martedì 11 febbraio 2020

BERNARD GOLDSTEIN LE STELLE SARANNO IL NOSTRO TESTIMONE




BERNARD GOLDSTEIN

LE STELLE SARANNO

IL NOSTRO TESTIMONE


cinque anni nel Ghetto di Varsavia

le memorie di un veterano del Bund dal 1939 al 1945



Fratelli e sorelle in lotta e in catene
Dispersi ovunque in terre lontane
Insieme, insieme! Ecco la bandiera
Sventola con rabbia, il sangue la colora
A questo giuramento impegniamo la vita
Il cielo e la terra udiranno il nostro nome
Le stelle saranno il nostro testimone
Il nostro sangue, le nostre lacrime impegniamo
Giuriamo, giuriamo, giuriamo
Al Bund giuriamo eterna fedeltà
Soltanto il Bund ci darà la libertà
Ecco la bandiera, è alta e distante
Sventola con rabbia, rossa di sangue
A questo giuramento impegniamo la vita

Die Shvue – Il giuramento (inno del Bund, 1902)







NOTA BIOGRAFICA

(Leonard Shatzkin - dall'edizione americana 1949)


   Bernard Goldstein nacque nel 1889 a Shedltze, a tre ore da Varsavia. La sua fu una generazione destinata a dare i suoi figli migliori all'onda rivoluzionaria che montava in Europa orientale, ed egli vi si unì sin dall'inizio. All'età di 13 anni la sua immaginazione era già accesa dai racconti delle ribellioni anti-zariste, riportati a casa dai due fratelli maggiori. Iniziò a leggere pubblicazioni rivoluzionarie proibite e a partecipare alle riunioni dei gruppi giovanili clandestini. A 16 anni ebbe il battesimo di fuoco. Nel maggio 1905, durante la guerra della Russia contro il Giappone, 400 persone si riunirono segretamente nella Foresta Yugan, vicino alla casa di Bernard.

    La riunione era organizzata dal Bund, all'epoca un giovane partito politico ebraico.
  Improvvisamente tutta l'adunata fu circondata da un grosso contingente di cavalleria e fanteria.

   "Chi è l'oratore?" chiese rabbiosamente il comandante, Kosakov.

   Nessuno rispose.

   "Tiratelo fuori!" gridò. La folla rimase ostinatamente in silenzio.

   "Sguainate le spade!".

   Gli astanti si strinsero uno vicino all'altro, incrociarono le braccia e con aria di sfida intonarono canti rivoluzionari. Le spade e le baionette furono calate senza pietà.

   Quando Kosakov alla fine diede l'alt, 80 persone giacevano ferite.

   L'intera adunata fu arrestata. Nella prigione di Shedltze furono fatti correre tra due file di soldati che li picchiarono al loro passaggio. Per il resto della sua vita Bernard portò sul mento la cicatrice di un colpo di sciabola. Lui, un ragazzo di 16 anni, affrontò la sfida, e finì all'ospedale con una grave ferita. Quasi subito riuscì a fuggire.

   Sotto il vestito sporco di sangue, stretta intorno al corpo, c'era la bandiera rossa del Bund, che non doveva mai finire nelle mani del nemico.

   In seguito, sempre nel 1905, Bernard lasciò il suo villaggio alla volta di Varsavia, centro nevralgico dell'ebraismo nell'Est Europa e della ribellione antizarista. Là, come membro del Bund, si mise nell'avanguardia dell'onda rivoluzionaria.

   Nel 1906 Bernard da Varsavia fu inviato a sostenere lo sciopero dei pellicciai della vicina Kalushin. Mentre con il capo dello sciopero sedeva al tavolo dei negoziati con i padroni, entrò la polizia. I due uomini furono arrestati, legati e portati sopra un carro aperto attraverso la città, con gli abitanti ad assistere.

   In prigione furono deliberatamente messi insieme a quei criminali che odiavano i rivoluzionari ancor più della polizia, poiché combattevano il crimine con energia ancora maggiore. In prigione costoro ebbero l'opportunità di vendicarsi dei "politici".

   Un gruppo di teppisti spinse Bernard in un angolo, prendendolo a pugni e calci.

