Il pretesto climatico 2/3
L’ecologia di mercato (1982-1996)
Durante
gli anni 80-90, l’ecologia è stata dissociata dalle questioni legate
alla Difesa per confondersi con le problematiche economiche. In questa
seconda parte del suo studio sulla storia della retorica ambientale,
Thierry Meyssan analizza come le multinazionali hanno rovesciato la
situazione, passando da qualità di imputato a sponsor delle associazioni
verdi.
Questo articolo fa seguito a:

1982: Nairobi, il secondo « vertice della Terra » e la leadership di Margaret Thatcher
Progressivamente, il dibattito si sposta dal Programma delle Nazioni
Unite per l’Ambiente (PNUA) verso il Fondo delle Nazioni Unite per la
popolazione (UNFPA) dove darà luogo a delle opposizioni tra gli Stati
Uniti da una parte, la Santa Sede e l’Iran dall’altra, a proposito della
morale sessuale. In seno all’ambiente capitalista, i neo-malthusiani
perdono l’influenza a vantaggio dei sostenitori della
deregolamentazione. Il presidente Ronald Reagan tratta con disprezzo il
secondo « vertice della Terra » (Nairobi, 1982) che passa inosservato.
Non è prevista la convocazione di una nuova conferenza.
Secondo Jessica Mathews (WRI), i responsabili del Dopo l’insuccesso della conferenza di Nairobi, la Nazioni Unite degrado ambientale non sono il riducono le loro ambizioni e si accontentano di negoziare la capitalismo e le multinazionali.
Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montréal sul divieto dei Anzi, sono proprio le grandi imprese ed il mercato ad avere la soluzione.
Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montréal sul divieto dei Anzi, sono proprio le grandi imprese ed il mercato ad avere la soluzione.
I democratici statunitensi prendono le cose più seriamente. James Gus
Speth, ex consigliere Ambiente di Jimmy Carter, e Jessica Mathews (ex
assistente di Zbignew Brzezinski al Consiglio di Sicurezza Nazionale e
amministratrice della Rockfeller Foundation) fondano un think tank
ecologista destinato ad influenzare la Banca Mondiale, il World
Resources Institute. Finanziato da multinazionali, esso sarà il primo
organismo di questo tipo a stanziare dei grandi budget per lo studio
politico del clima. Pone in causa la capacità degli Stati a rispondere
alla sfide ambientali e preconizza un governo globale che, secondo tale
istituto, passa per il mercato e non per l’ONU. I trattati sono inutili.
Sta alle multinazionali portare avanti questi rapporti ed esse non lo
faranno che quando i loro azionisti vi troveranno un interesse.
Dopo l’insuccesso della conferenza di Nairobi, la Nazioni Unite riducono le loro ambizioni e si accontentano di negoziare la Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montréal sul divieto dei cluorofluorocarburi, responsabili del «buco dell’ozono».
Per Gro Harlem Bruntland (Commissione Mondiale sull’Ambiente e
lo Sviluppo) l’accesso alle risorse è tanto un problema ambientale
quanto una questione di giustizia sociale.
Per rilanciare il dibattito che gli sta sfuggendo, il segretario
generale dell’ONU, il peruviano Javier Pérez de Cuéllar, nomina una
Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, alla cui presidenza è
chiamato il ministro di Stato norvegese (vale a dire il primo ministro),
il dottor Gro Harlem Bruntland, ed al segretariato generale Jim
MacNeill. Quest’organismo, di cui Maurice Strong è membro, emette un
rapporto pessimista e ambiguo, Our Common Future [1].
Prende in considerazione le preoccupazioni del terzo mondo. In
quest’ottica, si evoca per la prima volta in un documento internazionale
la nozione di « sviluppo sostenuto » (ulteriormente tradotto in «
sviluppo sostenibile »). La crescita industriale non è il nemico del
genere umano, ma essa deve essere regolata in maniera tale da non
ipotecare i diritti delle generazioni future. Ciò sicuramente implica
che l’attività umana non deve distruggere il suo ambiente, ma anche che
essa non debba creare delle ineguaglianze tali che dei bambini nati in
un paese povero siano senza futuro: per i terzomondisti, gli Stati
devono legiferare per garantire l’accesso per tutti ai beni comuni,
mentre per i capitalisti, essi devono al contrario deregolare per
garantire l’accesso delle multinazionali.
