lunedì 6 febbraio 2017

Guerra chimica: breve storia delle Convenzioni che hanno tentato di limitare l’uso delle armi chimiche



 
“Nulla è più espressamente
proibito dell’uso di armi avvelenate”

Robert P. Ward
The Man of Independence (1827).


Durante il “IV Congresso Nazionale di Chimica Pura e Applicata” a Roma nel Giugno 1932 11 è stato detto da Paolo Grottarelli che ”disgraziatamente il campo degli esplosivi bellici è, per eccellenza, il campo dei misteri e delle paratie stagne; quello nel quale notizie attendibili si hanno in tutti i modi fuorché attraverso le pubblicazioni scientifiche e lo spoglio il più minuto dei brevetti”.

A tanti anni di distanza oggi possiamo dire che non è cambiato nulla. Infatti al momento mai nessun paese ha mai ammesso ufficialmente l’uso delle armi microbiologiche.
L’antrace inviata via posta dopo l’11 Settembre 2001 2 non è una novità in questo campo. Infatti l’origine della guerra chimica risale alla mitologia anche se, in realtà, la biologia nasce solo nel 1800.
Le prime “regole” per proteggere la vita del re dall’avvelenamento risale al ManuSmrti (libri sacri, i veda, scritti in sanscrito nel 1300-1000 a.c.). Parlando così chiaramente della difesa in questi testi non si può escludere l’esistenza anche dell’offesa. Nel più recente poema nordico Edda di Snorri si parla di avvelenamenti e dell’uso di veleni senza ancora avere coniato il termine di “guerra chimica”.

Era prassi, durante l’impero romano, contaminare i pozzi dei nemici mediante cadaveri di cavalli o uomini. L’esercito sfruttava, in questo caso, il terrore naturale che incutono le acque stagnanti o putride.
La prima vera guerra batteriologica risale al lontano 1346 quando la città di Caffa, colonia genovese in Crimea, veniva messa sotto assedio dall’esercito mongolo.
Nel 1343 una rissa vedeva contrapposti genovesi e veneziani ad alcuni indigeni. Alla morte di un tartaro per mano dei veneziani le case e i depositi dei genovesi furono messi a ferro e fuoco. Decisi a vendicare l’omicidio la città fù messa sotto assedio per poco tempo per via di una sortita dei genovesi fuori dalle mura fortificate.
Dopo vari fallimenti degli ambasciatori la città sarà nuovamente assediata dall’esercito mongolo che nel frattempo è stato decimato dalla presenza, tra le sue truppe, della peste.
Credendo di poter colpire e decimare anche la popolazione all’interno della città fortificata gli assedianti decisero di catapultare alcuni cadaveri morti di peste.
L’infezione di conseguenza si diffuse all’interno di Caffa e le pulci infette seguirono i mercanti sui vascelli in fuga dall’assedio. Costantinopoli viene contaminata nell’estate dello stesso anno. Nell’ottobre del 1347 si diffuse in Sicilia e in novembre a Genova.
Pisa nel gennaio dell’anno dopo, Barcellona e Valenza in maggio. Nella diffusione della peste, usata come arma “velenosa”, il 15% della curia pontificia perirà nel 1348. Parigi è colpita nell’estate del 1348. L’Inghilterra conosce la peste nel 1349.




 
L’incontrollabilità degli effetti a lungo termine ha colpito tutta l’Europa e la sua popolazione ridotta di un terzo in pochi anni.
Anche Leonardo da Vinci (1452-1519) parla della possibilità dell’uso di armi chimiche in guerra. Infatti nella lettera in cui offre i suoi servigi, come scienziato libero professionista che affronta i problemi militari, a Ludovico il Moro propone l’uso di gas tossici:
“Sia gittata in fra i navili nemici con trabocchetti calcina e orpimento e verderame in polvere, e tutti quelli che nello anelito piglieranno detta polvere, coll’anelito si tramortiranno; ma guarda tu ad avere il vento che non ti mandi polvere incontro, o veramente avere al naso e alla bocca una sottile pezza bagnata acciò che la polvere non passi” 3

