteriore evoluzione di queste ricerche. Nella prima serie d’esse (Project Cirrus), sovvenzionata dalla organizzazione militare e affidata alla direzione di Langmuir e V.
J . Schaefer, fu data la prova tangibile della possibilità di indurre artificialmente la precipitazione, di dissolvere parzialmente o totalmente determinati sistemi di nubi ed, in genere, di alterare le condizioni meteorologiche naturali. I risultati pubblicati e discussi in numerosi lavori (8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15) non mancarono di suscitare molte speranze e, come spesso accade, anche molte illusioni.

La seconda serie (Cloud Physics Project), sostenuta dalle organizzazioni meteorologiche civili degli U.S.A., mentre confermò la possibilità della alterazione dei sistemi nuvolosi, attraverso la nucleazione artificiale dell’atmosfera, denunciò la scarsa importanza economica dei risultati ottenuti e soprattutto la grande difficoltà di discernere i fenomeni naturali da quelli che potevano essere provocati artificialmente. Uno dei risultati più certi era apparso quello del dissolvimento delle nubi, in particolare condizioni di divergenza orizzontale (16, 17).

Moltre controversie (18, 19) sollevarono le conclusioni tratte da I. Langmuir (20) circa la possibilità di effetti immediati e prolungati della nucleazione artificiale dell’atmosfera sulle condizioni meteorologiche generali e, soprattutto, sulle possibilità di modificare il clima su scala continentale. Queste affermazioni si fondavano prevalentemente su un esperimento condotto dallo stesso I. Langmuir (21), mediante un generatore di sostanze nucleanti artificiali (fumi di ioduro d’argento), ubicato al suolo ed operante con una periodicità a ritmo settimanale.
Dall’esame dei dati pluviometrici e delle temperature in quota,I. Langmuir aveva ritenuto di dover concludere che, alla periodicità della nucleazione artificiale dell’atmosfera effettuata, corrispondeva una analoga periodicità in vari elementi meteorologici su una vasta zona negli U.S.A.

Contemporaneamente tra il 1947 ed il 1951 furono realizzate numerose altre serie di esperienze in vari paesi come in Australia (22, 23),in Canada (24), in Africa orientale (25), in Algeria (26), nello Stato di Israele (27), in Francia (28, 29, 30), in Italia (31, 32). Il contributo di tutte queste esperienze, sebbene condotte in zone più ristrette e con minore ricchezza di mezzi di quelle degli U.S.A., diede egualmente un utile contributo soprattutto alla conoscenza delle tecniche operative da usare e per la impostazione del problema, nell’ambito delle caratteristiche climatiche locali.

Naturalmente le controversie sui risultati delle operazioni furono tante e tali che, nel 1953, il Congresso degli U.S.A. fu indotto ad istituire un Comitato Consultivo (Advisory Commitee on Weather Control), col compito di studiare e valutare gli esperimenti pubblici e privati riguardanti questo campo di ricerche. La conclusione a cui giunse il suddetto «Comitato», dopo l’esame di numerosi cicli di esperienze affidate a noti scienziati e ad organizzazioni scientifiche universitarie o qualfiicate (33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42) e dopo l’esame con tecniche statistiche progredite (40, 41), dei risultati ottenuti anche da organizzazioni commerciali, operanti sul 10% del territorio nazionale degli U.S.A. con impiego di ingenti capitali (si calcola che in quell’epoca si spendevano circa 5.000 miliardi di lire annui), fu che, fino a quell’epoca era stato apportato un impagabile contributo alla conoscenza della fisica delle nubi e delle precipitazioni e soprattutto era stato provato che gli effetti osservati, in seguito alla nucleazione artificiale della atmosfera, rappresentavano qualcosa di più delle fluttuazioni casuali che si hanno nella precipitazione naturale. Tuttavia era necessario compiere molto lavoro, con programmi a lunga scadenza, sfruttando i progressi fino allora compiuti nello studio della fisica e chimica dell’atmosfera, sottola guida di scienziati entusiasti e capaci, che fossero liberi di procedere nella direzione che il loro entusiasmo e curiosità poteva consigliare, per poter giungere a concreti risultati nella soluzione del problema proposto.

Sostanzialmente, ad analoghe conclusioni giunsero anche altre organizzazioni scientifiche degli U.S.A., che si erano interessate del problema come il «Council of the American Meteorological Society», nel suo rapporto pubblicato nel Giugno 1957, ed il «Committee on Meteorology of National Academy of Sciences», nel suo rapporto pubblicato nel Gennaio 1958) (45).