Questa doppia lettura inquieta certi Stati sviluppati, ma due fattori li incitano ad impegnarsi nel seguito dei negoziati.
L’allarmista James Hansen riaddatta la teoria dell’effetto serra
alle esigenze odierne, permettendo al suo datore di lavoro, la NASA, di
svolgere un nuovo compito : l’osservazione satellitare del clima.
Nel 1986, la navetta Challenger si è disintegrata in volo, 73 secondi
dopo il suo decollo. Gli Stati Uniti decidono l’interruzione dei voli.
La NASA entra in una fase di introspezione e di riorganizzazione. Per
salvare il suo budget, pensa così di dedicarsi all’osservazione dei
cambiamenti climatici tramite satellite.
Il direttore dell’istituto di climatologia della NASA, James Hansen,
drammatizza il problema in occasione del suo intervento ad una
Commissione del Senato [2]. Grazie a lui, il movimento ecologista statunitense trova una garanzia scientifica e la NASA recupera il suo budget.
Hansen rilancia la teoria dell’« effetto serra »: la presenza
nell’atmosfera di certi gas, tra cui la CO2, aumenterebbe la temperatura
globale della superficie terrestre; un concetto formulato nel 1896 dal
fisico e chimico svedese Svante Arrhenius. Questo scienziato scientista
aveva espresso l’ipotesi che l’umanità potrebbe sfuggire ad una nuova
era glaciale grazie al calore delle sue fabbriche. La sua dimostrazione
si era rivelata improvvisata e l’idea era stata abbandonata. James
Hansen la riprende – senza verificarla – per trarne la conclusione
opposta: lo sviluppo industriale provocherà un riscaldamento climatico
dannoso all’umanità.
Margaret Thatcher s’impadronisce a sua volta della questione
climatica e s’impone rapidamente come la leader mondiale in materia. Nel
1987, Maumoon Abdul Gayoom, presidente della Maldive, si rivolge a
questo tema al vertice del Commonwealth a Vancouver. Il suo paese, dice,
scomparirà se il clima si riscalda e le acque salgono. Nel 1988, il
Canada e la Norvegia organizzano a Toronto una conferenza ministeriale
mondiale sul tema: « La nostra atmosfera cambia: implicazioni per la
sicurezza globale » [3],
per la prima volta, si trattano possibili spostamenti di popolazione e
vi si evocano precisi obiettivi di riduzione dei gas ad effetto serra.
I primi ministri canadese e britannico Brian Mulroney e Margaret
Thatcher convincono i loro partner del G7 (Stati Uniti, Francia,
Germania e Italia) a finanziare un Gruppo consulente intergovernativo
sul mutamento climatico (IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change
in inglese) sotto gli auspici del PNUA e dell’Organizzazione
Meteorologica Mondiale, che hanno già iniziato un programma di ricerca
comune [4]. Poco dopo, la Thatcher tiene un importante discorso alla Royal Society [5].
Afferma che i gas ad effetto serra, il buco dell’ozono e le piogge
acide esigono delle risposte intergovernamentali. Nel 1989, si rivolge
all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Suona l’allarme e chiama ad
una mobilitazione generale. Annuncia che il Regno Unito ha già preso una
serie d’iniziative per modernizzare la sua industria e che metterà a
disposizione dei ricercatori del mondo intero gli strumenti informatici
necessari allo studio del clima [6]. Di ritorno da Londra, ha creato l’Hadley Center for Climate Prediction and Research, che inaugura solennemente [7].
Sulla stessa linea, partecipa alla conferenza mondiale sul clima a
Ginevra dove applaude alla redazione di una Convenzione Mondiale [8].