   Quindi uno di loro, Piesak, un ladro, diede una lunga occhiata al volto della vittima.

"Lasciate stare il ragazzo!" ordinò bruscamente. Gli uomini indietreggiarono. L'abilità di Piesak con il coltello lo aveva fatto diventare un'autorità tra i fuorilegge.

   Piesak ricordava che, un anno prima, quel ragazzo era stato suo compagno di cella nella prigione di Shedltze, e istintivamente fu spinto a proteggerlo.

   L'arresto di Bernard portò a un boicottaggio delle pellicce di Kalushin. Nessun automezzo carico di pellicce proveniente da Kalushin poté entrare a Varsavia finchè Bernard e il suo compagno rimasero in prigione. I pellicciai di Kalushin si sentirono in dovere di intervenire, e lo fecero in una maniera semplice e diretta: pagarono le autorità per il rilascio dei prigionieri.

   Nel 1907 e 1908 l'onda rivoluzionaria scese. Dopo la fallita rivoluzione del 1905, migliaia di persone finirono in prigione, e molte di più furono paralizzate dal terrore zarista. I lavoratori erano scoraggiati e apatici. Il Primo Maggio 1908 Bernard fu inviato a parlare a un'assemblea di fabbricanti di scarpe in via Leszno 14. Come salì sul palco fu accolto da una salve di esclamazioni e grida: "Basta scioperi! Basta rivoluzione!". Bernard pianse. Non aveva pianto nella Foresta Yugan o durante il pestaggio nella prigione di Kalushin, ma questa diserzione dei lavoratori lo depresse fino alle lacrime.

   Ma non desistette. Si mise a organizzare gli imbianchini, e fu arrestato per aver diretto uno sciopero della loro categoria.

   Quando organizzò i fabbri e i falegnami, fu arrestato di nuovo.

  Questa volta, dopo aver scontato la pena in carcere, fu esiliato in un remoto villaggio polacco.

  Non sopportando di essere bandito, fuggì e ritornò a Varsavia. Il fermento rivoluzionario stava ricominciando a crescere. Bernard si attivò nel movimento giovanile e tra gli artigiani tessili. Nel 1913 contribuì all'organizzazione dello sciopero generale di protesta contro l'infame processo all'ebreo Mendel Beilis, accusato di omicidio rituale.

   Nel 1914 Bernard fu uno dei due delegati eletti dal Bund di Varsavia per la prevista conferenza socialista di Vienna, ma lo scoppio della Prima guerra mondiale fece saltare i piani per l'assise.

   Nel 1915 Bernard fu arrestato di nuovo, a una riunione segreta di dirigenti sindacali a Varsavia. Quando i tedeschi si avvicinarono alla città, il governo russo evacuò i prigionieri, e Bernard fu trasferito nel cuore della Russia, prima a Mosca e poi a Tver, dove fu rilasciato sulla parola. Fuggì a Mosca, e di lì a Kiev, con un passaporto falso, per riprendere l'attività rivoluzionaria. A Kiev fu catturato dalla polizia, e per violazione della parola data fu condannato all'esilio in Siberia.

   Il viaggio a piedi alla volta della Siberia fu lungo e difficoltoso, con soste in diverse prigioni lungo il tragitto. Alla fine Bernard raggiunse il luogo dell'esilio, la cittadina di Lukyanova, vicino a Yeniseysk. Dopo un breve periodo laggiù, si ammalò. Ma a nessun esule era permesso lasciare il luogo di residenza senza autorizzazione.

   Bernard si recò al locale commissariato di polizia per avere l'autorizzazione.

   Il commissario esaminò il prigioniero, tirandogli le palpebre per vedere se stesse fingendo la malattia. Bernard si spazientì.

   "Sei un dottore?". Chiese ironicamente.

   Una tale mancanza di rispetto da parte di un esule era inedita. Il funzionario rispose con un sonoro schiaffo. Bernard girò oltre la scrivania, prese la lampada a cherosene e la diede in testa al commissario.

   Diverse guardie accorsero a difendere la dignità del rappresentante dello Zar. Il prigioniero malato fu pestato, legato mani e piedi e riportato al proprio alloggio.

