lunedì 7 marzo 2016

L’alba dell’uomo moderno


 di Paolo Brega


 La rivoluzione neolitica e la scoperta dell’agricoltura avvenuta circa diecimila anni fa sono il punto di partenza sulle quali si fonda l’intera storia dello sviluppo della civiltà umana, ponendo le basi per le prime società urbane e, dopo il fuoco rappresenta una delle più importanti (forse la più importante) scoperta dell’uomo.  

Dalle ricerche interdisciplinari si è scoperto che l'agricoltura si è diffusa dal Medio Oriente in direzione non solo dell'Europa, ma anche in direzione dell'Africa settentrionale e della steppa asiatica, nonché in direzione del Pakistan e dell'India.

Il genetista Cavalli Sforza conferma, e aggiunge che l'agricoltura "ha avuto inizio in zone impervie". Gli studiosi concordano nell'affermare che l'agricoltura nacque nella regione oggi corrispondente a Mesopotamia, Siria e Israele, ma non sanno spiegarsi come mai non sia cominciata nelle pianure, dove la coltivazione è senza dubbio più facile, bensì in aree montuose. Altrettanto inspiegabile sembrano essere da un lato la rapidità con cui le varie specie di ortaggi e frutti cominciarono ad apparire, tutti nello stesso periodo e nella stessa regione, dall'altro il contemporaneo "addomesticamento" degli animali.



Una possibile risposta offerta da studi ‘controcorrente’ è che le piane alluvionali del Tigri e dell’Eufrate fossero state trasformate in enormi acquitrini paludosi, malsani e inadatti all’agricoltura a causa del cataclisma ricordato come Diluvio Universale.

Secondo l'archeologo David Rohl è dai Monti Zagros, nell'attuale regione del Kurdistan, che giunse "gran parte della popolazione sumera, dal momento che nella terra di Sumer la ceramica più antica sembra originaria di questa zona".

Una conferma giunge anche dall'archeologo Edwin Oliver James: “Gli altipiani iranici rappresentano geograficamente il luogo ideale per una origine comune di tutta la gamma dei processi culturali raggiunti in Oriente, nel IV millennio a.C. Se fu questa la culla della prima civiltà di Elam. È altrettanto probabile che essa sia stata il centro da cui movimenti e influenze analoghe si irradiarono in Mesopotamia attraverso i Monti Zagros, in India attraverso il Belucistan e l'Himalaya e attraverso la pianura mongolia nella Cina settentrionale e occidentale, dove sono state trovate tracce di una identica cultura agricola."

 Altrettanto le origini del popolo sumero rimangono avvolte nel mistero. Nuovi ritrovamenti nell’area di Gobekli Tepe e Kiziltepe sembrano inoltre anticipare la fioritura della prima società urbana e dislocarla sulle zone dell’altopiano turco proprio in quelle zone limitrofe alla catena montuosa dell’Ararat, dove la Bibbia dice essersi posata l’arca di Noè.

Wyatt aggiunge: "Nella Turchia centro-meridionale si trova un gran numero di piante che esistono soltanto li. Quando i gruppi lasciarono l'area sembra che abbiano preso con se i semi più importanti e le principali piante commestibili, lasciandosi alle spalle una varietà di piante che risalivano all'età antidiluviana". Questo significa che alcune delle piante originali che Noè portò dal mondo antidiluviano non si diffusero mai oltre quella zona.

Dovunque sia stato lo start-up di ciò che possiamo definire civiltà è certo che la prima società urbana evoluta sia rappresentata dai Sumeri, popolo alquanto misterioso in quanto primo popolo a dotarsi di strutture sociali ben definite, di un sistema di leggi, di un sistema scolastico. Furono anche i primi a interessarsi di forme arcaiche di scienze quali matematica, geometria, architettura, ed erano grandi esperti di astronomia, seppur connessa alla sfera religiosa.

Questo pone diversi interrogativi ai quali la storiografia ufficiale oggettivamente fatica a fornire una risposta soddisfacente: come è possibile passare da società tribali dedite a pastorizia, agricoltura a società urbane raffinate come quelle riscontrabili nelle città stato sumere di Eridu, Shuruppak, Kish, e quella stessa Ur da dove Abramo parte alla volta della terra promessa? Senza contare il mistero rappresentato dai ritrovamenti in turchia richiamati ai paragrafi precedenti.

