giovedì 23 febbraio 2017

Medicina e Democrazia: del tradimento di Ippocrate e della medicina degli affari

di Domenico Mastrangelo





 Domenico Mastrangelo: medico specializzato in Ematologia, Oncologia, Oftalmologia e infine in Omeopatia. Dapprima ha diretto la ricerca clinica presso il centro di ricerca di una ditta farmaceutica, poi ha lavorato presso il centro di ricerca oncologica della Thomas Jefferson University e del Wills Eye Hospital di Philadelphia, dove ha appreso le tecniche di biologia molecolare per l’analisi del genoma delle cellule tumorali. Tornato in Italia, ha crea un laboratorio di ricerca presso il dipartimento di Oftalmologia dell’Università di Siena, dove ancora oggi lavora. Ha scritto più di cento articoli e capitoli di libri in lingua inglese, impegnandosi prevalentemente nella ricerca in Oncologia e in Omeopatia, ma sempre contro il corporativismo medico, le conoscenze “imposte” e le “certezze” di una Medicina che ritiene debba essere radicalmente cambiata.



 Il contatto avuto con il Prof. Mamone Capria in relazione alla presentazione delle tesi contenute nel mio libro, è stato a dir poco illuminante. Sfogliando le pagine del sito che il professore mi ha consigliato, mi sono, per molti aspetti, riconciliato con questo nostro tanto vituperato Paese e consolato nell’apprendere che, contrariamente al senz’altro più famoso e celebrato cavaliere di Cervantes, non sono affatto solo a combattere una lotta che pure oggi sembra disperata, ossia quella per una corretta informazione in medicina ed in tutti i settori nei quali il potere del denaro, del commercio e dell’affarismo a tutti i costi, è il solo valore universalmente riconosciuto; al di sopra perfino dei valori etici, morali, culturali, civili e deontologici che pure dovrebbero essere parte integrante e strutturale di una qualsiasi società che voglia a ragione e con cognizione di causa definirsi “democratica”.

 In effetti, la riflessione su “democrazia e scienza” è estremamente importante e stimolante per tutti coloro che vogliano “guardare oltre” e non accontentarsi di discorsi o atteggiamenti di facciata. Se è vero, infatti, che “democrazia” in senso lato è da intendersi come la “sovranità esercitata dal popolo”, è altrettanto vero e facilmente constatabile, da chiunque, che questo diritto/dovere di sovranità è raramente esercitato e più spesso violato, nella vita quotidiana delle “Democrazie Occidentali”, specialmente quando esso è in conflitto con gli interessi, non solo e non sempre economici, di “lobbies” o gruppi di potere che sovente si costituiscono addirittura con la dichiarata intenzione di tutelare i diritti dell’individuo; è il caso, ad esempio, del diritto alla salute, che, nella Costituzione della Repubblica Italiana, viene sancito dall’art 32. Dalla lettura di questo articolo apprendiamo che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
 Partirei proprio dal dettato costituzionale in materia di diritto alla salute, che mi pare rappresenti la più elevata espressione di ciò che si può intendere per “sovranità popolare”, per illustrare come, nella pratica quotidiana e nonostante le buone intenzioni del legislatore, il diritto alla salute venga sistematicamente violato proprio in quelle democrazie nelle quali viene sancito ed affermato con forza.
 Posto che la Medicina, come diceva Sir William Osler, “... è scienza dell’incertezza e arte della probabilità”, non entro neanche nella spinosa questione della “scientificità” della Medicina, se non per dire, anzi riaffermare (dal momento che l’ho già scritto nel mio libro) che la pretesa “scientificità” della Medicina moderna dell’Occidente sviluppato e tecnologico, ancorché chimerica utopia, è, di fatto, una vera e propria mistificazione. Mistificazione per altro indispensabile e funzionale agli interessi economici (e non solo) di tutti coloro (industrie farmaceutiche, industrie di prodotti diagnostici, “aziende ospedaliere”, “sistemi sanitari”, ecc.) che in questo settore operano non già e non tanto nell’interesse primario di un’umanità malata e bisognosa di cure, ma a puro scopo di lucro. In che modo la pretesa di “scientificità” accampata dalla Medicina moderna, sia “funzionale” ad interessi che nulla hanno a che fare con la salute della gente, lo si può ben vedere esaminando motivazioni e contenuti del secolare conflitto tra Medicina Allopatica ed Omeopatia, che pur riconoscendo origini comuni nella cultura dell’Occidente sviluppato e tecnologico, è, ad oggi, ancora irrisolto in quanto la Medicina Allopatica (che è medicina dei farmaci), sancisce, in verità in modo del tutto arbitrario, infondato e unilaterale una sua pretesa superiorità basata, appunto, su quella”scientificità” che mancherebbe, invece, alla Medicina Omeopatica.