   Il fatto creò un fermento tra gli esiliati politici. La notizia corse da Lukyanova a Pirovsk e Yolansk, e gli esuli inviarono indignate petizioni al governatore di Krasnoyarsk, protestando contro il disumano trattamento nei confronti di un prigioniero malato. Dopo tre settimane il governatore mandò a dire che Bernard sarebbe stato mandato dal dottore a Pirovsk.

   A Pirovsk Bernard apprese di essere affetto da un grave caso di polmonite. Il dottore, a sua volta un esule, ordinò che fosse ricoverato. I suoi compagni di esilio vollero prendersi cura di colui che aveva reagito così orgogliosamente all'offesa del commissario di polizia. Considerarono il suo atto una difesa della dignità di tutti i prigionieri.

   Quando Bernard fu dimesso dall'ospedale, il commissario di polizia chiese ripetutamente che tornasse a Lukyanova, ma il dottore si rifiutò caparbiamente di ammettere che il paziente stesse bene. Bernard passò la convalescenza cacciando e pescando a Pirovsk.

   Un giorno un contadino arrivò eccitato, con la notizia che il Piccolo Padre non era più Zar, e che vi erano disordini.
   Tristemente esortò il villaggio a pregare per la salute del Piccolo Padre. La Rivoluzione russa era iniziata da dieci giorni.

   Gli esuli di Pirovsk si mobilitarono. Armati di fucili da caccia, circondarono i cinque poliziotti di stanza, li disarmarono, occuparono l'ufficio postale e innalzarono la bandiera rossa. Altro da fare non c'era.

   Ignaro dei cambiamenti in corso, il commissario di polizia, accompagnato da due guardie, giunse a Pirovsk per una visita di routine. Alla sua bella slitta, trainata da tre cavalli, fu ordinato di fermarsi. I rivoluzionari di Pirovsk ricevettero un bel regalo.

   Gli esiliati tennero un consiglio per decidere il destino del prigioniero. Molti di loro avevano sofferto per mano sua, e volevano vendicarsi. Il commissario fu condannato a morte.

   Naturalmente l'onore di eseguire la sentenza andò appannaggio di Bernard Goldstein, poiché tra tutti i prigionieri era quello che aveva patito di più.

   Il commissario fu legato a un albero. Bernard, armato di revolver, gli si mise davanti. Ma il terrore di fronte alla morte rese quell'uomo così degradato che Bernard si rifiutò di sparare.

   Quando i suoi compagni lo criticarono per questa debolezza, egli dichiarò che i rivoluzionari vittoriosi dovevano mostrare un atteggiamento magnanimo anche verso un perfido servo dello Zar.

   Gli esuli tornarono a casa in trionfo, salutati ad ogni stazione ferroviaria dai canti festosi dei dimostranti. Nella capitale russa una gran folla, con in testa una delegazione del Soviet di Pietrogrado, li attese per sfilare con loro per le strade.

   Bernard si riposò per breve tempo, poi ritornò a Kiev, dove si arruolò volontario nell'esercito per difendere la rivoluzione in fasce. I soldati suoi compagni lo elessero delegato al Soviet pan-ucraino. Egli partecipò alle varie battaglie tra i rivoluzionari e i reazionari ucraini, che erano alleati dei tedeschi. A Kiev organizzò una milizia di lavoratori ebrei che contribuì attivamente al rovesciamento del governo reazionario di Herman Skoropadsky.

   Nel 1919, quando le nubi stavano già iniziando a oscurare il sole rivoluzionario, la nostalgia spinse Bernard a tornare nella sua amata Varsavia. Là, nella nuova Polonia indipendente, riprese il suo vecchio posto nel movimento operaio ebraico. Gli eventi degli anni precedenti avevano portato moltissimi lavoratori a diventare rivoluzionari. Il Bund e il movimento sindacale erano di nuovo forti.

   Quasi subito Bernard fu eletto nel presidium del Bund di Varsavia, e per prima cosa andò ad occuparsi dei macellai - considerati tipi testardi e poco inclini alla coesione, difficili da organizzare. I risultati e l'influenza da lui raggiunta tra costoro si rivelarono cruciali negli anni successivi. La sua grande onestà ottenne l'apprezzamento di uomini abituati soltanto alla forza bruta e alla scaltrezza.

