mercoledì 13 novembre 2019

LA GUERRA DEI METALLI RARI, IL LATO OSCURO DELLE ENERGIE VERDI

Il giornalista e documentarista Guillaume Pitron nel suo libro affronta gli aspetti negativi della transizione energetica



A una prima impressione sembra di leggere un racconto distopico, una narrazione dai colori cupi e dai tratti angoscianti che si snoda in Paesi reali che sembrano però creati dalla fantasia dell’autore. Ma se la distopia inquieta, inquieta ancora di più realizzare che ciò che si sta leggendo non è narrativa ma scienza, non fantasia ma realtà, non uno scenario improbabile, ma un futuro possibile.  Il libro La guerra dei metalli rari di Guillaume Pitron, giornalista e documentarista francese, apre un nuovo punto di vista sul problema ecologico e ci costringe a rivedere certezze consolidate fino ad arrivare al paradosso che tutto quanto si fa per salvare l’ambiente non è poco – come ci viene detto quotidianamente da più parti – o inutile di fronte alle enormi dimensioni del problema, ma soprattutto è dannoso e ciò che crediamo possa salvarci in realtà ci distruggerà.

I metalli rari, protagonisti di questo volume edito dalla Luiss University Press, sono materie prime racchiuse in piccolissime quantità nelle rocce terrestri. Se la natura è stata generosa con il ferro o il rame, è stata invece estremamente più parsimoniosa con materiali come il germanio o il berillio o il tantalio, nomi che suonano sconosciuti alle nostre orecchie. Eppure ne siamo circondati: sia i magneti del frigorifero che fanno arrivare un ascensore fino al trentesimo piano di un grattacielo sono costituiti da questi metalli rari dotati appunto di proprietà magnetiche.

I metalli rari e le loro proprietà chimiche sono l’oggetto del desiderio dei produttori delle nuove tecnologie, le cosiddette tecnologie “verdi”, quelle deputate a salvare l’ambiente e l’umanità stessa, riducendo l’impronta di carbonio dell’uomo sulla Terra. Contiamo sulle energie pulite per ridurre l’inquinamento, ridimensionare le emissioni di gas a effetto serra, arginare i cambiamenti climatici. Ma – ci avverte l’autore – non sempre le energie pulite possono salvare la nostra coscienza ambientalista: per esempio la produzione di un pannello solare genera 70 chili di anidride carbonica, a causa soprattutto del silicio che contiene. Se consideriamo un aumento del 23 per cento annuo di pannelli a livello mondiale, ciò vuol dire che ogni anno si riverseranno nell’atmosfera 2,7 miliardi di tonnellate supplementari di anidride carbonica: «l’equivalente dell’inquinamento generato in un anno dall’attività di 600mila automobili».Insomma, le energie pulite sono meno pulite di quel che sembrano.

Non solamente i metalli rari concorrono all’inquinamento ambientale nella fase di produzione, ma la loro stessa estrazione è nociva per l’ambiente e per l’uomo. Queste preziosissime sostanze oltre a essere rare sono totalmente incorporate nelle rocce, esattamente come, esemplifica l’autore, un pizzico di sale è incorporato in un filone di pane. Non serve essere chimici per comprendere quanta fatica costerebbe estrarre il sale dal pane: raffinare i metalli rari richiede un processo altrettanto difficoltoso, ma soprattutto nocivo per l’ambiente. Ne sanno qualcosa gli abitanti del villaggio cinese di Dalahai, il cosiddetto “villaggio del cancro”, situato in prossimità di miniere in cui avviene l’estrazione delle “terre rare”.

E l’inquinamento da metalli rari non si limita alla Cina, ma riguarda tutti i Paesi produttori, come la Repubblica democratica del Congo e diverse nazioni dell’America Latina. Se si guardano i dati relativi all’inquinamento causato dall’industria mineraria non è difficile concludere che «la produzione dei metalli indispensabili per un mondo più pulito è un processo inquinante».

Non va meglio nell’universo della tecnologia digitale, che dovrebbe diminuire l’impatto di carbonio, ma il digitale richiede lo sfruttamento di considerevoli quantità di metalli e in generale il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione consuma il 10 per cento dell’elettricità mondiale e produce ogni anno il 50 per cento di gas a effetto serra rispetto al trasporto aereo.

Né va meglio alla voce “riciclaggio”: al momento nessuno ha interesse a riciclare i metalli rari, perché è molto meno costoso procurarseli nelle miniere.

Pitron nel suo lavoro non si limita alla denuncia di un problema largamente sottovalutato, ossia il costo ecologico delle cosiddette energie pulite, ma sottolinea le pessime condizioni di lavoro nelle miniere, sia in termini di sicurezza che sanitari. Evidenzia anche il problema politico connesso a un nuovo ordine mondiale dei Paesi proprio in conseguenza della presenza o meno sul territorio dei metalli rari, che potrebbe costituire una potenziale causa di conflitti.

Il libro ha il merito di portare alla luce un’ampia gamma di criticità sconosciute, almeno alla stragrande maggioranza delle persone, e non abbastanza evidenziate neppure dagli addetti ai lavori. Se le emissioni di anidride carbonica, l’effetto serra o il buco dell’ozono sono stati portati all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, poco o nulla si dice e si sa dell’esistenza dei metalli rari e delle loro conseguenze, pur essendo presenti in un’infinità di oggetti di uso quotidiano. E ancor meno nell’immaginario collettivo si è fatta strada l’idea che utilizzare i pannelli solari o guidare un’auto elettrica non ci assolve in toto dalla colpa di inquinare il pianeta.

L’autore ce lo spiega attraverso una ricerca sul campo, ampiamente documentata. L’accuratezza scientifica, inoltre, è resa meno asettica dagli aneddoti e dalle metafore utilizzate che aiutano il lettore a districarsi tra la tavola periodica degli elementi e a non perdersi nel complesso panorama delle terre rare.  Una maggiore sistematicità avrebbe tuttavia fatto guadagnare al libro parecchi punti sia in chiarezza che in facilità di lettura, due caratteristiche imprescindibili nel momento in cui si fa divulgazione e si esce dal ristretto cerchio degli addetti ai lavori.

Pitron chiude il suo lavoro con una domanda, il punto interrogativo è l’ultimo carattere digitato, a conferma che ci troviamo di fronte a un problema che per ora non ha soluzioni pronte, se non l’applicazione della famosa massima di Einstein, che Pitron cita nelle ultime righe: «non si può risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che l’ha generato»Ovvero la questione ambientale richiede una rivoluzione del pensiero, se non vogliamo che le narrazioni distopiche diventino realtà quotidiana. 



SEGUE

La crescente rilevanza strategica delle terre rare comporta un insieme combinato fra la sfera economica e finanziaria, , dei rapporti di forza militari, l’attivazione di dinamiche criminali, i rapporti geopolitici e guerre ambientali.

lintellettualedissidente.it



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.