Sempre nel nostro continente nell’anno 1710 durante la guerra tra la Russia e la Svezia i primi usarono cadaveri morti per peste per colpire l’esercito nemico e per diffondere il panico.
Nel nuovo mondo la diffusione del vaiolo tra le tribù indiane d’America fu eseguita deliberatamente attraverso coperte infette provenenti da ospedali e donate agli indigeni (1763). Il generale inglese Sir Jeffery Amherst fu l’artefice della guerra batteriologica e il mittente dei doni.
La paura delle armi chimiche portò le grandi potenze a sottoscrivere, nel luglio del 1899, il Trattato dell’Aja in cui si dichiara di astenersi dall’uso di proiettili miranti a diffondere gas asfissianti o deleteri per l’uomo, come si legge:
“Le Potenze contraenti s’interdicono l’uso di proiettili che hanno per fine unico di spandere gas asfissianti o deleteri .”
Sfortunatamente però l’accordo non impedì agli stati firmatari di avvelenarsi a vicenda durante la prima guerra mondiale. Infatti possiamo leggere le seguenti tragiche parole dalla cronaca del 25 aprile 1915:
”...ai soldati di Ypres si parò dinnanzi, per la prima volta, la gialla nube mortale di cloro e fosgene, si apre un capitolo nuovo nella storia della guerra...” 4.
Il Generale Henri Mordacq così descrive la scena allucinante:
“Ovunque gente che fuggiva. Terroritoriali, zuavi, artiglieri, tiratori scelti, correvano come pazzi in tutte le direzioni, buttando i fucili, stravolti, gettando o cercando di sbottonarsi il pastrano, col colletto della camicia aperto, implorando acqua a gran voce, sputano sangue. Qualcuno si rotola per terra facendo sforzi disperati per respirare. Non erano dei soldati che scappano, ma poveri esseri umani divenuti improvvisamente folli” 5
Le morti stimate durante la guerra è circa un milione ed è stato calcolato che furono usate 124 mila tonnellate di armi chimiche.
Nel 1919 il Trattato di Versailles proibì la fabbricazione e l’importazione di armi chimiche e successivamente, nel 1925, alla Conferenza di Ginevra fu firmato il “Protocollo concernente la proibizione di usare in guerra gas asfissianti, tossici o simili e mezzi batteriologici” 6. In tale protocollo si legge:
“Considerando che l’uso in guerra dei gas asfissianti, tossici o simili, nonchè di tutti i liquidi, di tutte le materie e procedimenti analoghi, è stato a giusta ragione condannato dall’opinione generale del mondo civile; considerando che il divieto di quest’uso è stato inserito in trattati di cui sono Parte il maggior numero delle Potenze del mondo; allo scopo di fare universalmente riconoscere come incorporata nel diritto internazionale questa proibizione, la quale si impone alla coscienza e alla pratica delle nazioni”.
Gli stati firmatari, estendendo il divieto anche alle armi batteriologiche, dichiarano:
“che le Alte Parti Contraenti, per quanto esse non siano già Parte di trattati che proibiscono quest’uso, riconoscono questa proibizione, accettano d’estendere la proibizione di quest’uso ai mezzi di guerra batteriologica e convengono di considerarsi vincolate fra esse ai termini di questa dichiarazione.
Le Alte Parti Contraenti faranno tutti i loro sforzi per indurre gli altri Stati ad aderire al presente Protocollo. Questa adesione sarà notificata al Governo della Repubblica francese e, da esso, a tutte le Potenze firmatarie e aderenti.”
Esistono due grandi limiti per questo protocollo: 1) non proibisce lo sviluppo, la produzione e lo stoccaggio, e 2) al momento della firma molti stati espressero delle riserve. In particolare gli Stati Uniti d’America, con la ratifica nel 10 aprile 1975 e l’entrata in vigore nel 10 aprile 1975, pose la Riserva con la seguente dichiarazione:
“Il protocollo cesserà d’obbligare gli Stati Uniti, in merito all’uso di gas asfissianti, tossici o simili, e altri liquidi, materiali o mezzi analoghi, in una guerra contro uno Stato nemico, qualora questo, o un suo alleato, non ne rispettasse i divieti.”
Questo protocollo limitava l’utilizzo (“...di usare in guerra...”) ma non citava lo studio, la produzione e lo stoccaggio di queste armi. Inoltre le tante riserve espresse alla ratifica comportano la potenziale esistenza di una nuova offesa come risposta ad un attacco militare con armi chimiche.
Il primo uso di batteri sulla popolazione civile moderna è avvenuto nel Metrò di Parigi (1933). In questa occasione dei batteri furono sparsi nelle canne di aerazione con un aerosol.