   I lavoratori dei trasporti erano un gruppo molto importante. A Varsavia migliaia di ebrei vivevano facendo i facchini, i carrettieri, i guidatori di troike, e in seguito gli autisti. La schiena dell'uomo era il principale mezzo di trasporto, e i portantini erano i meglio pagati, gli aristocratici della categoria. Fisicamente erano forti; culturalmente e intellettualmente erano arretrati.

   I lavoratori dei trasporti erano molto in contatto con la malavita. Vivevano nelle stesse strade, negli stessi edifici, spesso erano amici e anche familiari di criminali. Vi era sempre il rischio che l'effimero limite tra il lavoro duro e il guadagno facile venisse a scomparire. Bernard dovette sempre stare in guardia, affinché tra i due mondi fosse eretto un muro.

   Bernard era attivo anche tra i lavoratori del comparto carni.

   Anch'essi rappresentavano mondo a sè, strano e curioso, con una propria gerarchia sociale. I lavoratori del mattatoio erano privilegiati rispetto ai macellai e ai lavoratori delle fabbriche di salsicce.

   I lavoratori del mattatoio, polacchi ed ebrei, erano spesso ubriachi. Trovavano difficile lavorare da sobri. Sempre a contatto col sangue, erano inclini a venire alle mani, ma senza mai perdere la testa. Il segno di una rissa imminente era il rumore dei coltelli insanguinati sul pavimento di pietra, quando venivano estratti dagli stivali e gettati lontano. Nessuno voleva uccidere un compagno durante un combattimento.

   Sul lavoro essi erano divisi in squadre di 60 o 70, e pagati collettivamente. Ebrei e polacchi lavoravano fianco a fianco e le relazioni tra loro erano buone, a parte il fatto che entrambi erano fortemente nazionalisti, indisciplinati e impulsivi. Avevano frequenti conflitti sulle condizioni di lavoro, ma riuscivano sempre a risolverli in maniera amichevole. Bevevano e giocavano a carte insieme, in un'atmosfera di cameratismo.

   A questi lavoratori rozzi e testardi si dovettero insegnare le cose più elementari, allevandoli come bambini. I sindacati dovettero far loro perdere l'abitudine di risolvere le dispute appellandosi al membro più forte della squadra. La gerarchia in
base alla quale i più duri comandavano come tiranni doveva essere smantellata.

   Per condotte morali seriamente offensive, alcuni lavoratori furono espulsi dal sindacato. In ogni caso fu necessario convincere la gente che l'accusato aveva commesso una mancanza, e che l'espulsione era necessaria. Con l'esempio e con la paziente comprensione, Bernard acquisì grande autorevolezza tra i lavoratori del settore carni e tra i facchini, diede loro la misura di ciò che era giusto o sbagliato, e mostrò loro come si potesse vivere con dignità anche in condizioni di povertà estrema.

   Bernard fu più di un funzionario politico: fu un padre confessore e un giudice per le questioni domestiche.

   Come risultato di questi interventi, i membri del sindacato furono sempre più attenti a mantenere intatta la propria reputazione. Poco a poco svilupparono abitudini più consone.

   Quando un iscritto moriva, offrivano il suo impiego al figlio, o aiutavano finanziariamente la vedova e la famiglia. E fu abbandonata la pratica di estorcere grosse somme di denaro ai lavoratori che chiedevano di essere ammessi in una squadra, né venne più permesso al più forte di prendere la parte maggiore dei guadagni del gruppo.

   Un episodio caratterizzante del ruolo di Bernard tra questi uomini accadde con un giovane facchino del mercato. Egli era soprannominato Little Mother, poiché sua madre era molto bassa e lui le assomigliava: era tarchiato, robusto ed eccezionalmente forte. Sollevava i carichi più pesanti con estrema facilità, e se li caricava sulla schiena come se niente fosse.

   I lavoratori del settore carni e i facchini, ben pagati, amavano l'esagerazione. Spesso celebravano matrimoni, circoncisioni e feste di vario genere con grandi banchetti ai quali invitavano un sacco di gente, e spesso anche la banda di ottoni del sindacato.