La necessità di continuare le ricerche spinse ancora il governo degli U.S.A. ad affidare, nel Luglio del 1958, un nuovo vasto programma dalla «National Science Fundation». Tale programma è attualmente in atto, alla sua realizzazione sono impegnati vari istituti universitari degli U.S.A. (Arizona, Chicago, New York) e vari gruppi di ricerca qualificati. Si prevede che i risultati definitivi non si possano avere prima del 1965-60.


III. – I PRINCIPI DELLA MODIFICAZIONE ARTIFICIALE DELLE CONDIZIONI METEOROLOGICHE.

Tenere ora conto:

  1. Delle teorie sulla formazione delle precipitazioni naturali, inizialmente formulate da A. Wegener (46), J. Bergeron (47) e W. Findeisen (48), per le cosidette «nubi fredde» (tutte o parzialmente a temperatura a 0 °C).
  2. Delle critiche sui vari meccanismi proposti (49, 50, 51, 52) per spiegare l’accrescimento degli elementi costituenti le nubi (gocce o cristalli di ghiaccio), fino alle dimensioni degli elementi di precipitazione. 
  3. Delle numerose determinazioni (53, 54, 55, 56) delle dimensioni, velocità e concentrazione degli elementi costituenti i vari tipi di di precipitazioni.
  4. Delle varie teorie formulate da G. C. Simpson (57), L Langmuir (58), H. G. Hougton (59, 60), R. G. Bowen (61), F. M. Ludlam (62, 63, 64) e B. J . Mason (65) sulla formazione degli elementi della precipitazione per coalescenza, dagli elementi delle nubi, siano esse fredde o calde (a temperatura 0°C).
  5. Delle osservazioni e determinazioni sui nuclei igroscopici (66); si possono trarre le conclusioni seguenti:

  • a) In una nube fredda, inizialmente, quando i cristalli di ghiaccio sono molto piccoli, il loro ingrossamento è dovuto principalmente al processo di sublimazione del vapor d’acqua.
  • b) Quando la grandezza dei cristalli diventa paragonabile a quella dei più piccoli elementi di precipitazione (pioviggine: 100-150μ), il processo di sublimazione, in relazione all’ingrossamento dei cristalli, eguaglia come importanza quello di coalescenza.
  • c) Quando la dimensione delle particelle è ancora maggiore, prevale decisamente il processo di coalescenza.
  • d) In una nube, in cui esistono poche gocce grandi, nella parte più bassa, e il contenuto di acqua liquida e le correnti ascendenti sono quasi stazionarie e lo spessore raggiunge qualche centinaio di metri, tali gocce, a causa dei due contemporanei effetti della condensazione del vapor d’acqua e della coalescenza, possono ingrandirsi fino a raggiungere le dimensioni delle gocce di pioggia.
  • e) In molte nubi, spesso, la parte più notevole della precipitazione si può considerare dovuta prevalentemente all’effetto di coalescenza delle grandi gocce o dei cristalli di ghiaccio.

Da quanto risulta dalle suddette teorie e dalle osservazioni, si può affermare che la precipitazione atmosferica naturale si produce quando nelle nubi esiste una determinata quantità di cristalli di ghiaccio assieme a molte gocce d’acqua sopraffuse oppure esistono poche gocce d’acqua grandi fra una moltitudine di gocce più piccole. È inoltre necessario che le nubi abbiano un determinato spessore e siano sostenute da correnti convettive disufficiente intensità. Naturalmente da ciò ne deriva, immediatamente, che se le condizioni naturali sono tali per cui o i cristalli o le gocce grandi mancano o il loro numero è insufficiente, a parità delle altre condizioni, il processo della precipitazione si può attivare artificialmente, immettendo nelle nubi gli elementi mancanti, o si può fare, nelle nubi fredde, introducendo sostanze idonee per la nucleazione, che possono essere sostanze altamente refrigeranti atte a provocare il congelamento delle gocce sopraffuse e cosi produrre i germi di ghiaccio necessari ad attivare il meccanismo di Bergeron-Findeisen. La sostanza refrigerante più comunemente usata in questa operazione è il ghiaccio secco (C02 solida) (*) che può essere dispersa o, come ordinariamente si dice, «seminata», in nubi adatte. La «semina» si può anche realizzare mediante sostanze aventi struttura cristallina simile a quelle del ghiaccio. Una di queste sostanze è lo ioduro d’argento (**) che si può liberare nell’aria attraverso i suoi fumi, prodotti in vari modi: evaporazione diretta, bruciatura nell’aria di sue soluzioni in acetone, bruciatura di un suo miscuglio con carbone o sostanze esplosive.

