Nella più famosa
cattedrale francese trovano sede numerosi simbolismi alchemici dai
misteriosi significati mistici, religiosi, filosofici e astrologici...
La cattedrale di Notre-Dame di Parigi è senza dubbio l'esempio perfetto di chiesa filosofale o, come disse Victor Hugo, «un geroglifico completo, la sintesi più soddisfacente della scienza ermetica.»
Fulcanelli apre la sua opera Il mistero delle cattedrali con queste parole: «La
più forte impressione della nostra prima giovinezza fu l'emozione che
provocò nel nostro animo di bambino la vista di una cattedrale. Ne fummo
subito sopraffatti, incapaci di sottrarci al fascino del meraviglioso,
alla magia dello splendido, che sprigionava quest'opera più divina che
umana.»
Non è un caso se il più grande alchimista del XX secolo abbia scelto le grandi espressioni dell'architettura gotica per tramandare la sua arte. Secondo alcuni linguisti il termine "gotico" deriverebbe dalla parola argot, un «linguaggio caratteristico di tutti quegli individui interessati a comunicare segreti senza essere compresi da coloro che li circondano» e cosa meglio dell'edificio sacro, trait d'union tra l'immanente e il trascendente, può essere depositario di tali misteri?
G.J. Witkowski scrive: «le cattedrali, per l'abbondante fioritura dei loro ornamenti e per la varietà dei soggetti e delle scene che le adornano, appaiono come enciclopedie complete e varie di tutte le conoscenze. Questo popolo di chimere irsute, di grotteschi, di doccioni minacciosi, è il guardiano secolare del patrimonio ancestrale.» (cit. L'Art profane à l'eglise, 1908)
Sembrerebbe riferirsi proprio a Notre-Dame.
Non è un caso se il più grande alchimista del XX secolo abbia scelto le grandi espressioni dell'architettura gotica per tramandare la sua arte. Secondo alcuni linguisti il termine "gotico" deriverebbe dalla parola argot, un «linguaggio caratteristico di tutti quegli individui interessati a comunicare segreti senza essere compresi da coloro che li circondano» e cosa meglio dell'edificio sacro, trait d'union tra l'immanente e il trascendente, può essere depositario di tali misteri?
G.J. Witkowski scrive: «le cattedrali, per l'abbondante fioritura dei loro ornamenti e per la varietà dei soggetti e delle scene che le adornano, appaiono come enciclopedie complete e varie di tutte le conoscenze. Questo popolo di chimere irsute, di grotteschi, di doccioni minacciosi, è il guardiano secolare del patrimonio ancestrale.» (cit. L'Art profane à l'eglise, 1908)
Sembrerebbe riferirsi proprio a Notre-Dame.
Cattedrale di Notre-Dame: il glifo di pietra
Se consideriamo la cattedrale un libro è necessario iniziare dal titolo che capeggia sulla copertina.
Vista nel suo insieme la facciata occidentale, affiancata dalle torri campanarie gemelle, ci mostra l'immagine della lettera H.
Questo carattere corrisponde alla eta (Η, η) greca, iniziale del dio solare Helios e all'ebraica hêt (ח) del nome di Elia. Comune a entrambi i personaggi è il simbolo del carro di luce e fuoco, la Merkabah dei cabalisti, veicolo divino che permette l'ascensione al cielo.
E cos'è il tempio terreno se non la base dalla quale l'uomo intraprende il cammino di elevazione?
Nell'alfabeto ebraicola hêt è composta graficamente dall'unione di altre due lettere, una wâw e una zaîn, unite da un piccolo ponte. La prima allude al collegamento tra terra e cielo mentre la seconda simboleggia la sovranità divina sul mondo fenomenico.
A questo proposito Fabre d'Olivet scrive: «è il portone dal quale si accede all'infinito, ma anche il simbolo del segno del Cancro, governato dalla Luna, la quale rappresenta il mondo interiore e il rapporto affettivo con la madre». È infatti l'iniziale della parola hayìm (vita) e di Havvà (Eva).
Questa particolare architettura, prima del suo genere, verrà ripresa da altre chiese costruite a partire dal XIII secolo e tutte dedicate al culto mariano.
Vista nel suo insieme la facciata occidentale, affiancata dalle torri campanarie gemelle, ci mostra l'immagine della lettera H.
Questo carattere corrisponde alla eta (Η, η) greca, iniziale del dio solare Helios e all'ebraica hêt (ח) del nome di Elia. Comune a entrambi i personaggi è il simbolo del carro di luce e fuoco, la Merkabah dei cabalisti, veicolo divino che permette l'ascensione al cielo.
E cos'è il tempio terreno se non la base dalla quale l'uomo intraprende il cammino di elevazione?
Nell'alfabeto ebraicola hêt è composta graficamente dall'unione di altre due lettere, una wâw e una zaîn, unite da un piccolo ponte. La prima allude al collegamento tra terra e cielo mentre la seconda simboleggia la sovranità divina sul mondo fenomenico.
A questo proposito Fabre d'Olivet scrive: «è il portone dal quale si accede all'infinito, ma anche il simbolo del segno del Cancro, governato dalla Luna, la quale rappresenta il mondo interiore e il rapporto affettivo con la madre». È infatti l'iniziale della parola hayìm (vita) e di Havvà (Eva).