 Se guardiamo all’essenza della scienza medica, non possiamo negare che esistono al mondo tante medicine quante sono le filosofie ed i modi di vedere ed interpretare la realtà. Qualcuno potrà trovare questo inappropriato, assurdo, insensato o perfino scandaloso, me se ci pensiamo un po’, possiamo facilmente renderci conto che si tratta di un dato di fatto, oggettivo e incontestabile. Così, mentre la scienza medica dell’Occidente sviluppato e tecnologicamente avanzato si basa, da Cartesio in poi, sulla materia ed assume a suo principio fondante il riduzionismo, ossia l’idea che si possa giungere alla comprensione del funzionamento dei sistemi complessi (quali, ad esempio, il corpo umano), semplicemente smembrandoli, sminuzzandoli ed analizzandone nel dettaglio i singoli componenti, le medicine dell’Oriente, dall’Ayurvedica a quella tradizionale cinese, considerando il corpo fisico come l’involucro esterno di un’energia che è emanazione diretta della Natura (nel senso più ampio possibile, incluso quello della Divinità), poco si curano della materia e fondano i loro sistemi di pensiero e conoscenza sullo studio delle dinamiche di questa energia, non solo all’interno del singolo individuo, ma anche nel rapporto tra l’individuo e tutte le altre energie presenti in natura.
 Come conseguenza diretta di questi due modi di vedere ed interpretare la realtà che ci circonda, la Medicina Occidentale, stabilito che atomi e molecole rappresentano i “mattoni” costitutivi di tutti i Sistemi Viventi e i Regni della Natura, si occupa essenzialmente dello studio e della manipolazione di questi “mattoni” e stabilisce che tutto è regolato da interazioni materiali tra atomi o molecole, rifiutandosi, pertanto, di vedere o accettare realtà, situazioni o circostanze che non comprendano in sé quegli elementi costitutivi basilari.
Le Medicine del vicino e lontano Oriente, d’altra parte, data la consapevolezza del fatto che la materia è un semplice “involucro” e che comunque anch’essa è una forma di energia (questoammesso dalla stessa fisica, a partire da Einstein!), si occupano prevalentemente dello studio e della manipolazione di questa energiadelle sue intricate dinamiche.
 Da questo angolo visuale, non esiste o almeno non dovrebbe esistere disparità di dignità di un sistema rispetto ad un altro, prova ne sia il fatto che la Medicina Occidentale ha, ad esempio, fatto sua e correntemente impiega l’Agopuntura che, come sistema diagnostico terapeutico, NON HA un substrato materiale, ma si fonda su una concezione anatomica del corpo umano essenzialmente basata su flussi di energie il cui regolare scorrere in “canali” che non hanno alcun corrispettivo anatomico identificabile, starebbe alla base dello stato di salute dell’individuo.


 Torniamo, allora, alla domanda: PERCHÉ la Medicina Occidentale considera se stessa “scientificamente” fondata e, all’opposto, “scientificamente” infondati, tutti i sistemi non basati sull’interazione materiale tra atomi e molecole, con l’eccezione, evidentemente, dell’Agopuntura, sulla “scientificità” della quale quasi mai si pronuncia, anche se la adotta come fosse una medicina “materiale”?
Si tratta, con tutta evidenza, di una posizione pretestuosa che, come mi propongo di dimostrare nel mio libro, la Medicina Occidentale ha adottato per scopi politici, a salvaguardia e tutela di interessi economici, lobbistici e di potere che, purtroppo, poco o nulla hanno a che fare con la salute e il benessere dell’individuo o, in altre parole, con la Medicina.
 Non a caso, una medicina che consideri l’uomo come un insieme di atomi ossia di particelle materiali interagenti tra loro e con l’ambiente esterno, finisce con il privilegiare interessi “materiali”, quali, appunto, quelli economici, politici e di potere ed emarginare tutto ciò che trova fondamento in istanze non materiali come l’energia, la “forza vitale” o l’anima. Ma da qui a liquidare come “non scientifica” tutta la medicina non fondata sulla materia, ce ne passa!