L’IPCC assume pieno significato con l’Hadley Center. Lady Thatcher
non ha voluto creare un’accademia scientifica internazionale, ma un
organo politico, incaricato di inquadrare la ricerca; e questo tanto più
facilmente giacché gli scienziati che vi partecipano hanno bisogno del
Centro Hadley per proseguire i loro lavori. Il suo obiettivo non era
fabbricare una falsa scienza per appoggiare una linea politica, ma
orientare la ricerca fondamentale affinché essa diventi una ricerca
applicata, utile ad una da lei sperata nuova rivoluzione industriale.
Margaret Thatcher affronta la sfida climatica come una
opportunità per il Regno Unito di assumere il leadership della ricerca
scientifica mondiale e di avviare una nuova rivoluzione industriale
(qui, all’apertura del Centro Hadley, 25 maggio 1990).
La volontà di Lady Thatcher, ex ricercatrice in chimica organica, di
fondare la prosperità e l’influsso del suo paese sulla sua leadership
scientifica, è senza dubbio. Al contrario dei neo-malthusiani, ella
afferma che i progressi scientifici devono permettere di risolvere la
sfida climatica. Cita come esempio il modo in cui la città di Londra si è
liberata della fog, quella spessa nube formata dai fumi di fabbrica
portati al suolo dalla nebbia. Lontana dal condannare
l’industrializzazione, intende realizzare una nuova rivoluzione
industriale che porterà di nuovo il suo paese in testa all’economia
mondiale. Chiude le miniere di carbone, si appoggia sul petrolio del
mare del Nord e prepara il futuro col nucleare.
Questa grandiosa ambizione, che persegue nel più totale disprezzo
della classe operaia ed imponendo una marcia forzata alla classe
dirigente, si infrange sui dissensi del partito conservatore che si
ribella al suo autoritarismo e la costringe alle dimissioni.
1992: Rio, il terzo « vertice della Terra »ed il trionfo di Maurice Strong
Nel corso degli ultimi anni, Maurice Strong ha lasciato la funzione
pubblica canadese. È diventato miliardario. È stato nominato direttore
di Petro-Canada e ha accumulato un’impressionante fortuna personale. Col
mercante d’armi saudita Adnan Kashoggi, ha creato l’American Water
Development, una società che acquista la valle di Saint Louis per
sfruttare le riserve d’acqua del Colorado. Ma devono fare i conti con la
rabbia degli abitanti che temono di veder trasformata questa
verdeggiante regione in un deserto.
L’ ingresso della "Nave spaziale Terra" al Haidakhandi Universal
Ashram di Crestone. Maurice Strong installò nel Baca Ranch dei
santuari hindù, buddisti, sciamanici, ebrei e cristiani.
Subito Strong rinuncia. A suo dire, un saggio gli avrebbe rivelato le
proprietà mistiche di questo luogo sacro per gli indiani. Con sua
moglie Hanne, convinta di essere la reincarnazione di una pretessa
indiana, creano la Manitou Foundation, di cui lei è presidente e lui
tesoriere. Investono 1.2 milioni di dollari. Costruiscono al Baca Ranch
di Crestone, un vasto complesso di spiritualità new age dove si
frequentano templi indù e buddisti, templi ebraici e chiese cristiane,
sciamani ed altri stregoni, secondo un urbanesimo esoterico. Alte
personalità membri del serissimo Aspen Institute (Rockfeller, Kissinger,
etc…) vengono a meditarvi affinché tutte le religioni diventino
un’unica religione. Laurance Rockfeller (fratello di David) fa dono di
100 000 dollari. Anche questa strana avventura finisce rapidamente così
com’era cominciata, senza che si sia mai saputo se fosse il risultato di
un delirio collettivo o se facesse parte di un piano di comunicazione
per addolcire l’immagine di squali tenuta da Maurice Strong ed i suoi
amici.
In fondo, il Baca Ranch sarebbe servito da laboratorio per elaborare
la vulgata ecologista: un religione alla moda, fondata sul mito biblico
del diluvio, ricoperta da diverse impronte culturali, in particolare
buddiste. L’uomo peccatore ha ceduto alla tentazione industriale e deve
subire il castigo divino. A causa del riscaldamento climatico che egli
ha provocato, presto le acque ricopriranno la superficie della Terra.