Questa particolare architettura, prima del suo genere, verrà ripresa da altre chiese costruite a partire dal XIII secolo e tutte dedicate al culto mariano.
foto: la facciata della cattedrale di Notre-Dame a Parigi. |
Cattedrale di Notre-Dame: il portale del Giudizio Universale
Costruito tra il 1220 e il 1230, è il portale di centro della facciata occidentale.
Gravemente danneggiato nel 1771 ha subito negli anni numerosi restauri e ricostruzioni che lo hanno privato di gran parte dei simboli originari.
Sul pilastro centrale sono presenti le allegorie delle scienze medioevali, tra cui l'alchimia che detiene in posto d'onore, di fronte al sagrato. Viene raffigurata come una donna assisa su un trono, la fronte alzata verso il cielo, recante uno scettro nella mano sinistra (sovranità) e due libri nella destra, uno chiuso (esoterismo), l'altro aperto (essoterismo). Tra le sue ginocchia è stretta una scala di nove gradini che termina all'altezza del cuore: è la scala philosophorum che conduce attraverso gli stadi di trasformazione.
«La pazienza è la scala dei filosofi e l'umiltà è la porta del loro giardino. A chiunque persevera senza orgoglio e senza invidia, Dio farà misericordia.» (cit. Oeuvres de Nicolas Grosparmy et Nicolas Valois) L'intera cattedrale è dunque fondata sulla dottrina alchemica che opera sulla materia-mater elementare. La Vergine Madre diventa quindi personificazione della sostanza primitiva attraverso la quale il Principio Creatore ha operato il suo disegno.
Proseguendo nell'osservazione della porta centrale, al di fuori delle strombature, troviamo quattro bassorilievi. Il primo rappresenta il sacrificio di Abramo, l'altro Giobbe sul letamaio, il terzo San Cristoforo che attraversa un torrente e l'ultimo un uomo su una torre, intento a scagliare frecce verso il sole. Qualcuno ha voluto vedere in quest'ultima figura Nimrod, il mitico costruttore della Torre di Babele, che dopo aver combattuto gli uomini si appresta a sfidare Dio.
Per gli ermetisti queste figure incarnano la ricerca della Pietra Filosofale dove Abramo è emblema dell'obbedienza, Giobbe del dolore, San Cristoforo della carità e Nimrod del desiderio di potenza, grande avversario dei praticanti l'Arte.
Il registro inferiore del timpano è ornato con la rappresentazione del Giudizio Universale, dal quale il portale prende il nome.
Nel cielo della valle di Giosafat un angelo suona la tromba, le tombe si aprono e i morti risorgono dai sepolcri. Una scena molto simile a quella riportata nella XX lama dei tarocchi, chiamata appunto Il Giudizio. Oswald Wirth, attento studioso del simbolismo delle carte, ha voluto vedere in questa scena l'allegoria del risveglio iniziatico che porta a nuova vita.
«L'iniziato muore, non per disertare il campo di battaglia, ma per poter contribuire più efficacemente alla lotta a favore del bene. Se fugge la mischia brutale per librarsi in alto, lo fa per dirigere con sicurezza quello che rischierebbero di combattere alla cieca. La materia non va trattata come una nemica che bisogna distruggere, bensì come una sostanza da utilizzare: essa imprigiona lo spirito, non per trattenerlo indefinitamente, ma per costringerlo allo sforzo liberatore.»
Risalendo verso la sommità dell'arco il bassorilievo mostra San Michele e Satana pesare le anime su una bilancia e compiere la ripartizione. Ai lati, dieci dannati vengono trascinati da diavoli cornuti mentre all'opposto si schierano altrettanti santi.
È bene sapere che nella tradizione giudaica il simbolismo della pesata è presente fin dall'antichità, probabilmente importato dalla cattività egiziana.
«Mi pesi Dio con bilance di giustizia e conoscerà la mia integrità.» (cit. Gb 31, 6-7)
Il bene indica ciò che è allineato sia all'esterno che all'interno. Nel pensiero ebraico i demoni sembrano essere impotenti di fronte all'equilibrio.
Allora perché il Demonio non solo partecipa, ma sembra anzi falsare il risultato operando su uno dei piatti?
La risposta è di nuovo da ricercarsi nel linguaggio alchemico.
La bilancia del filosofo ermetico non è un semplice strumento di operatività esteriore ma serve a equilibrare i pesi dell'arte con il peso della natura, l'insieme dei nostri elementi esteriori con l'unità interiore. In quest'ottica le due figure diventano allegorie delle forze creative (Satana), che operano direttamente sulla materia volgare, e evolutive (San Michele), che la elevano sublimandola a elemento perfetto: il rebis filosofale.
Nella lama VIII del tarocco marsigliese restaurato da Camoin, la Giustizia viene raffigurata nell'atto di mantenere in equilibrio forzato i piatti della bilancia.
Alejandro Jodorowsky, dando voce alla carta, le fa pronunciare queste parole: «Là dove lo spirito ha le stesse dimensioni della materia, là dove non si sa se la densità sia all'origine dell'etere, là dove l'etere genera la densità, là, in un equilibrio eterno e infinito, ci sono io. Quando appaio nel corpo di una donna, questa diventa una vera Madre. Mi colloco nell'incrocio fulgido e monumentale in cui l'oceano della materia entra in contatto con l'anima impalpabile.»