Pochi anni dopo anche l’Italia si è macchiata di questo crimine durante la guerra d’Abissinia (1935). Il 22 dicembre cadono 272 tonnellate di Iprite sulla resistenza e Badoglio scriverà (9 gennaio 1936) al Ministro delle Colonie Lessona che “l’impiego di iprite si è dimostrato molto efficace...circolano voci di terrore sugli effetti del gas”. Un mese dopo in soli 4 giorni (dall’11 al 15 febbraio) furono sparati 1367 proiettili caricati con armi chimiche sulla resistenza e sulla popolazione civile.
Nell’esercito giapponese, tra il 1937 e il 1945, fu istituita una speciale sezione, l’Unità 731, con i compiti di sperimentare gli effetti della guerra batteriologica. I test venivano fatti su soldati e civili cinesi prigionieri di guerra. Alla fine della guerra l’America ha offerto l’immunità a questi criminali in cambio delle informazioni scientifiche accumulate negli anni.
Un programma di ricerca internazionale vedeva gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada sperimentare bombe di antrace sull’isola di Gruinard al largo delle coste della Scozia (1942-1943) trasformandola nel più grande laboratorio chimico dove testare armi di questo tipo. L’isola fu considerata inabitabile per molti anni in quanto le spore virali di antrace furono attive fino agli anni ’80.
Il caso visto è emblematico per un duplice motivo: questi tre paesi industrializzati continuavano a sostenere di non produrre o sperimentare le armi batteriologiche ma, in realtà, conducevano numerosi esperimenti in vivo. Il secondo motivo dimostra ancora una volta che la ricerca scientifica svolta con finalità militari senza un protocollo sperimentale serio e senza il controllo da parte di organizzazioni internazionali possono diventare un serio pericolo sia per l’uomo che per l’ambiente.
Il napalm, parola composta dalle due prime sillabe di naftenato e palmitato, è nato per la prima volta all’Università di Harvard. All’inizio della II Guerra Mondiale il Servizio chimico dell’esercito americano è interessato alla realizzazione di una miscela incendiaria migliore di quelle già disponibili e un simile obiettivo viene proposto ad un chimico organico di Harvard. Le prime prove pratiche della miscela che riusciranno a mettere a punto sono svolte su un campo di calcio della stessa Università.
Già dai primi risultati sul “campo” si dimostra che la miscela è migliore delle precedenti miscele incendiarie. Gli effetti del Napalm derivano soprattutto dal calore prodotto e dall’ossido carbonico che si sprigiona durante la combustione. Tra le azioni più sanguinarie con questa arma si ricorda il bombardamento di Tokyo condotto nella notte dal 9 al 10 marzo 1945 dalle superfortezza volanti B29.
I primi aerei si presentano sulle case dei civili poco dopo mezzanotte e cominciano a lanciare ogni tipo di bomba incendiaria. Sono tutte regolate per esplodere a 30 metri dal suolo in modo da spargere il napalm su un’aria circolare di 20-30 metri.
In questa carneficina perirono centomila persone e Tokyo fu completamente fusa.
Immediatamente dopo la guerra l’interesse per le armi chimiche sembra avere un arresto per rivolgere l’interesse verso il potenziamento delle armi nucleari. Tuttavia è proprio fra gli anni ’50 e ’60 che l’America sviluppa le sue armi chimiche. A questo proposito è stato ipotizzato l’uso di armi batteriologiche sperimentali in Corea (1950-1953) e il provato uso dell’Agente Orange in Vietnam (1961-1975) da parte dell’esercito americano. In questo ultimo caso si possono ancora oggi vedere le tragiche conseguenze sulla popolazione civile e le menomazioni causate da queste armi chimiche e ricordare le profetiche parole del prtavoce militare americano:
“Perche non dovremmo servirci dei mezzi che la tecnologia avanzata mette a nostra disposizione per scopo che l’etica militare ha sempre considerato leciti...
Diserbanti e defolianti hanno effetti praticamente nulli sui mammiferi e non costituiscono in alcun modo una minaccia diretta per l’uomo”
7
Le rassicuranti parole del portavoce dell’esercito americano di allora per quanto riguarda l’uso dei defolianti e dell’agente Orange nella guerra del Vietnam potrebbero essere attualizzate per quanto sostenuto oggi dallo stesso esercito per le sostanze incapacitanti e per gli agenti per il controllo dell’ordine pubblico.