   Little Mother organizzò una grande festa a casa sua, in via Krochmalna, e invitò Bernard. Quando questi arrivò all'ingresso, fu accolto dall'orchestra che suonava l'inno del Bund. In pompa magna fu accompagnato nell'appartamento di Little Mother, la cui tavola era imbandita con bottiglie di whisky, pesce, oche e una quantità di altri cibi.

   Bernard guardò la tavola, le pareti della stanza, il pavimento, la moglie e il figlio del facchino, silenziosamente girò sui tacchi e se ne andò. I presenti rimasero costernati. La festa era completamente rovinata.

   Little Mother era un membro della milizia del Bund. Si rifiutò di partecipare alla riunione successiva. Si mise a camminare avanti e indietro in via Pzheyazd, di fronte alla sede. Alla riunione i suoi amici protestarono, chiedendo a gran voce che Bernard
desse spiegazioni per avere insultato un compagno di partito.

   Bernard rispose: "Quando sono entrato nella casa, ho visto che le pareti erano sudice e coperte di ragnatele, sul pavimento vi era uno strato di sporcizia, e anche la moglie e il figlio erano sporchi e vestiti in modo trasandato. Se qualcuno può preparare una tale festa, dovrebbe innanzitutto badare che la casa e la famiglia siano in condizioni adeguate".

   Poche settimane dopo, Little Mother invitò di nuovo Bernard a una festa - in una casa dipinta di fresco e ben ripulita. La moglie e il figlio erano lindi e vestiti in sgargianti abiti bianchi. Questa volta non ci furono problemi. Little Mother fece onore ai suoi ospiti e scherzò con loro, con grande piacere. La storia girò per tutta via Krochmalna.

   "Avrei potuto parlare di igiene fino a perdere la voce ” - disse in seguito Bernard - "ma non avrebbero mai capito di cosa stessi parlando. Rovinai una festa, e ciò li fece pensare".

   Bernard si dedicò molto al lavoro sindacale ma fu attivo anche nel lavoro di partito del Bund. Partecipò a tutte le maggiori manifestazioni politiche. Durante il ventennio tra le due guerre non vi fu una sola adunata o manifestazione di piazza del Bund di Varsavia di cui Bernard non fosse il responsabile organizzativo.

   A causa della sua estesa attività politica e sindacale, egli fu in contatto costante con i dirigenti operai polacchi e altre figure pubbliche di rilievo. Negli anni 1920 - 21 il Bund ritenne necessario creare degli appositi gruppi di difesa per proteggere le dimostrazioni pubbliche dagli attacchi dei teppisti polacchi e per mantenere l'ordine nelle affollate sedi sindacali. Poco tempo dopo la loro creazione, Bernard fu posto a capo di questi gruppi.

   Oltre ai teppisti e, negli ultimi anni, alle bande fasciste organizzate, la milizia spesso dovette fronteggiare il terrore comunista. Nella loro campagna per dividere il movimento operaio e distruggere i socialisti, i comunisti non si fermavano davanti a nulla. Spesso ricorrevano all'intimidazione, o inviavano gruppi armati di pistole per sciogliere i raduni operai. Una volta cercarono addirittura di disperdere un convegno nazionale del Sindacato Ebraico dei Trasporti a colpi d'arma da fuoco. E non ebbero scrupoli ad attaccare il famoso Sanatorio Medem a Myedzeshyn, vicino a Varsavia. Gli attacchi erano condotti da teppisti che ricevevano dai comunisti una giustificazione ideologica per la loro inclinazione alla violenza.

   La milizia del Bund era abbastanza forte e agguerrita per dare agli assalitori comunisti una lezione tale da far loro passare la voglia di continuare le scorrerie. Ma ciò poteva avvenire solo con un bagno di sangue, e Bernard non volle consentirlo.