I fumi di ioduro d’argento, prodotti da appositi «generatori», possono essere liberati in volo o al suolo. In questo ultimo caso, la diffusione della sostanza nucleante viene affidata all’azione delle correnti convettive dell’atmosfera.

Un’altra tecnica, recentemente perfezionata in esperienze condotte in Sardegna (79, 80, 81) nel corrente anno, è quella che si serve, per la diffusione delle sostanze uueleanti (AgI e NaCl), di particolari razzi o cariche esplosive trasportate da palloni. Nella Fig. 1 è stata riprodotta una fotografia, eseguita in camera fredda a -10 °C, dei cristalli di ghiaccio formati sui nuclei dei fumi di Ag delle miscele esplosive impiegate.
Sono stati calcolati per ogni grammo di Agi, 1,6•101 ̄ nuclei dopo 6 minuti.

Nel caso delle nubi calde, la nucleazione artificiale si può realizzare, alla base delle nubi da trattare, grandi gocce d’acqua, mediante spruzzatori trasportati da aeroplani, oppure, mediante dispersione di sostanze altamente igroscopiche atte a produrre nuclei di condensazione giganti.

(*) Secondo I. Langmuir una pallina di ghiaccio secco di 5 mm di diametro può produrre 1016 cristalli di ghiaccio d’acqua, mentre Weichmann afferma che un grammo di ghiaccio secco può produrre 109 cristalli di ghiaccio d’acqua.
(**) Un grammo di AgI può produrre da 1012 a 10 15 nuclei di congelamento.

La dispersione, in questo caso, si può fare da aeroplani, da palloni o razzi ed anche dal suolo, riducendo la sostanza nucleante in particelle submicroscopiche ed affidandone la diffusione alle correnti convettive dell’atmosfera.

La tecnica delle gocce d’acqua e dei nuclei igroscopici fu tentata ancora prima che si conoscesse la teoria della precipitazione per coalescenza. Alcuni esperimenti furono tentati nell’Ohio in U.S.A. (67) e nell’Africa del Sud (68) già nel 1948. Anche le esperienze fatte nel 1948 nelle Hawai (69) con ghiaccio secco, in nubi calde, furono interpretate da I. Langmuir, sulla base di un processo di coalescenza sulle gocce d’acqua giganti, formatesi per condensazione del vapor d’acqua sui granelli di ghiaccio secco.

Solo nel 1950, dopo la trattazion e teorica sulla coalescenza, elaborata da F. H. Ludlam (64), E . G. Bowen (61) realizzò in Australia le prime esperienze sistematiche immettendo , alla base delle nubi, grandi gocce d'acqua.
Successivamente lo stesso Bowen (70) nel 1951-52, potè in un altro ciclo di esperienze constatare un buon accordo con la teoria.
Un sistema più economico è quello di introdurre alla base delle nubi, invece di gocce d'acqua, nuclei di sostanze igroscopiche sui quali si possono formare le gocce necessarie. Così su nuclei di sale marino, della dimensione di 10μ di diametro, si possono, in breve tempo ed in adatte condizioni di umidità, formare gocce di dimensioni doppie atte ad attivare il processo di coalescenza. D'altra parte si calcola che 150 grammi di sale marino possono equivalere a 5 litri di acqua spruzzata a gocce di 50μ di diametro.
Nella Fig. 2 è riportato l’ingrandimento di tre microfotografìe della formazione di gocce d’acqua giganti su cristalli di sale marino, impiegato come sostanza nucleante nelle esperienze condotte in Sardegna (79, 80, 81) nel corrente anno, con la tecnica dei razzi. Si può notare che su un agglomerato di cristalli della dimensione di circa 10μ di diametro si è è formata in 12 secondi una goccia di 225μ di diametro ed in 20 secondi di 250μ, con unaumidità relativa del 96%.