Cronologia dei principali eventi nella storia degli accordi
sul bando delle armi chimiche.

 Il 10 aprile 1972 è firmata la Convenzione sulle Armi Biologiche (BWC), entrata in vigore il 26 marzo del 1975, che proibisce lo sviluppo, la produzione e lo stoccaggio di armi con agenti biologici (virus, tossine o batteri). Tra i 162 paesi firmatari c’è anche l’Italia mentre tra i 32 che non lo hanno sottoscritto (i classici “paesi canaglia”) figura Israele. Quest’ultima Convenzione, a differenza del Trattato di non Proliferazione Nucleare del 1968 che consente a soli 5 paesi (USA, Russia, Francia, Inghilterra e Cina) di mantenere un arsenale, non privilegia stati.
Nel 1979 avviene un incidente significativo nella città di Sverdlovsk (Mosca) 8 ; l’esplosione di uno stabilimento di preparazione di spore di antrace provoca  moltissimi morti tra i civile della città (anche se “ufficialmente” lo stabilimento non doveva esistere).
Come riportato anche da Ilaria Maria Ercolano e Volontario Unic:
“Si dovette attendere un po' più a lungo invece, per vedere realizzato il progetto finalizzato all'elaborazione di un convenzione relativa al divieto delle armi chimiche. Un importante precedente si ebbe nel giugno 1990 quando Stati Uniti e Unione Sovietica firmarono un accordo bilaterale sulla distruzione e la rinuncia a produrre armi chimiche, percepito come un chiaro segno di disponibilità ad escludere le armi chimiche dai propri arsenali da parte dei due stati.” 9
Infine nel 1993 nasce il primo accordo internazionale finalizzato ad eliminare l’intera categoria di armi chimiche: “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione, l’accumulo e l’uso delle armi chimiche e sulla loro distruzione” (in vigore dal 29/04/’97). In tale Convenzione, pur prevedendo le verifiche multilaterali, la distruzione delle vecchie armi (incenerimento diretto o neutralizzazione con reazione chimica), l’assicurazione per ogni stato membro che subisce la minaccia delle armi chimiche do ottenere l’assistenza degli altri stati membri, lascia ancora molti punti da approfondire, rivedere o implementare con aggiornamenti all’altezza del progresso nelle scienze chimiche.







1 P.Grottarelli “La Chimica nell’industria nell’agricoltura nella biologia” VIII, 12 (1932) 532.
2 http://www.parlamento.it/11settembre/cronologia_003.htm
3 Cit. in “Macchine da Guerra – gli scienziati e le armi” R.Fieschi e C.Paris De Renzi, Giulio Einaudi Editore, Torino (1995), p. 45.
4 Conferenza tenuta nella R. Università di Genova a cura del Comando della Corte Universitaria S. Giorgio il 3 febbraio 1932 dal Dr. Alberto Soldi e Pubblicata in La Chimica nell’industria nell’agricoltura nella biologia, Anno VIII, n.3 (1932) pag. 114.
5 “Storia illustrata” N. 151, Anno XIV, giugno 1970, pagina 34.
6 Il protocollo è firmato a Ginevra il 17 giugno 1925 e approvato dall’Assemblea federale il 17 marzo 1932
7 “Storia illustrata” N. 151, Anno XIV, giugno 1970, pagina 111.
8 Mattehew Meselson, et al. “The Sverdlovsk Anthrax Outbreak of 1979” Science 266 (1994) 1202.
9 Ilaria Maria Ercolano e Volontario Unic, “La minaccia delle armi chimiche e biologiche



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