   Nonostante egli imponesse alla milizia un atteggiamento prettamente difensivo, evitando attentamente le uccisioni, la stampa comunista condusse un'aspra campagna personale nei suoi confronti. Ma alcuni dei comunisti più importanti mantennero con lui strette relazioni di amicizia. Il deputato Stefan Krulikovsky, per esempio, dopo la morte della moglie affidò la propria giovane figlia alle cure di Bernard. I comunisti più saggi si resero conto che se Bernard fosse stato ucciso, sarebbe venuto meno il principale ostacolo a una sanguinosa campagna di rappresaglie contro di loro. Ciò spiega in parte perché Bernard poteva mostrarsi in pubblico, nelle situazioni più pericolose, senza che qualcuno gli sparasse.

   Tuttavia un attentato alla vita di Bernard, risultato di una formale sentenza di morte comminatagli dal Partito comunista, fu effettivamente compiuto, nel 1929. Tornando a casa tardi una sera, aveva raggiunto il cancello chiuso del cortile, quando alcuni uomini uscirono da un'automobile in sosta e iniziarono a sparargli.

   Egli rispose al fuoco e uno degli assalitori cadde. Gli altri caricarono il ferito sull'auto e partirono, mentre Bernard rimase illeso. Dopo quell'episodio, non furono fatti altri tentativi di eseguire la sentenza.

   Molte persone si rivolgevano al Bund per un aiuto e una protezione contro le ingiustizie. Poiché erano senza risorse, sembrava loro che il Bund potesse risolvere qualunque problema.

   Queste richieste spesso venivano inoltrate a Bernard, e molti si recavano direttamente da lui.

   Dopo l'arrivo al potere di Hitler in Germania, l'antisemitismo in Polonia subì un'impennata. I reazionari antisemiti Endek (Nazional Democratici) e i fascisti Falanga (Narodova Mlodshesh) da tempo cercavano di arrivare al potere facendo leva sulla propaganda anti-ebraica, e ora avevano un esempio concreto cui fare riferimento. Il governo polacco, all'epoca composto da seguaci di Pilsudski, a sua volta assunse una linea antisemita, in parte per reagire a chi lo accusava di essere un governo "amico degli ebrei". La campagna anti-ebraica divenne sempre più velenosa. I falangisti e gli Endek, per giunta, non si accontentarono della propaganda e subito passarono dalle parole ai fatti.

   A Varsavia furono compiuti tentativi di allontanare gli ebrei da parchi e giardini pubblici. Alla vigilia delle festività si formavano picchetti davanti ai negozi ebraici, per impedire ai polacchi di entrare. All'inizio della scuola gli studenti polacchi venivano bloccati davanti all'ingresso delle librerie ebraiche. Gli ebrei venivano attaccati apertamente per strada. La stampa ebraica protestò contro questi oltraggi, per quel che la censura permetteva. I rappresentanti ebrei si appellarono al governo, ma senza esito. Il comitato di Varsavia del Bund discusse più di una volta il problema, e alla fine concluse che la sola soluzione era la resistenza attiva. Il Bund fu la sola organizzazione che si assunse la responsabilità di una lotta concreta contro gli antisemiti. E il peso principale fu portato da Bernard Goldstein, in quanto comandante della milizia.

   Bernard cercò spesso, e ricevette, l'aiuto dei lavoratori polacchi, e fu particolarmente attento che lo scontro non degenerasse in una lotta tra ebrei e gentili. Come l'hitlerismo era un pericolo mortale non solo per il popolo ebraico ma per tutti i lavoratori, così era anche il fascismo antisemita polacco. La partecipazione attiva dei lavoratori socialisti polacchi alla difesa della popolazione ebraica mise in pratica quel principio, e permise a molti giovani polacchi di restare immuni dal fascismo.

   Nella maggior parte dei casi, comunque, il Bund lottò da solo.

   Più di una volta i gruppi della milizia intervennero all'Università e al Politecnico di Varsavia per proteggere gli studenti ebrei, in numero inferiore, dagli antisemiti infuriati. Studenti bundisti, guidati da Michel Klepfish, distribuivano volantini all'ingresso delle scuole, per protesta contro i banchi - ghetto e gli attacchi dei teppisti, mentre nelle aule gli studenti ebrei rimanevano in piedi, rifiutandosi di sedersi nei posti separati a loro destinati.

   I capi dei fascisti Falanga sapevano che il fulcro della resistenza era via Dluga 26, la sede del Bund, e distrussero l'edificio con una bomba a orologeria.