Particolari tecniche di dispersione di nuclei igroscopici, nelle nubi, furono realizzate, mediante soluzioni saline atomizzate in Francia, da IL Dessen (71), nel 1950; mediante miscele esplosive, trasportate da palloni, da D. A.
Davies ed altri (72) nel 1951, in Africa Orientale, e, mediante dispersione dal suolo sfruttando le correnti convettive, da J. M. Fornier d’Albe nel Pakistan nel 1954 e più recentemente nel Messico (73, 74).
La nucleazione artificiale dell’atmosfera, mentre con determinate condizioni dinamiche e termodinamiche delle nubi, può indurre la precipitazione, in altri casi può anche avere un effetto contrario, come il dissolvimento delle nubi, la prevenzione del fenomeno della grandine ecc.
Comunque, è un fatto certo che la nucleazione artificiale, quando condotta in determinate condizioni, provoca una modificazione dello stato naturale delle nubi, con conseguente liberazione del calore latente, attivazione di moti convettivi, e cioè, alla fine, una modificazione delle condizioni meteorologiche.

In Italia il problema è stato affrontato su scala nazionale, ma ristretto a poche località e periodi di tempo relativamente brevi.
Un primo breve ciclo di esperienze fu condotto in Sardegna, sulle colline ad est di Cagliari, nell’inverno del 1951 (31) ed un secondo ciclo, nell’autunno dell’anno seguente, sull’altipiano della Grande Sila in Calabria (32).
Entrambi i cicli furono diretti dal Servizio Meteorologico dell’A.M. con risultati che, dato il modesto impiego di mezzi, si ritennero allora soddisfacenti ed incoraggianti.
Un terzo ciclo di esperienze di nucleazione artificiale dell’atmosfera, il più lungo finora condotto in Italia, fu affidato alla società americana «Weather Researches Development Corporation» su finanziamento della «Cassa per il Mezzogiorno» e la «Regione Autonoma della Sardegna».
Le esperienze furono effettuate lungo la media vallata del Tirso in Sardegna e durarono tre anni, dal 1 Ottobre 1957 al 30 Settembre 1960. La tecnica usata fu quella della diffusione dei fumi di ioduro d’argento da una rete di generatori posti al suolo, attorno alla zona «bersaglio». Le esperienze, che avevano lo scopo di incrementare le precipitazioni naturali, furono condotte con i criteri delle cosidette «operazioni commerciali» degli U.S.A. Nessun risultato di queste operazioni risulta sia stato ancora pubblicato. Poiché ho avuto modo di seguire le suddette esperienze, avendo la suddetta Società potuto utilizzare le osservazioni e le analisi del Servizio Meteorologico dell’A.M., posso affermare che i risultati non hanno risposto alle aspettative. La causa del limitato successo ritengo debba principalmente attribuirsi alla tecnica usata dei generatori al suolo ed alla scelta delle loro postazioni, in una zona molto tormentata per la turbolenza atmosferica ed ove, difficilmente, è possibile sfruttare regolari correnti convettive da assicurare il trasporto dei fumi di AgI fino all’altezza utile perchè il fenomeno di nucleazione artificiale delle nubi abbia luogo.

Più recentemente, un altro ciclo di esperienze è stato realizzato, dal Novembre 1961 al Maggio 1962, nella Sardegna meridionale, in una zona particolarmente siccitosa e in pianura, dalla Società «Italrazzi» su commissione della Soc. «Meteor» di Milano su richiesta e finanziamento della «Regione Autonoma della
Sardegna». La direzione scientifica è stata affidata al Servizio Meteorologico dell’A.M.. Della tecnica usata si è fatto già qualche fugace cenno. I risultati sono ancora allo studio, ma fin d’ora si possono ritenere incoraggianti, nonostante si trovi grande difficoltà a trarre conclusioni definitive, in senso statistico, da un ciclo di esperienze così breve(*).
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(*) Xel periodo intercorso fra la esposizione della presente nota e la pubblicazione della stessa, sono stati resi noti
i risultati delle esperienze in questione in tre lavori indicati nella bibliografia (79, 80, 81)
_________________


CONCLUSIONE.

I principali aspetti del problema, che ancora non hanno avuto una soddisfacente soluzione e che meritano ulteriore accurata ricerca, si possono riassumere brevemente nei seguenti punti:

  1. Determinazione della quantità esatta di nuclei di congelamento esistenti nell’atmosfera in diverse condizioni meteorologiche e, conseguentemente, della quantità occorrente per una efficace nucleazione artificiale.
  2. Determinazione della diffusione e concentrazione, a varie distanze ed altezze, in differenti condizioni meteorologiche, dei nuclei di congelamento efficaci, nei fumi di ioduro di argento liberati al suolo ed in quota.
  3. Valutazione dei risultati, mediante determinazioni fisiche, particolarmente quando le più raffinate tecniche statistiche non sono idonee ad una valutazione esatta.