Solo Noè l’ecologista sopravviverà al diluvio e con lui le piante e gli
animali che avrà salvato.
Secondo James Lovelock, il pianeta Terra si comporta come un essere vivente. Cioè Gaia, la grande Dea Madre.
Questa credenza si appoggia su una cosmogonia ispirata a dei lavori
del chimico James Lovelock (nominato Comandante dell’Impero Britannico
da Margaret Thathcer): la teoria Gaia. Lo scienziato inglese ha iniziato
a dimostrare che l’atmosfera terrestre è regolata dagli esseri che ci
vivono. Su questa base, già soggetta a vari dubbi, i creatori del Baca
Ranch affermano che il pianeta Terra si comporta come un organismo
vivente: è Gaia, la dea-madre della mitologia greca. Assurda quanto
possa sembrare, questa cosmogonia si è imposta nell’immaginario
contemporaneo. Così, « non si parla più di salvare l’umanità » dalla
degradazione del suo ambiente naturale, ma di « salvare il pianeta »,
sebbene nessuno contesti che questo astro morto ha qualche miliardo di
anni di esistenza davanti a lui.
Comunque sia, gli anglosassoni riescono a far eleggere Maurice Strong
alla presidenza della Federazione Mondiale delle Associazioni delle
Nazioni Unite (WFUNA). Questa posizione gli permette di gestire una
campagna affinché l’ONU organizzi un nuovo vertice della Terra. Quando
la decisione è presa, non trova difficoltà, visto il suo ruolo a
Stoccolma e il suo passaggio al PNUA, a vedersene affidare la segreteria
generale.
Per preparare il vertice di Rio, Maurice Strong si fa dare aiuto
prima da un consigliere speciale, il suo amico Jim MacNeill che era
stato il direttore Ambiente dell’OECD, poi dal redattore del rapporto
Brundtland. Così come Strong, MacNeill è membro della Commissione
Trilaterale che David Rockfeller ha creato con Zbignew Brzezninski. In
quest’ambito, egli redige il rapporto preparatorio della conferenza, Beyond Interdependence (Al di là dell’indipendenza) [9],
in cui Strong scrive la prefazione. L’idea principale che attraversa il
rapporto della Rockfeller Foundation prima della conferenza di
Stoccolma, il rapporto della commissione ONU dopo quella di Nairobi e
quello della Commissione Trilaterale prima quella di Rio è che non
bisogna opporre interessi economici e preoccupazioni ambientali
accusando le multinazionali di inquinare senza vergogna. Al contrario,
bisogna unire industriali e ambientalisti, potendo vedere l’ecologia
come un lucrativo business. Rimane da fare ingoiare questo boccone
all’opinione pubblica.
Maurice Strong favorisce le associazioni ecologiste invitandole a
presentare i loro suggerimenti per il vertice e trattandole con molto
riguardo. Contemporaneamente, accorda un posto strategico alle
multinazionali, nominando il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny
consigliere principale per la preparazione del vertice.
Riconosciuto come il più grande inquinatore da amianto a scala
mondiale, Stephan Schmidheiny dirige la WBCSD, il sindacato più
importante di multinazionali "verdi".
Schmidheiny raccoglie all’interno del World Business Council for
Sustainable Development (WBCSD) le principali multinazionali che temono
che il vertice sbocchi in un accusa alle loro pratiche. Propone loro di
gestire delle azioni di lobbying per prevenire tutte le norme che
intralcino le loro attività e per far avanzare la globalizzazione
economica sotto le spoglie dell’ecologia.
Schmidheiny, che viene celebrato a livello mondiale come un
filantropo ecologista, ha costruito la sua fortuna con la società di
materiali da costruzione Eternit. Posta sotto esame dal procuratore
generale di Torino, Raffaele Guarinello, sarà giudicata nel 2010. Essa
avrebbe scientemente contaminato la città di Casale dove si trovavano le
fabbriche, provocando la morte di 2900 persone e la contaminazione di
altre 3000.
