sabato 15 febbraio 2020

JULIJ MARTOV e la critica del potere bolscevico



JULIJ MARTOV
e la critica del potere bolscevico


DISTRUZIONE O CONQUISTA

DELLO STATO

(1919)


ABBASSO LA PENA DI MORTE!

(1918)



introduzione


   Julij Osipovic Cederbaum, che nella militanza clandestina avrebbe acquisito lo pseudonimo di Martov, nacque il 24 novembre 1873 in una famiglia del ceto medio ebraico a Costantinopoli (oggi Istanbul), nell’allora impero ottomano. Quando aveva quattro anni la famiglia si trasferì a Odessa, sul mar Nero, nella Russia zarista. Qui nel 1881 si consumò un feroce pogrom contro gli ebrei, e i Cederbaum si rifugiarono a Pietroburgo.
   All’inizio degli anni ’90 Martov entrò all’università e si avvicinò al marxismo. Al 1892 risale il primo arresto, in seguito al quale fu inviato in esilio a Vilna (Lituania), dove il numeroso proletariato ebraico andava organizzandosi in circoli e sindacati. Con i suoi primi scritti Martov fu ispiratore degli sforzi che avrebbero condotto alla costituzione del Bund (Unione generale dei lavoratori ebrei), fondato appunto a Vilna nel 1897.


   Appena potè tuttavia rientrò a Pietroburgo, e qui nel 1895 partecipò alla fondazione dell’Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia, della quale fu presto il dirigente più autorevole insieme a Vladimir Ilic Uljanov (Lenin). Nel 1896 sia Martov che Lenin furono esiliati in Siberia: Martov venne mandato a Turukhansk nell'Artide (dove contrasse la tubercolosi che alla fine lo ucciderà), mentre Lenin fu destinato a Šušenskoe, dove il clima era relativamente meno rigido.
   Costretti a lasciare la Russia, i due vissero in esilio insieme ad altri rifugiati politici; nel giugno del 1898 appresero la notizia della fondazione, avvenuta a Minsk, del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR), e vi aderirono.



   Nel 1900 Martov e Lenin furono tra i fondatori del giornale Iskra (Scintilla). In seno alla redazione maturarono progressivamente le divergenze sulla concezione del partito rivoluzionario, fino al celebre Secondo congresso del POSDR del 1903 che segnò la scissione tra la fazione bolscevica, fautrice del partito di quadri (Lenin) e la fazione menscevica, per il partito di massa sul modello della socialdemocrazia tedesca (Martov).



   Durante la rivoluzione del 1905, Martov inizialmente sostenne che i rivoluzionari non dovessero partecipare a un eventuale governo borghese: predicava una rivoluzione popolare che avrebbe dovuto sostituire gradualmente il governo autocratico in decomposizione con un governo rivoluzionario spontaneo. Con la formazione dei primi soviet e la conseguente repressione zarista cambiò parere e appoggiò la collaborazione con la borghesia russa (rappresentata dal partito dei cadetti).
   Nel 1914 si oppose alla partecipazione al Primo conflitto mondiale, da lui condannata come guerra imperialista con toni molti simili a quelli utilizzati da Lenin e Trockij. Divenne il leader principale della fazione dei menscevichi internazionalisti in opposizione alla corrente principale del partito menscevico.
Partecipò alle conferenze internazionaliste di Zimmerwald (settembre 1915) e Kienthal (aprile 1916).

   Allo scoppio della rivoluzione di febbraio del 1917, Martov si trovava a Zurigo con Lenin. Tornò in Russia ma troppo tardi per impedire che alcuni menscevichi si unissero al Governo provvisorio. Criticò allora aspramente i suoi compagni dell’ala destra del partito, Cereteli e Dan (quest’ultimo marito della sorella Lydia Cederbaum) che da membri del governo supportavano la prosecuzione della guerra contro la Germania imperialista. Nel corso di una conferenza menscevica tenutasi il 18 giugno 1917, il suo tentativo di diffondere tra i delegati una politica di pace immediata fallì.