 Un esempio è quello, già riportato, dell’Agopuntura, ma esistono altri casi ed altri esempi che non si possono spiegare soltanto sulla base di quella che, nel libro, chiamo la “presunzione di scientificità”. D’altra parte, se l’accettazione dei principi dell’agopuntura è in netta e stridente contraddizione con l’esigenza di una “scientificità” eminentemente materialistica, non meno lo è l’assimilazione, da parte della Medicina Materialistica, del concetto stesso di “placebo”. L’effetto placebo consiste in una risposta terapeutica basata sulla somministrazione di un “farmaco fantoccio”. Pur non somministrando un farmaco vero e proprio, il medico è in grado di ottenere, tramite opportuni condizionamenti, un effetto di tipo strettamente farmacologico... ma il farmaco non viene somministrato ed è ragionevole presumere (la Medicina Materialistica lo fa!) che l’effetto ottenuto sia di tipo “psicologico. Siamo, evidentemente, all’antitesi del materialismo Cartesiano, ma ciò non impedisce alla Medicina Occidentale di appropriarsi di una simile conoscenza ed usarla per un fine che ha dell’incredibile. Nelle mani della moderna Medicina, infatti, l’effetto placebo diviene la pietra di paragone per esprimere un giudizio sull’efficacia dei farmaci. In breve, prima che un qualsiasi farmaco venga messo in commercio, deve passare attraverso una serie di indagini che ne devono provare l’efficacia. Nella fase cosiddetta “clinica” di sviluppo, il farmaco da valutare viene somministrato a gruppi di pazienti per i quali è indicato il suo impiego, ma, per rendere tale valutazione coerente e priva di qualsiasi interferenza non farmacologica, il gruppo di pazienti da trattare viene suddiviso in due sottogruppi; ad uno dei due sottogruppi viene somministrato il farmaco attivo, mentre all’altro viene somministrato un placebo. Alla fine della sperimentazione si valutano i risultati ottenuti nei due gruppi, procedendo in questo modo: se, ad esempio, nel gruppo trattato con farmaco attivo, il 60% dei soggetti ha risposto positivamente, mentre una risposta positiva si è verificata solo nel 30% degli individui trattati con placebo, lo sperimentatore sottrarrà l’effetto placebo ottenuto nel gruppo di controllo a quello globale ottenuto nel gruppo trattato con farmaco attivo e concluderà che l’effetto netto del farmaco è del 30% (ossia 60 – 30), dato che nell’altro 30% dei casi, come dimostra il gruppo di controllo (trattato con placebo), l’effetto ci sarebbe stato anche se avessimo somministrato soltanto acqua! Tutti d’accordo?
 A prima vista si direbbe che tutto funzioni alla perfezione e che un simile risultato sia perfettamente ponderato e ragionevolmente accettabile. Ma un’analisi più approfondita dimostra che le cose non stanno affatto così!
Tanto per cominciare, la “Medicina della materia” e dell’interazione materiale tra molecole, accetta e usa un effetto fondato sul nulla, perché è del tutto evidente che l’effetto placebo si sottrae alla logica dominante dell’interazione tra particelle materiali. In altre parole, l’acqua (o un qualsiasi altro tipo di placebo), a meno che non sia quella miracolosa di Lourdes, non può produrre effetti terapeutici di alcun tipo, almeno limitatamente alla logica e ai principi della fisica, della biologia e della biochimica che stanno alla base della Medicina della materia. Come mai, allora, l’effetto placebo non viene messo in discussione? Quali sono, se esistono, le basi “scientifiche” dell’effetto placebo? La medicina Occidentale, modernatecnologica, non sembra preoccuparsene più di tanto!