Gravemente danneggiato nel 1771 ha subito negli anni numerosi restauri e ricostruzioni che lo hanno privato di gran parte dei simboli originari.
Sul pilastro centrale sono presenti le allegorie delle scienze medioevali, tra cui l'alchimia che detiene in posto d'onore, di fronte al sagrato. Viene raffigurata come una donna assisa su un trono, la fronte alzata verso il cielo, recante uno scettro nella mano sinistra (sovranità) e due libri nella destra, uno chiuso (esoterismo), l'altro aperto (essoterismo). Tra le sue ginocchia è stretta una scala di nove gradini che termina all'altezza del cuore: è la scala philosophorum che conduce attraverso gli stadi di trasformazione.
«La pazienza è la scala dei filosofi e l'umiltà è la porta del loro giardino. A chiunque persevera senza orgoglio e senza invidia, Dio farà misericordia.» (cit. Oeuvres de Nicolas Grosparmy et Nicolas Valois) L'intera cattedrale è dunque fondata sulla dottrina alchemica che opera sulla materia-mater elementare. La Vergine Madre diventa quindi personificazione della sostanza primitiva attraverso la quale il Principio Creatore ha operato il suo disegno.
Proseguendo nell'osservazione della porta centrale, al di fuori delle strombature, troviamo quattro bassorilievi. Il primo rappresenta il sacrificio di Abramo, l'altro Giobbe sul letamaio, il terzo San Cristoforo che attraversa un torrente e l'ultimo un uomo su una torre, intento a scagliare frecce verso il sole. Qualcuno ha voluto vedere in quest'ultima figura Nimrod, il mitico costruttore della Torre di Babele, che dopo aver combattuto gli uomini si appresta a sfidare Dio.
Per gli ermetisti queste figure incarnano la ricerca della Pietra Filosofale dove Abramo è emblema dell'obbedienza, Giobbe del dolore, San Cristoforo della carità e Nimrod del desiderio di potenza, grande avversario dei praticanti l'Arte.
Il registro inferiore del timpano è ornato con la rappresentazione del Giudizio Universale, dal quale il portale prende il nome.
Nel cielo della valle di Giosafat un angelo suona la tromba, le tombe si aprono e i morti risorgono dai sepolcri. Una scena molto simile a quella riportata nella XX lama dei tarocchi, chiamata appunto Il Giudizio. Oswald Wirth, attento studioso del simbolismo delle carte, ha voluto vedere in questa scena l'allegoria del risveglio iniziatico che porta a nuova vita.
«L'iniziato muore, non per disertare il campo di battaglia, ma per poter contribuire più efficacemente alla lotta a favore del bene. Se fugge la mischia brutale per librarsi in alto, lo fa per dirigere con sicurezza quello che rischierebbero di combattere alla cieca. La materia non va trattata come una nemica che bisogna distruggere, bensì come una sostanza da utilizzare: essa imprigiona lo spirito, non per trattenerlo indefinitamente, ma per costringerlo allo sforzo liberatore.»
Risalendo verso la sommità dell'arco il bassorilievo mostra San Michele e Satana pesare le anime su una bilancia e compiere la ripartizione. Ai lati, dieci dannati vengono trascinati da diavoli cornuti mentre all'opposto si schierano altrettanti santi.
È bene sapere che nella tradizione giudaica il simbolismo della pesata è presente fin dall'antichità, probabilmente importato dalla cattività egiziana.
«Mi pesi Dio con bilance di giustizia e conoscerà la mia integrità.» (cit. Gb 31, 6-7)
Il bene indica ciò che è allineato sia all'esterno che all'interno. Nel pensiero ebraico i demoni sembrano essere impotenti di fronte all'equilibrio.
Allora perché il Demonio non solo partecipa, ma sembra anzi falsare il risultato operando su uno dei piatti?
La risposta è di nuovo da ricercarsi nel linguaggio alchemico.
La bilancia del filosofo ermetico non è un semplice strumento di operatività esteriore ma serve a equilibrare i pesi dell'arte con il peso della natura, l'insieme dei nostri elementi esteriori con l'unità interiore. In quest'ottica le due figure diventano allegorie delle forze creative (Satana), che operano direttamente sulla materia volgare, e evolutive (San Michele), che la elevano sublimandola a elemento perfetto: il rebis filosofale.
Nella lama VIII del tarocco marsigliese restaurato da Camoin, la Giustizia viene raffigurata nell'atto di mantenere in equilibrio forzato i piatti della bilancia.
Alejandro Jodorowsky, dando voce alla carta, le fa pronunciare queste parole: «Là dove lo spirito ha le stesse dimensioni della materia, là dove non si sa se la densità sia all'origine dell'etere, là dove l'etere genera la densità, là, in un equilibrio eterno e infinito, ci sono io. Quando appaio nel corpo di una donna, questa diventa una vera Madre. Mi colloco nell'incrocio fulgido e monumentale in cui l'oceano della materia entra in contatto con l'anima impalpabile.»
La grandiosità simbolica del Portale del Giudizio Universale trova il
suo apice nei ventiquattro bassorilievi posti ai lati dei battenti.
