venerdì 19 luglio 2019

Acqua liquida o solida, in varie forme



Come accade ogni tanto, capita di scrivere post che siano più che altro degli inviti alla lettura. Bé, questo è il caso, anche se penso che alla fine si tratterà anche di un invito alla riflessione. Per ragioni che non potrei che definire casuali, negli ultimi giorni mi sono capitate a tiro diverse notizie relative all’elemento di cui è più ricco il nostro fantastico pianeta. Ve ne riporto  alcune.


La prima è per smanettoni, e sono sicuro che susciterà l’interesse di chi ha la capacità (e il tempo) di analizzare i dati. Si tratta della pubblicazione di un dataset (quasi) globale delle precipitazioni con risoluzione spaziale e temporale davvero interessante. Le fonti sono osservazioni convenzionali, satellitari e rianalisi:
La seconda è relativa all’acqua del mare, più nello specifico ad un piccolo tratto di mare del Nord Adriatico, il porto di Trieste. l’ISMAR CNR ha prodotto un dataset di temperature di superficie che abbraccia più di cento anni. I dati sono on line e possono essere scaricati liberamente, come del resto quelli del dataset globale. Quella di mettere direttamente a disposizione le informazioni che sono state oggetto di ricerca sta diventando decisamente una pratica comune e di per se è già un valore aggiunto. Di questo lavoro ha parlato anche la stampa nazionale, ovviamente travisandone quasi interamente il significato.
Si lavora alacremente alla ricerca di un segnale distinguibile del riscaldamento globale nelle precipitaizoni, specialmente con riferimento agli eventi estremi, perché sono quelli che permettono anche all’immaginario collettivo di stabilire un collegamento tra qualcosa di completamente astratto come l’aumento della temperatura media del pianeta di 0,8°C in 150 anni, in qualcosa di tangibile come la furia del maltempo. Quindi terza notizia, un lavoro che analizzando delle serie di dati puntuali di precipitazione riscontra un aumento del 7% nella frequenza degli eventi che occupano la parte più alta della distribuzione statistica, cui però non corrisponde un pari aumento dell’intensità degli stessi. Tradotto, piogge forti più frequenti forse ma piogge più forti pare di no.
Passiamo all’acqua solida, ovvero al ghiaccio marino antartico. A lungo motivo di cruccio e disappunto perché in aumento significativo durante l’era delle misurazioni satellitari, dal 2014 anche il ghiaccio antartico ha iniziato a diminuire di estensione, tra l’altro con un rapidità che eccede quella del ghiaccio artico. Vengono meno tutte le spiegazioni che volevano l’area del Polo sud avulsa dal contesto del pianeta, spiegazioni che confermavano comunque la teoria AGW, e il discorso si allinea, confermandola comunque. Il bello della scienza (del clima).
Restiamo sul ghiaccio, letteralmente sopra, perché dall’Antartide si passa alla Groenlandia, altra zona osservata speciale in materia di scioglimento. La notizia è che anche in Groenlandia, come recentemente scoperto per la Penisola Antartica, il calore proveniente dal sottosuolo potrebbe avere un ruolo importante nelle dinamiche dello scioglimento dei ghiacci. Non solo CO2 a quanto pare. Strano, in fondo si tratta solo delle zone con la crosta terrestre più sottile…
Torniamo alle precipitazioni per la penultima notizia: la pietra miliare dei dataset di parametri atmosferici, quello raccolto per secoli nell’Inghilterra centrale, potrebbe avere grossi problemi, soprattutto nella sua parte iniziale. Sembra infatti che le precipitazioni invernali precedenti al 1870 siano state sottostimate, mentre quelle estive prima del 1820 siano state sovrastimate. Questo comporta grossi problemi di confronto con i tempi più recenti, al punto che gli autori della ricerca dicono che il fatto universalmente riconosciuto che gli inverni siano diventati più umidi e le estati più secche appare un artefatto. Su Nature.
Si chiude col botto, anzi, con l’alluvione. Il tema è sempre quello degli eventi precipitativi estremi. I media, che pendono sempre dalle labbra degli esperti, che a loro volta per questo non smettono mai di muoverle, ci riportano un ipse dixit che vedrebbe le piogge da 500 millimetri e oltre (avete letto bene, 500!) essere divenute la norma al posto dei passati e più “rassicuranti” 100-200 millimetri. Questo naturalmente nel bel Paese e a commento dei recenti fatti di maltempo. Sergio Pinna, con la sua solita sagacia e, soprattutto, con i numeri veri, mette ordine smentendo clamorosamente. Il tutto a valle di un recente scambio di petizioni pro e contro, come le messe di Fantozzi, che puntando sull’aspetto ideologico piuttosto che su quello scientifico, finiscono per avere lo stesso significato.


Fonte:  Climate Monitor


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