   In occasione dell’insurrezione bolscevica di ottobre, che consegnò il potere al Secondo congresso dei soviet, nella prima cruciale seduta tra il 7 e l’8 novembre 1917 la fazione internazionalista di Martov propose una risoluzione per la formazione di un governo di coalizione di tutte le forze socialiste (bolscevichi, menscevichi, socialisti rivoluzionari). Tale risoluzione fu approvata per acclamazione ma vanificata di lì a poco dall’abbandono dei lavori di menscevichi di destra e SR di destra, per protesta contro il putsch bolscevico. A questo punto Trockij ebbe buon gioco nel respingere la proposta, apostrofando brutalmente i seguaci di Martov con queste parole: “Domando: con chi dobbiamo concludere un accordo? Con quei gruppetti miserabili che sono andati via da qui o con quelli che ci fanno questa proposta...No, qui non può esserci nessun accordo. A coloro che sono andati via e a coloro che ci propongono negoziati, noi dobbiamo dire: siete un pugno di miserabili e di falliti, il vostro ruolo è finito, andate dov’è il vostro posto: nella spazzatura della storia”.
   Martov e i suoi allora abbandonarono a loro volta l’assise.


   La storia successiva è la storia dei tentativi di ricucire tra le varie fazioni e dei loro fallimenti, dello scioglimento forzato dell’assemblea costituente e della formazione della dittatura di partito bolscevica, contro la quale Martov si scagliò indicando Lenin, Trockij etc. come principali responsabili dello scatenarsi della guerra civile, non tanto quella obbligata contro le armate bianche quanto quella fratricida tra le varie fazioni socialiste. I menscevichi tuttavia diversamente dai socialisti rivoluzionari non perseguirono la linea del rovesciamento del governo bolscevico, bensì quella dell’allargamento a tutte le fazioni della coalizione socialista.
   Nell'ottobre 1920 a Martov venne concesso di lasciare la Russia per recarsi in Germania. Nei giorni seguenti egli sfidò Zinovev al congresso del Partito Socialdemocratico Indipendente di Germania, pronunciandosi contro l’adesione quest’ultimo alla neonata Terza Internazionale egemonizzata dai bolscevichi. Non aveva previsto di restare in Germania a tempo indefinito, e solamente dopo la definitiva messa al bando del partito menscevico nel marzo 1921 decise di non tornare in Russia.
   In quegli anni la tisi di cui Martov soffriva si aggravò, fino a portarlo alla morte a Schönberg, in Germania, il 4 aprile 1923. Poco tempo prima di morire, fondò il giornale Socijalistichevskij Vestnik (Messaggero Socialista), organo ufficiale dei menscevichi in esilio a Berlino, Parigi e New York.
   Alcuni sostengono che Lenin, che aveva più volte espresso dispiacere per il profondo dissidio con quello che fu uno dei suoi primi compagni di lotta, dopo l’ictus che lo ebbe colpito nell’aprile 1922 cercò di riallacciare rapporti di collaborazione politica con Martov rendendosi conto, proprio nella circostanza in cui aveva perso la leadership, del fallimento insito nell’autoritarismo bolscevico. Se anche così fu, fu comunque troppo tardi: anche Lenin morì pochi mesi dopo, il 21 gennaio 1924.

   Distruzione o conquista dello stato è la terza parte di una serie di dodici articoli scritti nel 1919, in cui Martov critica teoricamente il potere bolscevico. I dodici articoli furono pubblicati in volume col titolo Il bolscevismo mondiale nel 1923, dopo la morte dell’autore, a cura di Fiodor Dan. Nel testo Martov, rifacendosi alle valutazioni di Marx ed Engels sulle precedenti esperienze rivoluzionarie del proletariato (soprattutto la Comune di Parigi del 1871) insiste sul fatto che la dittatura del proletariato è da intendersi come la conquista da parte di questa classe delle istituzioni democratiche, con l'appoggio della piccola borghesia e dei contadini, e non come il monopolio del potere da parte di un'unica minoranza, pur cosciente.

   Abbasso la pena di morte! fu scritto nel giugno – luglio 1918, dopo il processo e l’esecuzione del capitano Schastnij, comandante della flotta baltica accusato di cospirazione, prima condanna a morte sancita formalmente da un tribunale bolscevico. Fu stampato come opuscolo e distribuito da operai menscevichi a Mosca nell’agosto 1918.



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