 Ma c’è un'altra questione, non meno importante. Nella necessità di usare un effetto del quale non comprende la natura, ma che è strettamente funzionale allo sviluppo e alla commercializzazione dei farmaci (e al lucro che ne consegue), la Medicina moderna sembra completamente indifferente al fatto che l’effetto placebo È UN EFFETTO TERAPEUTICO! Cosa significa questo? Significa semplicemente cheassurdo e incomprensibile “fare la tara” dell’effetto placebo su quello dei farmaci in quanto, A PARITÀ’ DI EFFETTO, sarebbe altamente preferibile usare una sostanza inerte (come l’acqua o lo zucchero, appunto) che non un prodotto chimico i cui effetti, nell’incommensurabilmente ampia gamma delle individualità umane, sono sempre imprevedibili e, come tali, potenzialmente pericolosi. E invece, la Medicina Occidentale, tecnologicamente avanzata e “scientificamente provata”, tratta l’effetto placebo come una sorta di sottoprodotto, da ignorare più che da indagare ed eventualmente sviluppare per la salute e la tutela dell’incolumità della gente. E si torna, così, alla domanda: PERCHÉ TUTTO QUESTO ACCADE? Non sarà, forse, perché il placebo esiste in natura ed è completamente gratuito, mentre i farmaci hanno dei costi e consentono ad interi settori della società, di prosperare a spese e sulla pelle della gente malata?
 Questo modo ingiustificato, ma codificato e da tutti accettato, di gestire lo sviluppo dei farmaci a fini commerciali, che viene consigliato come “regola d’oro” da seguire nello sviluppo e nella produzione dei medesimi, conduce, alla fine, all’ennesimo assurdo della Medicina Occidentale, per il quale, constatato che un farmaco è efficace nel 30% della popolazione malata, ci sentiamo poi autorizzati, nella fase di produzione e commercializzazione del prodotto, a somministrarlo a tutti, incluso quel 30% di individui che avrebbero tratto giovamento anche dalla sola somministrazione di un innocuo Placebo! ... per non parlare di tutti i casi (che, a conti fatti, sono spesso la maggioranza), nei quali il farmaco non funziona affatto!
Ci confrontiamo, dunque, con una realtà, quella della Medicina moderna, che da un lato si auto compiace di una “scientificità” che non le appartiene e dall’altro, millantata la sua superiorità su tutti gli altri sistemi di conoscenza medica, fa un uso quanto meno eclettico (per non dire ingannevole) anche di quelle conoscenze (come l’Agopuntura o l’Effetto Placebo) di cui non è in grado di spiegare la natura!...
 Tutto, ovviamente, non per amore di “scienza” né per spirito di missione a tutela dall’individuo, ma solo ed esclusivamente per proteggere un business di dimensioni cosmiche ed inimmaginabili, quale quello dei farmaci.
Una Medicina veramente democratica non dovrebbe né creare né incentivare divisioni tra Medicine “buone e cattive”, basate, come quelle di cui si è detto, sul nulla, ma, caso mai, preoccuparsi di unificare le conoscenze o comunque renderle disponibili e accessibili a tutti. Democrazia, in Medicina è, come affermo nel libro, da un lato libertà del medico di scegliere come curare i propri pazienti (anche con il semplice placebo, se necessario!), pur nei limiti e con le cautele imposte dal rispetto dei principi di scienza, coscienza e conoscenza e dall’altro, libertà dei pazienti di scegliere come essere curati. In questa prospettiva, la Medicina della materia e soprattutto la Medicina dei farmaci rappresentano, nella società moderna, la negazione di questi elementari principi di Democrazia... e la ragione è tutta da ricercare nel denaro e nella speculazione che le multinazionali del farmaco pongono in atto (in questo protette dalla cultura, dalla politica e dai governi delle democrazie occidentali) ai danni dell’individuo bisognoso di cure. E certo, se lo scopo di tale speculazione fosse soltanto quello di sostenere un mercato (quello del commercio dei farmaci), che pure rappresenta una delle maggiori risorse economiche (se non la maggiore) di tali democrazie, si potrebbe anche esser tentati di considerarlo, alla stregua di altre speculazioni (pensiamo a quella dei derivati del petrolio), un fatto necessario e irrinunciabile per tutte le economie fondate sul “capitale”!
 In realtà, mentre stiamo già pagando e a caro prezzo, lo scotto di politiche che speculano su risorse energetiche potenzialmente molto dannose, trascurandone altre più “pulite”, e ne siamo tutti consapevoli, la speculazione sui farmaci viene spesso sapientemente mascherata, agli occhi dell’ignaro consumatore, da chi (“Big Pharma” in testa, ma non solo!) presenta i farmaci come la salvezza dell’umanità, l’unico mezzo attraverso il quale è possibile sconfiggere le malattie e addirittura, con i più recenti studi sull’invecchiamento, l’unica potenziale risorsa per sconfiggere la morte... al punto che sarebbe folle e irresponsabile anche soltanto pensare di curare un malato senza di essi. Così la speculazione diventa missione e l’affarismo salvezza dell’umanità, senza che a nessuno sia consentito obiettare o argomentare diversamente se non al prezzo di essere additato da tutti, opinione pubblica compresa (perché opportunamente indottrinata dai media e potere!), come un folle, uno sconsiderato o un ciarlatano.