Sitchin afferma: “E’ quindi proprio a Sumer che la moderna civiltà cominciò. Fu là, infatti. che tutti gli elementi fondamentali di una civiltà avanzata sorsero all'improvviso come dal niente e senza una apparente motivazione. città, strade, scuole, templi; metallurgia, medicina, agricoltura. Irrigazione; l'uso dei mattoni, la prima ruota; navi e navigazione; pesi e misure; leggi e tribunali; la scrittura, la musica...Ogni aspetto di una alta forma di civiltà al quale possiamo pensare, ebbe il suo inizio, a Sumer". Sembra esserci stato un salto evolutivo non indifferente, una specie di ‘anello mancante’ tra gli stadi di sviluppo delle prime società umane.




 Ciò corrisponde a quello che Paolo Brega, autore del libro Genesi di un enigma, definisce come “Rinascita” ovvero quell’insieme di eventi che permettono all’umanità di avere un nuovo inizio dopo la traumatica esperienza del cataclisma che scosse il pianeta circa undicimila anni fa mettendo fine al periodo glaciale di Wurm, determinando le condizioni climatico-ambientali odierne e sommergendo terre un tempo emerse, dove riposano eternamente le antiche vestigia di una perduta età dell’oro che possiamo identificare con Atlantide.

Possiamo infatti ritrovare in praticamente tutti i miti cosmogonici di civiltà anche lontane tra di loro il riferimento a un cataclisma globale, spesso associato all’acqua e una precedente età dell’oro. Un tempo in cui gli uomini erano a stretto contatto con le divinità, parlavano e interagivano con loro. Per comprendere meglio il fenomeno della “Rinascita” è necessario un rapido volo pindarico degli eventi antidiluviani teorizzati nello studio descritto in “Genesi di un enigma” che traggono spunto dalla tanto vituperata “teoria degli antichi astronauti”.

Centinaia di migliaia di anni fa un gruppo di esploratori alieni, molto simili a noi, giunge sul pianeta Terra, nei pressi dell’attuale mesopotamia: sono gli Anunnaki sumeri, gli Elohim biblici. Dopo aver costruito le infrastrutture necessarie allo svolgimento della loro missione, per sottrarsi alle fatiche del lavoro manuale sfruttano la loro tecnologia per ibridare una nuova razza incrociando DNA dell’Homo erectus con materiale genetico alieno ottenendo così forza lavoro a basso costo, e meglio adattabile alle condizioni ambientali del pianeta: l’homo sapiens.

Esistono però due visioni contrastanti relativamente a come gestire la risorsa rappresentata dall’homo sapiens. Da un lato abbiamo Enlil il quale percepisce un possibile rischio per il pianeta e per gli Anunnaki stessi, qualora dovesse prevalere nell’homo sapiens la parte animale; dall’altro Enki che invece si distingue per la benevolenza rivolta alle sue creature. Fu infatti quest’ultimo a proporre e a seguire gli studi per la creazione dell’homo sapiens, così come descritto nel mito sumero Inuma Ilu Awilum.

Tale dicotomia di pensiero si perde nella traduzione biblica tradizionale dove si riconosce un unico Dio con apparenti contraddizioni nel suo operare nei confronti dell’uomo, fin dalle vicende del giardino dell’Eden.

Contraddizioni che vengono spiegate nel testo “Genesi di un enigma” come unificazione delle due visioni Enkilite ed Enlilite.

Comunque la visione Enkilita prevale e dopo la fine della missione Anunnaka, circa 100.000 anni fa, lo stesso Enki rimane sulla terra per istruire gli uomini a uno sviluppo armonioso e in equilibrio con il pianeta, periodo ricordato come età dell’oro, incarnato nel mito di Atlantide e confermato da tutti quei siti oggi sommersi, testimonianza di civiltà precedenti alla fine del periodo glaciale di Wurm.