   Tale arroganza non poteva restare senza risposta. Bernard organizzò una squadra di bundisti e socialisti polacchi che andarono alla sede dei Falanga in via Bratska, nel cuore della zona polacca, facendola a pezzi. Chi fu trovato all'interno fu sonoramente pestato.

   I Falanga, che insieme agli Endek avevano cercato di creare l'impressione che gli ebrei fossero isolati e potessero essere tormentati impunemente, impararono che tali atti ricevevano risposta. Se la giustizia ufficiale era passiva, i lavoratori ebrei avrebbero protetto la popolazione ebraica, punendo i colpevoli.
   Alla sede del Bund il telefono squillava continuamente: ora da una sezione, ora da un'altra giungevano richieste di aiuto contro gli attacchi antisemiti. E le squadre di autodifesa erano sempre mandate sul posto.

   Nel 1930 scoppiarono tumulti anti-ebraici a Minsk-Mazovietsky. La censura vietò recisamente la parola "pogrom". In realtà nessun ebreo fu ucciso, ma molti furono duramente picchiati, le finestre di molte case ebraiche furono distrutte, alcune abitazioni date alle fiamme.

   Il pogrom ebbe luogo quando un giovane ebreo mentalmente instabile, proveniente dal vicino villaggio di Kalushin, sparò e uccise un sergente dell'esercito polacco. Gli Endek proclamarono lo slogan "sangue per sangue!": tutti gli ebrei dovevano pagare per il sangue versato della superiore razza slava.

   Alcuni giorni dopo era previsto il funerale del sergente ucciso, e c'era il rischio che fosse il segnale per un nuovo pogrom. Il comitato centrale del Bund inviò Bernard Goldstein e Yosef Gutgold a Minsk-Mazovietsky, e qui essi contattarono l'organizzazione locale del PPS. Con l'aiuto dei calzolai locali, promossero una campagna per contrastare la propaganda anti-ebraica tra la popolazione polacca.

   Nelle ore che precedevano il funerale, gli Endek diedero fuoco a una casa ebraica, che era stata abbandonata dai suoi abitanti spaventati. Il fuoco si estese a una casa polacca vicina, e nessuno faceva nulla per fermarlo. La gente era radunata a guardare le fiamme che iniziavano a divorare il tetto della seconda casa.
Improvvisamente un uomo uscì dalla folla ed entrò nell'edificio in fiamme. Portò fuori i bimbi piccoli e un'anziana donna. Salì sul tetto e chiese dell'acqua per spegnere le fiamme.

   Molti allora gridarono: "Abbasso gli Endek! Abbasso i teppisti!".

   L'ebreo sul tetto era Bernard.

   Gli astanti erano esclusivamente lavoratori polacchi e abitanti comuni. La storia di come gli Endek avevano dato fuoco a una casa polacca e un ebreo aveva rischiato la vita per salvare dei bambini polacchi si diffuse in tutto il villaggio. L'atteggiamento della gente cambiò immediatamente. Bernard e Yosef Gutgold girarono per la cittadina facendo uscire in strada gli ebrei che, spaventati, si erano chiusi in casa, per sfruttare il nuovo clima e ristabilire relazioni amichevoli con il vicinato polacco.

   Nel 1936 Bernard fu inviato a Lodz per una difficile missione.

   Quell'anno il grande centro industriale e seconda città della Polonia era sede di elezioni municipali. Gli Endek, guidati da Kovalski, erano più aggressivi che altrove e scimmiottavano più fedelmente i metodi di Hitler. All'inizio della campagna elettorale essi affissero manifesti che ammonivano gli ebrei a non recarsi alle urne, e a restare in casa il giorno delle votazioni.

   A Lodz gli Endek avevano una milizia numerosa e bene armata, e Bernard, incaricato di contrastarli, sapeva che i lavoratori ebrei organizzati non avevano forza sufficiente. Tutti sapevano cosa avrebbe voluto dire per tutti gli ebrei di Polonia se quel primo tentativo di impedire l'esercizio dei diritti di cittadinanza avesse avuto successo. L'esempio di Lodz si sarebbe diffuso a macchia d'olio in tutto il paese. Erano necessarie contromisure speciali.