Nelle due file superiori, dodici personaggi mostrano uno scudo concavo
recante un motivo allegorico. Sotto ciascuno di loro si susseguono varie
allegorie senza un nesso apparente.
Di certo non è un caso che proprio davanti a essi si riunissero settimanalmente, nel giorno di Saturno, gli alchimisti parigini.
Ma, per meglio comprendere il cammino indicato da questi emblemi di pietra, è bene esaminarli singolarmente.
Di certo non è un caso che proprio davanti a essi si riunissero settimanalmente, nel giorno di Saturno, gli alchimisti parigini.
Ma, per meglio comprendere il cammino indicato da questi emblemi di pietra, è bene esaminarli singolarmente.
Giudizio Universale a Notre-Dame: fila superiore
1°- Una donna mostra un corvo al centro del suo scudo. Questo rappresenta lo stadio della putrefazione e la prima apparizione della Nigredo, chiamata appunto "testa di corvo".
2°- Il personaggio reca sullo scudo l'immagine del Caduceo di Ermete, raffigurazione del Mercurio. È da notare come attorno alla verga sia presente un solo serpente.
3°- Il terzo soggetto porta sullo scudo una salamandra avvolta dalle fiamme. Si tratta dello Zolfo, idealmente il serpente mancante che rende completo il simbolo precedente.
4°- Lo scudo del quarto uomo ha impresso al centro una testa di ariete. Questo animale solare indica non solo i giorni fasti per le varie operazioni ma anche, e soprattutto, il fuoco segreto che in questo stadio penetra la Materia Prima.
5°- Sul quinto scudo appare uno stendardo dalla triplice punta, richiamo delle tre fasi dell'opera. Rappresenta l'evoluzione del lavoro alchemico.
6°- L'ultimo soggetto della fila porta impresse sullo scudo una croce dalle braccia disuguali e una ruota dentata. I quattro elementi sono in opera all'interno del crogiolo.
7°- Un cavaliere corazzato e armato di spada reca sullo scudo un leone ruggente. All'inizio di questa seconda serie la Nigredo è divenuta Albedo. La figura del leone può essere ricondotta all'Alkaest, il Leone Verde, l'agente magnetico alla base del fermento filosofico della sua successiva trasformazione in oro ermetico, il Leone Rosso.
Basilio Valentino a questo proposito cita, nelle Dodici Chiavi:
«Dissolvi e nutri il vero Leone con il sangue del suo fratello. Perché il sangue fisso del Leone Rosso è fatto col sangue volatile del Leone Verde, poiché sono entrambi della stessa natura.»
8°- Una donna velata ci presenta sul suo scudo una leonessa. In relazione al simbolo precedente l'animale può essere inteso come esistenza dei due mercuri, quello principe e quello filosofico o, più semplicemente, come emblema delle nozze alchemiche degli antichi autori.
9°- Qui appare la figura del grifone, essere dalla duplice natura. L'Opera è giunta alla congiunzione, alla fissazione del mercurio e alla sua mutazione in zolfo fisso.
10°- Quest'immagine raffigura una donna nell'atto di contemplare un oggetto. Tuttavia la scultura è troppo danneggiata per poterne intuire la natura.
11°- Sullo scudo del personaggio capeggia un drago serpentiforme. L'uomo tenta di strangolare la bestia con la mano destra. Il mostro altro non è che il custode del giardino delle Esperidi, l'ultimo ostacolo al completamento dell'Opera.
12°- L'ultima figura porta impresso sullo scudo un pentagono, immagine dell'athanor, il crogiolo ermetico. Nella mano destra tiene in mano la pietra filosofale, finalmente completa.
2°- Il personaggio reca sullo scudo l'immagine del Caduceo di Ermete, raffigurazione del Mercurio. È da notare come attorno alla verga sia presente un solo serpente.
3°- Il terzo soggetto porta sullo scudo una salamandra avvolta dalle fiamme. Si tratta dello Zolfo, idealmente il serpente mancante che rende completo il simbolo precedente.
4°- Lo scudo del quarto uomo ha impresso al centro una testa di ariete. Questo animale solare indica non solo i giorni fasti per le varie operazioni ma anche, e soprattutto, il fuoco segreto che in questo stadio penetra la Materia Prima.
5°- Sul quinto scudo appare uno stendardo dalla triplice punta, richiamo delle tre fasi dell'opera. Rappresenta l'evoluzione del lavoro alchemico.
6°- L'ultimo soggetto della fila porta impresse sullo scudo una croce dalle braccia disuguali e una ruota dentata. I quattro elementi sono in opera all'interno del crogiolo.
7°- Un cavaliere corazzato e armato di spada reca sullo scudo un leone ruggente. All'inizio di questa seconda serie la Nigredo è divenuta Albedo. La figura del leone può essere ricondotta all'Alkaest, il Leone Verde, l'agente magnetico alla base del fermento filosofico della sua successiva trasformazione in oro ermetico, il Leone Rosso.
Basilio Valentino a questo proposito cita, nelle Dodici Chiavi:
«Dissolvi e nutri il vero Leone con il sangue del suo fratello. Perché il sangue fisso del Leone Rosso è fatto col sangue volatile del Leone Verde, poiché sono entrambi della stessa natura.»