Göbekli Tepe


 Ma undicimila anni fa avviene qualcosa di sconvolgente, che mette fine a quella fantastica esperienza che portò all’edificazione delle grandi costruzioni megalitiche, uniche superstiti di una società estremamente evoluta. Con il passo biblico Genesi 9:9-11 vediamo Dio che sancisce un patto con gli uomini dichiarando che mai più ci sarà così tanta distruzione. Brega teorizza che questo sia Enlil a parlare e che lo stesso avesse tentato di approfittare del cataclisma per cancellare la razza umana, da lui sempre percepita come pericolosa per il pianeta. Il suo piano fu però boicottato da Enki il quale avvisò un suo uomo (o semi-dio),Noè. Questa vicenda, oltre che nella Bibbia è ancora di più approfondito, nei miti sumeri ove viene descritta esattamente una sorta di assemblea di divinità Anunnake avente come obiettivo la decisione ultima nei confronti del genere umano.

Ma il patto di tregua di Enlil ha altre implicazioni. Gli uomini, a cui sostanzialmente viene concesso, o meglio ancora affidato, il pianeta, hanno bisogno di una guida che li istruisca. La rieducazione effettuata ad opera degli Enkiliti, la “Rinascita” così come viene chiamata nel libro “Genesi di un enigma”, avviene proprio presso i Sumeri, almeno in medio-oriente, i quali poi diffonderanno il seme della conoscenza nel resto dell’area, fino alla valle dell’Indo.

Di fronte ai grandi progressi fatti nell’area il Collins non può fare a meno di notare "Tanti furono i progressi compiuti nel Kurdistan, e in particolare nella regione dell'alto Eufrate. che dovette essere accaduto qualcosa di unico nella regione, da tempo ritenuta la culla della civiltà. Nessuno ha spiegato in maniera esauriente perché la rivoluzione del neolitico abbia avuto inizio proprio lì".
In un interessante studio, David Rohl afferma che i Sumeri erano i discendenti di Sem, uno dei figli di Noè. Già nel 1941, Arno Poebel, maestro di Kramer, aveva scoperto significative correlazioni tra gli Ebrei e i Sumeri. Lo stesso Kramer aveva notato una anomalia nella toponomastica, e si era chiesto: "Se i Sumeri sono stati un popolo che nel vicino Oriente antico ha raggiunto risultati tanto importanti in campo letterario e culturale da lasciare un'impronta indelebile sulle opere degli uomini di lettere ebrei, perché mai la Bibbia quasi non li nomina?" Nel Vecchio Testamento sono citati Egizi, Cananei, Amorrei, Urriti, Hittiti, Assiri, Babilonesi, ma non i Sumeri.

Afferma ancora il Kramer: "Fatta eccezione del termine 'Shinar', piuttosto oscuro, e che gli studiosi identificano con Sumer, sembra che in tutta la Bibbia i Sumeri non vengano citati affatto, il che mal si concilia con la loro presunta influenza".

Quindi, le conclusioni dello studioso sono le seguenti: "Se Shem (nome del figlio di Noè) corrisponde a Shumer/Sumer, dobbiamo concludere che gli autori ebrei della Bibbia, o quanto meno alcuni di essi, pensavano che i Sumeri fossero gli antenati del popolo ebraico. E' probabile che nelle vene dei patriarchi ebrei scorresse qualcosa che apparteneva al patrimonio culturale di quella che è considerata la civiltà più antica", e che forse deriva direttamente da quella enorme esperienza che fu Atlantide?

Göbekli Tepe


 Per quanto riguarda la originaria provenienza dei Sumeri, pensiamo che studi recenti stiano accertando definitivamente la verità. Pare che i conosciuti Sumeri della Mesopotamia del Sud avessero avuto, come origine, una patria situata nell'alta Mesopotamia, in una pianura a pochi chilometri di distanza dal luogo dell'approdo dell'arca, appunto nei pressi di Gobekli Tepe.

Ma se gli Ebrei discendono dai Sumeri, e i Sumeri sono a loro volta il modello della “Rinascita” voluta da Enki, allora la conoscenza delle origini dell’uomo può avere seguito il percorso delle migrazioni del popolo di Israele, prima in tutta la mesopotamia, poi in Egitto, dove la vicenda di Mosè acquisirebbe tutto un altro significato, conservate nella Biblioteca di Alessandria e infine, con la diaspora, rese note agli iniziati di tutto il mondo.

Fonti:

Collins Andrew, Gli ultimi dei, Sperling e Kupfer, 1997


Scritto da Paolo Brega, Progetto Atlanticus, Anno 2012


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