 Nei fatti, tuttavia, il business dei farmaci si regge su due necessità fondamentali, evidenti ed innegabili: a. la NECESSITA’ di una umanità malata e bisognosa di cure, perché senza malati non avrebbe alcun senso produrre e vendere farmaci b. la NECESSITA’ che le cure ottenute non siano definitive, perché se i farmaci curassero veramente, ci sarebbe bisogno di essi soltanto per periodi limitati di tempo e la loro produzione ne risulterebbe gravemente compromessa.
 Alla prima necessità si risponde semplicemente evitando di porre in atto un efficiente sistema di prevenzione delle malattie. Senza prevenire le malattie, ma attendendo che esse si manifestino, diventa assolutamente indispensabile intervenire con le terapie farmacologiche. A chi, poi, obiettasse che esistono anche terapie non farmacologiche (il placebo potrebbe essere una di queste, così come l’omeopatia, la fitoterapia e tante altre), la Medicina dei farmaci risponde (sarà un caso?) che solo ed esclusivamente l’impiego dei farmaci è “scientificamente” provato e nessun altro tipo di intervento è consentito o considerato lecito o plausibile. Il “sistema” stesso, dunque, conduce verso l’uso e il consumo, spesso smodato, di farmaci con l’unico scopo, com’è del tutto evidente, di proteggere un business e non certo di sostenere chi ha bisogno di cure. D’altra parte, impedire che le persone ammalino non è un buon affare perché non solo comporta ingenti investimenti in ricerca e prevenzione, ma promette di abolire totalmente il ricorso ai farmaci, con un danno potenziale incalcolabile per “Big Pharma” e tutto l’“indotto”.
 Alla seconda necessità si risponde con la progettazione e l’impiego di farmaci che siano sempre prevalentemente rivolti ad alleviare sintomi, più che a curare malattie. Così, se partiamo dall’evidenza e prendiamo atto del fatto che non esistono farmaci che “curino” veramente le malattie (con la sola eccezione, forse, di qualche antibiotico, ma anche qui ci sarebbe molto da discutere!), ossia non esistono farmaci che siano in grado di produrre la risoluzione definitiva di quell’insieme di sintomi che comunemente definiamo “malattia”, vediamo chiaramente come il loro impiego, spesso smodato e irragionevole, diventi a sua volta causa di ulteriore consumo e, di conseguenza, sostegno e supporto insostituibili per il business farmaceutico. Mi riferisco qui alla cronicizzazione delle malattie che si realizza quando il farmaco, come più spesso (o quasi sempre) accade, viene impiegato non già per “curare”, ma semplicemente per alleviare i sintomi; è il caso, ad esempio, dei pazienti che presentano dolori articolari e vengono trattati con antidolorifici che non vanno mai ad incidere sulle cause, ma semplicemente sul modo di manifestarsi delle malattie che colpiscono le articolazioni; ma è anche il caso dell’abuso degli antibiotici che crea la comparsa di ceppi batterici resistenti, sempre più difficili da debellare, proprio con gli stessi antibiotici.
 Molti, forse in buona fede, ma senz’altro scarsamente informati, trovano a dir poco scandaloso che si possa sostenere che il business dei farmaci si regga su una umanità malata che sia e resti malata, possibilmente per tutta la vita; prima di tutto perché questa sembra proprio l’antitesi di ciò che ci si aspetterebbe dalla Medicina e poi anche perché siamo tutti convinti (o sarebbe meglio dire: qualcuno ci ha convinto) che i farmaci hanno allungato la nostra vita e ne hanno migliorato la qualità; quest’ultima, in particolare, è la più grande bugia che le “democrazie” occidentali abbiano mai inventato e vadano impunemente sbandierando, a protezione del business dei farmaci! La salute dell’uomo migliora e può migliorare SOLO con il miglioramento delle condizioni di vita e con il benessere sociale ... è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a sancire questo principio e: “ubi maior, minor cessat” ... anche se chiama “Big Pharma” o Sistema Sanitario Nazionale!!!


Fonte: InformaSalus

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