8°- Una donna velata ci presenta sul suo scudo una leonessa. In relazione al simbolo precedente l'animale può essere inteso come esistenza dei due mercuri, quello principe e quello filosofico o, più semplicemente, come emblema delle nozze alchemiche degli antichi autori.
9°- Qui appare la figura del grifone, essere dalla duplice natura. L'Opera è giunta alla congiunzione, alla fissazione del mercurio e alla sua mutazione in zolfo fisso.
10°- Quest'immagine raffigura una donna nell'atto di contemplare un oggetto. Tuttavia la scultura è troppo danneggiata per poterne intuire la natura.
11°- Sullo scudo del personaggio capeggia un drago serpentiforme. L'uomo tenta di strangolare la bestia con la mano destra. Il mostro altro non è che il custode del giardino delle Esperidi, l'ultimo ostacolo al completamento dell'Opera.
12°- L'ultima figura porta impresso sullo scudo un pentagono, immagine dell'athanor, il crogiolo ermetico. Nella mano destra tiene in mano la pietra filosofale, finalmente completa.
foto: Un dettaglio del portale del Giudizio Universale della cattedrale di Notre-Dame. |
Giudizio Universale a Notre-Dame: fila inferiore
1°- Un cavallo impennato disarciona il suo cavaliere. Rappresenta la coobazione.
2°- Un vecchio (l'iniziatore) mostra il Corno di Amaltea e lo Specchio dell'Arte, emblemi dell'acquisita realizzazione.
3°- Un uomo ricurvo regge in mano una bilancia. È il simbolo della sublimazione.
4°- Un anziano si appoggia stancamente a una pietra cubica, le mani inserite in un manicotto. L'alchimista è sempre un vegliardo. In francese il gioco di parole vieillard (vegliardo) - vieil art (vecchia arte) è spesso usato dagli autori del tempo.
Il manicotto è una notazione temporale a indicare il periodo invernale, al cui solstizio le vergini delle tradizioni solari partoriscono, così come il filosofo genera la pietra che contiene il fuoco segreto.
5°- Un uomo si inchina in una sorta di danza. Alcuni occultisti hanno voluto vedere in questo personaggio Davide in adorazione dell'Arca dell'Alleanza.
6°- Un uomo rimane a mani giunte di fronte a uno specchio in cui si riflette un volto femminile. L'artigiano dell'Opera è giunto a comprendere la natura della materia prima.
7°- Un cavaliere lascia cadere la propria spada e un albero carico di frutti, mentre è inseguito da un lupo.
Basilio Valentino vede nel Lupo Grigio, che diverrà poi verde, il fuoco divorante pronto ad assalire il ricercatore incauto che si avvicina ai misteri con la semplice chimica.
8°- Questo bassorilievo è talmente usurato da risultare indecifrabile.
9°- Una figura maschile si prostra di fronte a una donna coronata che lo atterra con un calcio. Rappresenta la separazione dei principi grossolani da quelli sublimi.
10°- Due figure avvinte sembrano lottare tra loro . È la soluzione tra elementi di natura differente.
11°- Un giovane si allontana da un vecchio appoggiato a un bastone. Il procedimento è simile a quello della nona figura.
«Separa il sottile dallo spesso, dolcemente, con grande laboriosità.» (cit. Azoth, Basilio Valentino)
12°- Un personaggio si avvicina alla soglia di un edificio e abbandona un sacco mezzo pieno.
Il maestro d'Opera, giunto al termine del cammino, può accedere infine al santuario della sapienza, spogliato dai metalli vili del mondo profano.
2°- Un vecchio (l'iniziatore) mostra il Corno di Amaltea e lo Specchio dell'Arte, emblemi dell'acquisita realizzazione.
3°- Un uomo ricurvo regge in mano una bilancia. È il simbolo della sublimazione.
4°- Un anziano si appoggia stancamente a una pietra cubica, le mani inserite in un manicotto. L'alchimista è sempre un vegliardo. In francese il gioco di parole vieillard (vegliardo) - vieil art (vecchia arte) è spesso usato dagli autori del tempo.
Il manicotto è una notazione temporale a indicare il periodo invernale, al cui solstizio le vergini delle tradizioni solari partoriscono, così come il filosofo genera la pietra che contiene il fuoco segreto.
5°- Un uomo si inchina in una sorta di danza. Alcuni occultisti hanno voluto vedere in questo personaggio Davide in adorazione dell'Arca dell'Alleanza.
6°- Un uomo rimane a mani giunte di fronte a uno specchio in cui si riflette un volto femminile. L'artigiano dell'Opera è giunto a comprendere la natura della materia prima.
7°- Un cavaliere lascia cadere la propria spada e un albero carico di frutti, mentre è inseguito da un lupo.
Basilio Valentino vede nel Lupo Grigio, che diverrà poi verde, il fuoco divorante pronto ad assalire il ricercatore incauto che si avvicina ai misteri con la semplice chimica.
8°- Questo bassorilievo è talmente usurato da risultare indecifrabile.
9°- Una figura maschile si prostra di fronte a una donna coronata che lo atterra con un calcio. Rappresenta la separazione dei principi grossolani da quelli sublimi.
10°- Due figure avvinte sembrano lottare tra loro . È la soluzione tra elementi di natura differente.
11°- Un giovane si allontana da un vecchio appoggiato a un bastone. Il procedimento è simile a quello della nona figura.