   Bernard arrivò a Lodz due settimane prima delle elezioni e contattò un ebreo piccolo, magro e rugoso, che si faceva chiamare Mendele. Altri avevano soprannominato costui "Re dei Forti", poiché governava un piccolo regno di ladri e microcriminali.
   Bernard andò da lui per convincerlo che il suo aiuto era necessario per proteggere gli ebrei di Lodz. All'inizio Mendele rifiutò di prendere in considerazione la cosa. Non sapeva nulla delle elezioni, aveva i suoi problemi e non voleva immischiarsi in affari politici non suoi.

   Bernard alla fine lo persuase a telefonare a Varsavia e a consultarsi con alcuni suoi influenti amici laggiù. Dopo la telefonata, Mendele cambiò atteggiamento: i suoi contatti a Varsavia conoscevano bene Bernard.

   Creò squadre di teppisti, sia ebrei che cristiani, e li misedisposizione di Bernard. Assicurò che sarebbero stati sufficienti, ma Bernard fece giungere rinforzi dalla milizia di Varsavia.

   Gli squadristi Endek, molti dei quali conoscevano i malavitosi di Mendele, vennero a sapere per tempo che il giorno delle elezioni la situazione sarebbe stata tesa. Il loro entusiasmo per la crociata anti-ebraica scemò. A parte alcune "normali" zuffe,giorno delle elezioni a Lodz fu tranquillo.

   Alla sera, dopo le votazioni, Mendele chiamò i suoi sodalicelebrare la vittoria con cibo e bevande. Bernard andò là per ringraziare e salutare. Felice e orgoglioso, Mendele fece un lungo discorso, pieno di colorite imprecazioni, dicendo che avevano
fatto una gran cosa a impedire un sanguinoso pogrom. Parlò con crescente entusiasmo, di fronte a un attento uditorio.

   L'attività di Bernard in difesa della popolazione ebraica naturalmente era nota alle autorità.

   Una volta, quando fu arrestato durante scontri nelle strade di Varsavia, il Governatore federale della città, Yaroshevitch, e il capo della polizia, Runge, minacciarono di mandarlo nel noto campo di concentramento di Kartuz Bereza. Il capo del Bund, Henryk Erlich, andò da Runge e chiese che Bernard fosse liberato.

   Runge ordinò che Bernard gli fosse portato davanti, in presenza di Erlich.

   Quando Bernard fu portato nella stanza, Runge gli chiese con rabbia: "Chi è il boss della capitale della Polonia, tu o io?".

   Bernard rispose con calma: "Finché voi vi rifiutate di proteggere il popolo ebraico, lo farò io. Se devo andare a Kartuz Bereza per questo, fate pure e mandatemici".

   Il compito più difficile della lunga carriera politica di Bernard Goldstein è stato redigere la storia narrata nelle pagine che seguono. Per diverso tempo egli si è rifiutato di farlo. Solo dopo le reiterate richieste dei suoi compagni, in particolare del compianto Shloime Mendelsohn, ha accondisceso a intraprendere l'opera.

   Il suo ruolo dirigente prima della guerra e quello nella resistenza lo qualificano come cronista delle ultime ore degli ebrei di Varsavia. Dai tormentosi ricordi di quei cinque anni e mezzo, egli ha ricavato un quadro a varie sfumature: il bene e il male, la codardia e l'eroismo, i disgraziati e gli autori di grandi gesta.

   Questo è il suo commiato, l'ultimo suo servigio agli ebrei di Varsavia.

   L'appello al suo senso del dovere ha avuto ragione del suo iniziale, deciso rifiuto a scrivere questo libro, ma nulla ha potuto vincere la sua modestia. La storia completa dell'attività di Bernard durante l'occupazione qui non è reperibile. Sappiamo da altre fonti che ci furono sanguinosi episodi in cui egli ebbe un ruolo organizzativo e attivo. Ma non ne vuole parlare. Per lui, gli eroi del ghetto di Varsavia sono i morti in battaglia, e nessuno deve mettersi in posa all'ombra delle loro gesta.

(1949)


Bernard Goldstein morì a New York nel 1959.



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