Maurice Strong inaugurando, in qualità di Vice-Segretario
generale dell’ONU, la Chiesa di Scientologia a New York (25 settembre
2004).
Mentre Maurice Strong e i suoi amici preparano la conferenza,
numerosi scienziati manifestano il loro dissenso per la piega che hanno
preso le cose. Il giornalista francese Michel Salomon riunisce 3000
universitari e 72 nuovi soci del Premio Nobel attorno all’Appello di Heidelberg.
Facendo allusione ai santuari di Baca Ranch e alle teorie di Gaia, essi
denunciano «l’emergenza di un’ideologia irrazionale che si oppone al
progresso scientifico ed industriale e nuove allo sviluppo economico e
sociale». Osservando la mobilitazione del WBCSD, affermano «l’assoluta
necessità di aiutare i paesi poveri a raggiungere un livello di
sviluppo sostenibile e in armonia con quello del resto del pianeta, di
proteggerli dai fattori di degrado provenienti da nazioni sviluppate e
di evitare di rinchiuderli in una rete di obblighi irrealistici che
compromettano allo stesso tempo la loro indipendenza e la loro dignità
». Infine, concludono che « i più grandi mali che minacciano il nostro
pianeta sono l’ignoranza e l’oppressione e non la scienza, la tecnologia
e l’industria i cui strumenti, qualora gestiti in maniera adeguata,
sono mezzi indispensabili che permettono all’umanità di porre fine,
grazie a sé stessa e per sé stessa, a flagelli come la fame e la
sovrappopolazione».
Strong e Schmidheiny reclutano allora il gabinetto di relazioni
pubbliche Burson-Marsteller. La specialità del suo PdG, Harold Burson, è
di identificare i segmenti di popolazione che possono essere utilizzati
per una causa, di organizzarli in associazioni, e poi di utilizzarli
per difendere a loro insaputa gli interessi dei suoi clienti. Ha, per
esempio, creato delle associazioni di malati per facilitare l’accesso
alle medicine prodotte dai suoi clienti (al posto di combattere per
l’accesso ai medicinali più efficaci), o ancora delle associazioni di
fumatori per lottare contro le leggi antitabacco (invece di lottare per
delle sigarette non tossiche), etc…Trasformerà il vertice di Rio in una
gigantesca fiera associativa che darà un’apparente legittimità popolare a
delle decisioni prese a monte e in segreto da un sindacato di
multinazionali [10].
Questa tecnica di manipolazione è diventata classica. È stata riproposta in seguito per numerose conferenze internazionali.
Il Summit della Terra a Rio de Janeiro: l’ecologia è una necessità; l’ecologia è un mercato.
172 delegazioni,
compreso un centinaio di capi di Stato e di governo, partecipano al
vertice di Rio (dal 3 al 4 giugno 1992). Vengono adottati numerosi
documenti in un’atmosfera di festa. La Dichiarazione di Rio [11]
enuncia 27 principi, tra cui quello della precauzione: « l’assenza di
assoluta certezza scientifica non deve servire da pretesto per rimandare
a più tardi l’adozione di misure effettive miranti a prevenire il
degrado dell’ambiente » [12].
La Dichiarazione è frutto di una vera negoziazione tra Stati. Afferma
il diritto delle generazioni future allo sviluppo sostenibile, cosa che
implica non solo che la crescita economica non deve realizzarsi a
scapito dell’ambiente, ma anche che non deve perpetuare le ineguaglianze
Nord-Sud. Nel diritto internazionale, l’ambiente diviene una questione
di giustizia sociale.
Per l’applicazione di questi principi, gli Stati membri vengono rinviati ad un altro documento, Action 21 [13].