«Separa il sottile dallo spesso, dolcemente, con grande laboriosità.» (cit. Azoth, Basilio Valentino)
12°- Un personaggio si avvicina alla soglia di un edificio e abbandona un sacco mezzo pieno.
Il maestro d'Opera, giunto al termine del cammino, può accedere infine al santuario della sapienza, spogliato dai metalli vili del mondo profano.
Cattedrale di Notre-Dame: il portale della Vergine
Costruito tra il 1210 e il 1220, questo portale è il più celebre della catterale.
Gran parte delle statue che lo ornano sono un'aggiunta posteriore secondo i disegni di Viollet le Duc, nel XIX secolo, e quindi del tutto trascurabili.
Se il precedente Portale del Giudizio Universale era dedicato all'alchimia pura, quello della Vergine è orientato al simbolismo astrologico.
Gran parte delle statue che lo ornano sono un'aggiunta posteriore secondo i disegni di Viollet le Duc, nel XIX secolo, e quindi del tutto trascurabili.
Se il precedente Portale del Giudizio Universale era dedicato all'alchimia pura, quello della Vergine è orientato al simbolismo astrologico.
Il portale della Vergine della cattedrale di Notre-Dame a Parigi. |
Sulla cornice di mezzo, al centro del timpano, è scolpito un episodio
della vita del Cristo, presumibilmente la resurrezione di Lazzaro.
Sul sarcofago sette cerchi raffigurano i sette metalli planetari.
«Il Sole indica l'oro, l'argento vivo Mercurio. Ciò che Saturno è per il piombo, è Venere per il rame. La Luna dell'argento, Giove dello stagno e Marte del ferro sono figura.» (cit. La cabale inttellective, manoscritto A. 72, Bibliothèque de l'Arsenal)
Abbassando lo sguardo verso la parte sinistra del basamento troveremo cinque nicchie, ornate con delle curiose figure.
Il cane e le due colombe, animali citati da Artefio e Filalete, raffiguranti rispettivamente la separazione del composto in forma di polvere nera e la spiritualizzazione e sublimazione del mercurio filosofale.
A seguire abbiamo l'agnello, l'edulcorazione del principio arsenicale dalla materia e l'uomo voltato, il solve et coagula che insegna a realizzare la conversione degli elementi.
Sulla facciata esterna dei pilastri che sostengono l'architrave sono rappresentati i segni dello zodiaco.
Possiamo notare come la successione astrologica sia qui falsata: ai Gemelli infatti segue il Leone, che scalza il Cancro sul pilastro opposto. Agli occhi dell'alchimista esperto questa scelta appare come chiaro riferimento alla congiunzione del fermento filosofico (Leone) con il composto mercuriale che deve avvenire, appunto, nel quarto mese dell'Opera.
Sotto il portico un piccolo decoro quadrangolare mostra un cielo stellato nel quale un angelo sembra malmenare un bambino che fuoriesce da una giara.
È un'ottima sintesi della condensazione dello Spirito Universale, il bagno degli astri in cui il Sole e la Luna chimici si immergono per cambiare natura.
Nicolas Flamel ha più volte trattato l'argomento relazionandolo proprio all'episodio biblico del massacro degli innocenti.
Lo Spirito Universale, condensato nella forma materiale dello Zolfo, è alla base di tutte le tinture metalliche. Per estrarne l'essenza, il sangue rosso dei bambini, è necessaria tuttavia la sua decomposizione. Successivamente la sostanza sublime, trasfusa in un corpo puro, darà origine a una nuova materia, più splendente di quella originaria, così come dalla mattanza degli infanti galilei emerse la figura del Cristo.
Sul sarcofago sette cerchi raffigurano i sette metalli planetari.
«Il Sole indica l'oro, l'argento vivo Mercurio. Ciò che Saturno è per il piombo, è Venere per il rame. La Luna dell'argento, Giove dello stagno e Marte del ferro sono figura.» (cit. La cabale inttellective, manoscritto A. 72, Bibliothèque de l'Arsenal)
Abbassando lo sguardo verso la parte sinistra del basamento troveremo cinque nicchie, ornate con delle curiose figure.
Il cane e le due colombe, animali citati da Artefio e Filalete, raffiguranti rispettivamente la separazione del composto in forma di polvere nera e la spiritualizzazione e sublimazione del mercurio filosofale.
A seguire abbiamo l'agnello, l'edulcorazione del principio arsenicale dalla materia e l'uomo voltato, il solve et coagula che insegna a realizzare la conversione degli elementi.
Sulla facciata esterna dei pilastri che sostengono l'architrave sono rappresentati i segni dello zodiaco.
Possiamo notare come la successione astrologica sia qui falsata: ai Gemelli infatti segue il Leone, che scalza il Cancro sul pilastro opposto. Agli occhi dell'alchimista esperto questa scelta appare come chiaro riferimento alla congiunzione del fermento filosofico (Leone) con il composto mercuriale che deve avvenire, appunto, nel quarto mese dell'Opera.
Sotto il portico un piccolo decoro quadrangolare mostra un cielo stellato nel quale un angelo sembra malmenare un bambino che fuoriesce da una giara.
È un'ottima sintesi della condensazione dello Spirito Universale, il bagno degli astri in cui il Sole e la Luna chimici si immergono per cambiare natura.
