sabato 13 luglio 2019

I big del petrolio finanziano gli allarmisti climatici, non gli scettici


Una falsa diceria che gira da tempo è che la “rivoluzione verde”, che sarebbe dietro l’angolo, venga ostacolata dalle grandi compagnie petrolifere. La realtà è esattamente contraria: i big del petrolio controllano e finanziano i grandi gruppi ambientalisti, in modo da ricavarne una buona reputazione e soprattutto per indirizzarne gli obiettivi, ottenendo i massimi vantaggi.


 
Di David Wojick, 4 maggio 2019


Gli allarmisti climatici accusano spesso gli scettici, come me e come gruppi indipendenti, per esempio il Comitato per un Domani Costruttivo o l’Istituto Heartland, di essere pagati dai big del petrolio. L’accusa è completamente falsa – una grande bugia ripetuta così spesso che alla fine la gente ci crede. Non riceviamo neppure un centesimo dai big del petrolio. Fa parte delle storie di fantasia dei verdi il fatto che lo scetticismo esista solo perché le grandi compagnie degli idrocarburi lo finanziano.

Giusto per la cronaca, nessuno di noi scettici – realisti climatici – dubita o nega i cambiamenti climatici. Riconosciamo tutti che il clima della Terra è in cambiamento e in fluttuazione praticamente costante, a livello locale, regionale e globale.

Quello che mettiamo in discussione è l’affermazione che le emissioni dei combustibili fossili abbiamo in qualche modo rimpiazzato il sole e le altre potenti forze naturali che hanno guidato i cambiamenti climatici – benefici, benigni, dannosi o anche enormemente distruttivi – che ci sono stati attraverso tutta la storia dell’uomo e della Terra.

Cambiamenti come gli almeno cinque periodi glaciali che hanno sepolto la maggior parte del Nord America, dell’Europa e dell’Asia sotto fiumi di ghiaccio alti chilometri, intercalati da periodi caldi che hanno sciolto quei ghiacciai immensi, periodi caldi al tempo dei romani e nel medioevo, una piccola era glaciale, la siccità lunga un secolo Anasazi-Maya, il periodo delle tempeste di sabbia, e molti altri cambiamenti climatici e metereologici, piccoli e grandi.

Il solito ritornello prevede che ExxonMobil abbia finanziato con un totale di qualche milione di dollari alcuni gruppi di scettici prima del 2007. Ma questo avveniva molti anni fa. Exxon venne spaventata dai gruppi di pressione allarmisti, e non diede più un centesimo ai realisti climatici, da allora. Di fatto, oggi la situazione si è completamente invertita.

Le grandi compagnie petrolifere ora danno almeno alcuni miliardi di dollari all’anno agli allarmisti climatici, per alimentare la narrazione dello stravolgimento da cambiamenti climatici antropici. Perché dovrebbero farlo? Vengono in mente due motivi.

In primo luogo, tipiche ragioni commerciali – quello che alcuni chiamerebbero avidità corporativa, o eliminazione della concorrenza attraverso la legge della giungla. Alimentare l’allarmismo climatico aiuta le compagnie petrolifere a mettere fuori gioco lo “sporco” carbone e posizionare il gas naturale come maggiormente “favorevole al clima”. Dopo tutto, le big del petrolio sono le stesse big del gas naturale.

La seconda ragione sono la reputazione e il “greenwashing” – ovvero il darsi una riverniciata “verde”, dipingendosi come più socialmente e ambientalmente “responsabili” attraverso il supporto a gruppi ambientalisti e la proposta di alternative “pulite” (o quantomeno “meno sporche”) al carbone “che distrugge il clima”.

Il principale canale che muove questi miliardi di dollari “verdi” ha un nome veramente parlante: l’Iniziativa Climatica del Petrolio e del Gas (OGCI). Se coloro che accusano gli scettici avessero ragione, le compagnie di petrolio e gas non potrebbero mai essere connesse logicamente o eticamente all’”iniziativa climatica”. Ma ecco qui la connessione, ed è decisamente grande. I membri dell’OGCI includono i seguenti nomi ben noti di big del petrolio:

British Petroleum (PB), Chevron, China National Petroleum Corporation (CNPC), Eni, Equinor, Exxon Mobil Corporation, Occidental Petroleum, PEMEX (Petróleos Mexicanos), PETROBRAS (Petroleo Brasileiro), Repsol, Royal Dutch Shell, Saudi Aramco, Total.

Complessivamente, queste big producono il 30% del petrolio e del gas naturale mondiale. Il loro sito OGCI comprende anche la presentazione degli amministratori delle big del petrolio, giusto per mostrare quanto queste compagnie siano seriamente e responsabilmente “verdi”. L’ultimo rapporto annuale include una lettera dell’amministratore delegato, che contiene questa gemma:

“Mentre la nostra ambizione cresce con la dimensione della sfida, non vediamo l’ora di lavorare fianco a fianco dei decisori politici, dei legislatori e di tutti coloro che sono coinvolti per aiutare a sviluppare le leve che possono accelerare economicamente e sostenibilmente il ritmo della transizione verso un modello a basso carbonio”.

Dovreste chiedervi se la loro lista di “coloro che sono coinvolti” includa le famiglie, le imprese e le comunità che capiscono quanto completamente dipendenti loro e tutte le società industrializzate siano dai combustibili fossili, in particolare il petrolio e il gas. Vi basta leggere questa lista e guardare questo piccolo video incluso.