È un programma dettagliato che esplicita la relazione tra sviluppo ed
ambiente, elencando i principali problemi ambientali, precisando i
gruppi e le istituzioni da mobilitare, e moltiplicando le buone
intenzioni. Ma questo secondo documento è stato svuotato dei riferimenti
a delle situazioni conflittuali. Gli Stati Uniti e Israele hanno in
particolare ottenuto la cancellazione di tutte le citazioni ai diritti
dei « popoli sottomessi all’oppressione, alla dominazione e
all’occupazione ». Soprattutto, la guerra non appare più come il fattore
primo dei danni allo sviluppo e all’ambiente. È il trionfo di Maurice
Strong e dell’ecologia-fantoccio. Le multinazionali possono continuare a
depredare il pianeta a patto che restino pulite nei paesi sviluppati.
Il Pentagono, che ha appena devastato un prima volta l’Iraq, può
continuare le sue distruzioni senza scrupoli: essi non contano.
Traduzione di Matteo Sardini (Eurasia Rivista)
[1] Francese: Notre avenir à tous. Inglese: Our Common Future. Spagnolo: Nuestro Futuro Común.
[2] Greenhouse Effect and Global Climate Change, discorso di James Hansen per la Commissione Senatoriale dell’Energie e delle Risorse Naturali, 23 giugno 1988.
[3] « Our Changing Atmosphere : Implications for Global Security ».
[4] Déclaration économique, G7, Toronto, §33.
[5] Speech to the Royal Society, di Margaret Thatcher, 27 settembre 1988.
[6] Speech to United Nations General Assembly (Global Environment) di Margaret Thatcher, 8 novembre 1989.
[7] Speech opening Hadley Centre for Climate Prediction and Research, di Margaret Thatcher, 25 maggio 1990.
[8] Speech at 2nd World Climate Conference, di Margaret Thatcher, 6 novembre 1990.
[9] Beyond Interdependence : The Meshing of the World’s Economy and the Earth’s Ecology, di Jim MacNeill, Pieter Winsemius e Taizo Yakushiji, Oxford Paperbacks, febbraio 1992.
[10] « Burson-Marsteller, Pax trilateral and the Bruntland Gang versus the Environment » di Joyce Nelson, e « Poisoning the Grassroots » di John Dillon, Covert Action Quaterly, primavera 1993.
[11] Testo integrale della Déclaration de Rio.
[12] Il principio di precauzione, come è stato formulato dalla Dichiarazione di Rio o dalla Carta francese dell’ambiente, mira a accrescere la base giuridica dell’azione politica in favore dell’ambiente, di fronte alle perizie scientifiche fornite dalle multinazionali. È stato in seguito spesso rovesciato per giustificare una forma di passività politica in qualunque ambito di attività.
[13] Testo intergrale di Action 21.
[2] Greenhouse Effect and Global Climate Change, discorso di James Hansen per la Commissione Senatoriale dell’Energie e delle Risorse Naturali, 23 giugno 1988.
[3] « Our Changing Atmosphere : Implications for Global Security ».
[4] Déclaration économique, G7, Toronto, §33.
[5] Speech to the Royal Society, di Margaret Thatcher, 27 settembre 1988.
[6] Speech to United Nations General Assembly (Global Environment) di Margaret Thatcher, 8 novembre 1989.
[7] Speech opening Hadley Centre for Climate Prediction and Research, di Margaret Thatcher, 25 maggio 1990.
[8] Speech at 2nd World Climate Conference, di Margaret Thatcher, 6 novembre 1990.
[9] Beyond Interdependence : The Meshing of the World’s Economy and the Earth’s Ecology, di Jim MacNeill, Pieter Winsemius e Taizo Yakushiji, Oxford Paperbacks, febbraio 1992.
[10] « Burson-Marsteller, Pax trilateral and the Bruntland Gang versus the Environment » di Joyce Nelson, e « Poisoning the Grassroots » di John Dillon, Covert Action Quaterly, primavera 1993.
[11] Testo integrale della Déclaration de Rio.
[12] Il principio di precauzione, come è stato formulato dalla Dichiarazione di Rio o dalla Carta francese dell’ambiente, mira a accrescere la base giuridica dell’azione politica in favore dell’ambiente, di fronte alle perizie scientifiche fornite dalle multinazionali. È stato in seguito spesso rovesciato per giustificare una forma di passività politica in qualunque ambito di attività.
[13] Testo intergrale di Action 21.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.