Nicolas Flamel ha più volte trattato l'argomento relazionandolo proprio all'episodio biblico del massacro degli innocenti.
Lo Spirito Universale, condensato nella forma materiale dello Zolfo, è alla base di tutte le tinture metalliche. Per estrarne l'essenza, il sangue rosso dei bambini, è necessaria tuttavia la sua decomposizione. Successivamente la sostanza sublime, trasfusa in un corpo puro, darà origine a una nuova materia, più splendente di quella originaria, così come dalla mattanza degli infanti galilei emerse la figura del Cristo.
Cattedrale di Notre-Dame: il portale di Sant'Anna
Costruito tra il 1165 e il 1170, e successivamente ritoccato nel
1230, il Portale di Sant'Anna è il più antico della cattedrale. Anche
qui i restauri di Le Duc hanno modificato l'architettura originaria,
andata distrutta nel corso dei secoli.
Le sculture rimaste ci raccontano la leggenda francese, risalente al IV secolo, del vescovo Marcello, che uccise un drago con il solo tocco del suo pastorale (pur non essendo riconosciuto tra i santi della Chiesa Romana, la Francia lo festeggia il 3 Novembre).
Grillot de Givry, autore de La Grande Oeuvre (Parigi, 1907) vede in questa porta perennemente chiusa la via alchemica non volgare, destinata ai pochi eletti della Sapienza.
Una curiosa leggenda, di origine sconosciuta, circola riguardo la porta di ferro battuto.
Si narra che questa fu forgiata da un abile fabbro e alchimista di rue du Cloitre Notre Dame, chiamato Biscornette (bicorne). Incaricato di ferrare tutte le porte della catterale e desideroso di produrre un'opera così mirabile da fare ammutolire i suoi fratelli d'Arte, l'uomo si rivolse al Diavolo, offrendo, come nella migliore tradizione popolare, la sua anima in cambio dei servigi.
Satana iniziò il lavoro proprio dalla porta di Sant'Anna e creò la meraviglia che è visibile ancora oggi. Terminato il primo lavoro passò alla porta centrale ma questa volta, nonostante gli sforzi, il suo potere si rivelò vano. Di fronte all'atrio era infatti custodito il Sacramento che ogni giorno veniva portato in processione proprio attraverso quei battenti.
Furioso per l'inganno ordito dal saggio alchimista il Demonio maledisse la porta da lui creata, affinché nessuno potesse mai attraversarla. Poi, volato sulla sommità dell'arco, si tramutò nel rapace di pietra che, ancora oggi, vigila affinché nessuno infranga il divieto.
Le sculture rimaste ci raccontano la leggenda francese, risalente al IV secolo, del vescovo Marcello, che uccise un drago con il solo tocco del suo pastorale (pur non essendo riconosciuto tra i santi della Chiesa Romana, la Francia lo festeggia il 3 Novembre).
Grillot de Givry, autore de La Grande Oeuvre (Parigi, 1907) vede in questa porta perennemente chiusa la via alchemica non volgare, destinata ai pochi eletti della Sapienza.
Una curiosa leggenda, di origine sconosciuta, circola riguardo la porta di ferro battuto.
Si narra che questa fu forgiata da un abile fabbro e alchimista di rue du Cloitre Notre Dame, chiamato Biscornette (bicorne). Incaricato di ferrare tutte le porte della catterale e desideroso di produrre un'opera così mirabile da fare ammutolire i suoi fratelli d'Arte, l'uomo si rivolse al Diavolo, offrendo, come nella migliore tradizione popolare, la sua anima in cambio dei servigi.
Satana iniziò il lavoro proprio dalla porta di Sant'Anna e creò la meraviglia che è visibile ancora oggi. Terminato il primo lavoro passò alla porta centrale ma questa volta, nonostante gli sforzi, il suo potere si rivelò vano. Di fronte all'atrio era infatti custodito il Sacramento che ogni giorno veniva portato in processione proprio attraverso quei battenti.
Furioso per l'inganno ordito dal saggio alchimista il Demonio maledisse la porta da lui creata, affinché nessuno potesse mai attraversarla. Poi, volato sulla sommità dell'arco, si tramutò nel rapace di pietra che, ancora oggi, vigila affinché nessuno infranga il divieto.
Cattedrale di Notre-Dame: il messaggio ermetico
Al termine di questo breve viaggio attraverso alcuni dei molti
simboli celati nell'architettura di Notre Dame de Paris non possiamo che
soffermarci sulla misteriosa dedica del transetto sud.
«Anno Domini MCCLVII mense Februario idus secondo hoc fui inceptum Christis genitus honore kallensi lathomo vivente Johanne Magistra.»
La traduzione letterale di questo motto suonerebbe pressapoco così:
«Nell'anno del Signore 1257, il secondo giorno delle idi di Febbraio, quest'edificio è stato dedicato alla Madre di Dio da Mastro Jean, il cavapietre di Chelles.»
Ma proviamo ad applicare la cabala fonetica, ben conosciuta dagli ermetisti.
La parola anno designa l'anello o il cerchio metallico, emblema del Sole. Domini lo indica dominante, alto sull'orizzonte.
Le lettere MC sono l'abbreviazione di Medium Coeli. CLVII è declinazione di clueo, "esaltato, illustre, luminoso".