Le ricerche, per quanto riguardano il primo punto, sembra debbano mettersi in relazione, anche alla attività delle meteoriti. E. G. Bowen (75), nel 1953 aveva notato che, fra le date in cui si erano verificati i massimi della precipitazione atmosferica osservata su tutta la Terra, su medie di molti anni, e le date spostate di 30 giorni delle cosidette piogge di meteoriti, esisteva una forte correlazione.

L'ipotesi formulata da Bowen, su una possibile nucleazione atmosferica dovuta alle polveri meteoritiche, ha sollevato varie critiche (76, 77), come ha trovato qualche possibilità di conferma sulle capacità nucleanti dell’aerosol prodotto con particelle volatizzate di metalli (78). Comunque è molto interessante stabilire con certezza se le nubi siano o no seminate dal pulviscolo meteoritieo ed in qual misura, per poter, eventualmente, intervenire artificialmente nei periodi in cui manca una tale semina naturale. Naturalmente, il problema non è semplice, in quanto è necessario determinare non solo la quantità ma anche le dimensioni, forma e natura chimica e tempo di sedimento di tale materiale extraterrestre. E' questo tutto un nuovo campo di studio in cui la tecnica delle osservazioni spaziali potrà dire una parola definitiva.
Ci possiamo ora chiedere quali siano le attuali possibilità della nucleazione artificiale dell’atmosfera?

Esaminando la possibilità di realizzare un incremento della precipitazione su scala mondiale si può subito affermare che una simile ipotesi debba essere attualmente scartata. Infatti, la sua realizzazione significherebbe una accelerazione del ciclo idrologico atmosferico, costituito dalle tre fondamentali fasi della evaporazione, condensazione e precipitazione.
Si dovrebbe cioè provocare una accelerazione nel moto della macchina atmosferica, che essendo, come è noto, alimentata da continua fornitura di energia esterna (principalmente la radiazione solare), sarebbe di costo immenso.
Esiste perciò, almeno per ora, solo la possibilità di operazioni di nucleazione artificiale dell’atmosfera, tali da consentire una ridistribuzione delle precipitazioni a scala limitata ad es. su parte dei continenti. Tale ridistribuzione si otterrebbe provocando precipitazioni premature o aumentando o riducendo la precipitazione naturale sui continenti, rispetto a quella che cade sui mari.
Ovviamente, piani di esperienze di tale entità comportano, necessariamente, una vasta organizzazione internazionale e soprattutto la conoscenza della distribuzione della nuvolosità e dei centri di perturbazione in una scala emisferica, che oggi si potrebbe ottenere attraverso lo sfruttamento delle osservazioni compiute da satelliti artificiali.
Analogamente, si possono concepire operazioni di nucleazione artificiale dell’atmosfera tendenti ad incrementare le precipitazioni su regioni aride o semi aride, a spese di altre regioni più piovose. Questo problema, più limitato del precedente, riducibile a scala nazionale o regionale, presenta, anche esso, molte difficoltà e non può prescindere da una profonda conoscenza della climatologia dinamica della zona da trattare e di un suo intorno sufficientemente vasto.

Risultati molto promettenti delle tecniche di nucleazione artificiale dell’atmosfera, finora adoperate, per riconoscemento quasi unanime, si sono avuti dalle cosidette formazioni nuvolose orografiche e semiorografiche, cioè legate alla presenza di catene di montagne e di colline sufficientemente alte, mentre nelle zone di pianura i risultati ottenuti non sono statisticamente apprezzabili. Ciò potrebbe far pensare alla possibilità di operare su regioni di montagna o di collina, al fine di creare riserve idriche in bacini di raccolta, occorrenti poi per la irrigazione delle zone piane. Non vi è dubbio, alla luce dell’attuale conoscenza, che esperimenti del genere siano promettenti di fecondi risultati, sia nel campo della ricerca puramente scientifica die delle pratiche applicazioni.

Rivolgendo uno sguardo al passato anche da quanto mi risulta da personale esperienza, non posso che conformare quanto ebbi a dire undici anni or sono, quando cominciai ad interessarmi di queste ricerche, cioè d’essere convinto della possibilità di una favorevole soluzione di questo problema, che tanta utilità può apportarealla umanità. Non credo, oggi, d’essere lontano dalla realtà affermando che il prossimo decennio vedrà enormemente ampliata la conoscenza nel campo della fisica delle nubi e delle precipitazioni con la definitiva determinazione delle possibilità umane in questo difficile campo del governo del tempo.

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Fonte: NoGeoingegneria

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