Tornando al punto, consideriamo le sue origini. L’OGCI è stato lanciato nel 2014, poco dopo l’infausto scandalo energetico di Chesapeake, quando l’amministratore di questa azienda del gas di scisto venne sorpreso a elargire milioni di dollari al Sierra Club (gruppo ambientalista, NdVdE) perché sostenesse la guerra degli ambientalisti e dell’amministrazione Obama nella loro guerra al carbone. Ironicamente, persino i membri del club non volevano accettare quei soldi, dal momento che considerano tutti i combustibili fossili loro nemici – e dopo aver costretto il carbone alla sottomissione, il club iniziò a prendere di mira il gas naturale, la fonte principale di reddito di Chesapeake.

Quello che sembra essere successo è che le astutissime grandi compagnie petrolifere hanno creato la loro propria organizzazione “verde”. Contando su miliardi di dollari di finanziamento annuale, le grandi compagnie petrolifere (Big Oil) sono ora uno dei più grandi finanziatori dei maggiori gruppi ambientalisti (Big Green), senza contare i finanziamenti governativi (Big Government).

Inoltre, il Fondo per la Difesa Ambientale (EDF) è attivamente impegnato con Big Oil, attraverso il suo braccio EDF+Business. In particolare, EDF ha un enorme programma di riduzione del metano – la Sfida del Metano – che, in maniera nient’affatto sorprendente, coinvolge l’OGCI. Il programma si caratterizza principalmente grazie ai “Rapporti di sostenibilità” di diverse grandi società petrolifere. EDF sta perfino costruendo e lanciando il suo proprio satellite, astutamente chiamato MetanoSAT.

Chiaramente, EDF riceve un sacco di soldi per tutto questo. Sostiene di non ricevere denaro “direttamente” dalle compagnie petrolifere. I soldi arrivano da “filantropi” non meglio specificati. Naturalmente, da dove attingano i soldi questi filantropi è un’altra storia; potrebbero facilmente essere il risultato del riciclaggio di denaro sporco delle compagnie petrolifere. Un indizio importante è che l’OGCI non emette alcun rapporto finanziario, né pubblica alcuna informazione trasparente online sulle sue finanze.

L’emittente Space News in realtà ha indagato sul finanziamento di EDF – ma ha incontrato un muro invalicabile. Ecco il suo rapporto:

“Tuttavia, EDF ci ha dato pochi dettagli riguardo a quanto costerà MetanoSAT o a come verrà finanziato. Il progetto ha ricevuto lo scorso anno una sovvenzione da una nuova iniziativa chiamata Il Progetto Audace, ma l’entità del premio non è stata resa nota. Un portavoce di EDF non ha risposto a un’indagine sullo stato finanziario del progetto”.

Avere EDF dalla sua parte è certamente un bel vantaggio per Big Oil. Ma qui c’è molta ipocrisia – da parte di entrambi.

In ogni caso, è chiaro che le big petrolifere stanno spendendo almeno un miliardo sul verde, che vuol dire un sacco di verde. (Il freddo contante, sotto forma di bigliettoni americani, è chiaramente il nuovo Big Green). Non esiste alcuna prova che gli scettici climatici stiano ricevendo alcunché. Ma se qualcuno di loro ne sta ricevendo, si tratta di somme minuscole a confronto. Nel frattempo l’OGCI e Big Green ricevono miliardi e EDF forse molti milioni.

Un’altro aspetto notevolmente ironico è che la presunta alternativa ai combustibili fossili – che sono abbondanti, affidabili, economici e tengono in piedi la civiltà – sono le fonti presunte “pulite, verdi, rinnovabili, sostenibili, responsabili”: il vento, il sole e l’energia da combustibili vegetali (gli ambientalisti duri e puri non approvano nemmeno il nucleare né l’idroelettrico).

Queste presunte “alternative” richiedono quantità inconcepibilmente vaste di terra – non solo per le turbine eoliche, i pannelli solari, le batterie di riserva e le fattorie di produzione del combustibile vegetale, ma anche per estrarre e processare i miliardi di tonnellate di acciaio, rame, terre rare, litio, cadmio, pietre calcaree e altro materiale necessario per produrre le turbine, i pannelli, le batterie, le linee di trasmissione, i trattori, i camion e altre infrastrutture “sostenibili”.

Tutte queste estrazioni, lavorazioni, produzioni e trasporti richiedono combustibili fossili. E i combustibili vegetali, quando vengono bruciati, emettono anidride carbonica nella stessa misura del carbone, del petrolio e del gas naturale.

Una cosa ancora più inquietante è che una grande quantità di questi materiali grezzi viene prodotta con lavoro schiavista e minorile, in condizioni di salute, sicurezza e rispetto ambientale tali che Upton Sinclair e gli altri riformatori dell’inizio del secolo scorso a confronto avrebbero pensato che i lavoratori del loro tempo vivessero in paradiso (qui un esempio, NdVdE).

Parlando di scetticismo, la semplice verità è che circa metà degli americani non crede all’allarmismo climatico, su su fino al Presidente. Ma nessuno paga per questo scetticismo diffuso. Per quanto riguarda le big del petrolio, loro versano un sacco di soldi a Big Green e alle iniziative climatiche verdi. I conservatori e i gruppi di realisti climatici hanno think tank che riescono a trovare qualche fondo, ma questi non vengono dalle big del petrolio.

Il fatto che Big Oil sia responsabile dello scetticismo fa parte del mondo di fantasia degli allarmisti climatici.

David Wojick è un analista indipendente specializzato in scienza, logica e diritti umani nella politica pubblica, ed è autore di numerosi articoli su questi argomenti.




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