Mense deriva da mensio, "pesare, misurare". Februario indica l'azione di purificare. Idus proviene da iduo, che indica "separazione".
In alchimia il crogiolo, o crucibolo, è assimilato alla figura della croce e quindi del Cristo.
Honore indica l'azione del venerare o del consacrare. Kallensi è l'equivalente mal scritto (cosa comune nel medioevo) di callens, "esperto, prudente".
Lathomo ci riporta alle Latomiae, le cave romane usate come prigioni. In ambito alchemico possiamo assimilarlo allo spirito minerale imprigionato nella materia.
Johanne, deformazione di Johannes è un nome da sempre legato al fuoco e qui accostato con l'aggettivo vivente.
Infine Magistra, declinato al femminile, è l'appellativo ermetico di Iside, patrona dei misteri e Grande Madre della natura.
Cosa otteniamo infine?
«A mezzogiorno pesa e misura (la materia prima). Purifica e sapara. Consacra il crogiolo generatore, libera con prudenza lo spirito imprigionato nella materia. Vivificalo con il fuoco e (tramite lui) giungi alla Grande Natura.»
Un senso per il profano e uno per l'iniziato.
Fonti e Bibliografia:
Christian Jacq, Il messaggio dei costruttori di cattedrali, Ed. L'Età dell'Acquario, 2009.
Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Ed. Mediterranee, 2005.
Fulcanelli, Le dimore filosofali, Ed. Mediterranee, 2005.
Alexander Roob, Alchimia e mistica, Taschen, 2006.
Fabre d'Olivet, La lingua ebraica restituita, Arché, 1996.
Oswald Wirth, I tarocchi, Ed. Mediterranee, 2002.
Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa, La via dei tarocchi, Feltrinelli, 2005.
R. A. Schwaller de Lubicz, Il tempio dell'uomo, Ed. Mediterranee, 2009.
Anna Maria Pertini, Alchimia, architettura e spiritualità in Alessandro VII, Ed. Mediterranee, 2007.
Michael Maier, Atalanta Fugiens, Ed. Mediterranee, 2002.
Jean Chevalier e Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, BUR, 1986.
Robert Ambelain, Nell'ombra delle cattedrali, Ed. privata fuori commercio.
«Anno Domini MCCLVII mense Februario idus secondo hoc fui inceptum Christis genitus honore kallensi lathomo vivente Johanne Magistra.»
La traduzione letterale di questo motto suonerebbe pressapoco così:
«Nell'anno del Signore 1257, il secondo giorno delle idi di Febbraio, quest'edificio è stato dedicato alla Madre di Dio da Mastro Jean, il cavapietre di Chelles.»
Ma proviamo ad applicare la cabala fonetica, ben conosciuta dagli ermetisti.
La parola anno designa l'anello o il cerchio metallico, emblema del Sole. Domini lo indica dominante, alto sull'orizzonte.
Le lettere MC sono l'abbreviazione di Medium Coeli. CLVII è declinazione di clueo, "esaltato, illustre, luminoso".
Mense deriva da mensio, "pesare, misurare". Februario indica l'azione di purificare. Idus proviene da iduo, che indica "separazione".
In alchimia il crogiolo, o crucibolo, è assimilato alla figura della croce e quindi del Cristo.
Honore indica l'azione del venerare o del consacrare. Kallensi è l'equivalente mal scritto (cosa comune nel medioevo) di callens, "esperto, prudente".
Lathomo ci riporta alle Latomiae, le cave romane usate come prigioni. In ambito alchemico possiamo assimilarlo allo spirito minerale imprigionato nella materia.
Johanne, deformazione di Johannes è un nome da sempre legato al fuoco e qui accostato con l'aggettivo vivente.
Infine Magistra, declinato al femminile, è l'appellativo ermetico di Iside, patrona dei misteri e Grande Madre della natura.
Cosa otteniamo infine?
«A mezzogiorno pesa e misura (la materia prima). Purifica e sapara. Consacra il crogiolo generatore, libera con prudenza lo spirito imprigionato nella materia. Vivificalo con il fuoco e (tramite lui) giungi alla Grande Natura.»
Un senso per il profano e uno per l'iniziato.
Fonti e Bibliografia:
Christian Jacq, Il messaggio dei costruttori di cattedrali, Ed. L'Età dell'Acquario, 2009.
Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Ed. Mediterranee, 2005.
Fulcanelli, Le dimore filosofali, Ed. Mediterranee, 2005.
Alexander Roob, Alchimia e mistica, Taschen, 2006.
Fabre d'Olivet, La lingua ebraica restituita, Arché, 1996.
Oswald Wirth, I tarocchi, Ed. Mediterranee, 2002.
Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa, La via dei tarocchi, Feltrinelli, 2005.
R. A. Schwaller de Lubicz, Il tempio dell'uomo, Ed. Mediterranee, 2009.
Anna Maria Pertini, Alchimia, architettura e spiritualità in Alessandro VII, Ed. Mediterranee, 2007.
Michael Maier, Atalanta Fugiens, Ed. Mediterranee, 2002.
Jean Chevalier e Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, BUR, 1986.
Robert Ambelain, Nell'ombra delle cattedrali, Ed. privata fuori commercio.
Fonte La Tela Nera
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