29/05/2019
Quarantamila anni fa durante l’Evento di Laschamp, il campo
magnetico terrestre subì un improvviso crollo (a circa il 25% del valore
attuale) con il conseguente aumento di radiazioni ultra-violette (UVR),
i cui effetti selezionarono i nostri antenati Cro-Magnon a scapito dei
neanderthaliani. Una variante genetica di una proteina sensibile ai
raggi UV, il recettore arilico (AhR), fu determinante nella selezione.
Il breve intervallo di tempo (circa 2000 anni) bastò a porre fine ai
Neanderthal e sviluppare i nostri antenati Sapiens. Lo studio condotto
dal Cnr-Ismar e dall’Università della Florida è pubblicato su Reviews of Geophysics
Perché i Neanderthal si estinsero 40 mila anni fa? Uno dei grandi
misteri della paleoantropologia è oggetto di una ricerca pubblicata
dalla rivista Reviews of Geophysics e frutto della collaborazione
tra geologi dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale
delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar) e dell’Università della Florida a
Gainesville. Combinando le datazioni sulla scomparsa dei Neanderthal
(41.030-39.260 anni fa) dai principali siti paleolitici con dati
genetici, i paleomagnetisti Luigi Vigliotti e Jim Channell hanno
identificato l’Evento di Laschamp, una delle principali escursioni del
campo magnetico terrestre, avvenuta 41 mila anni fa (41.300+/-600 anni)
come il fattore che probabilmente causò l’estinzione. Il campo
magnetico, infatti, funziona come schermo di protezione contro i raggi
UV provenienti dal cosmo e la ricerca dimostra che sono stati gli
effetti delle radiazioni UV a selezionare in modo irreversibile i nostri
antenati Cromagnon a scapito dei Neanderthal, a causa di una variante
genetica di una proteina nota come recettore arilico (AhR), sensibile
agli UV, che fu loro fatale durante quel breve intervallo di tempo
(circa 2000 anni) di minima intensità del campo magnetico.
“Neanderthal e Sapiens hanno convissuto, incrociandosi, per alcune
migliaia di anni, come dimostrano le ‘impronte’ lasciate nel nostro DNA e
i tratti somatici di alcuni individui contemporanei”, spiega Luigi
Vigliotti del Cnr-Ismar. “La loro estinzione è stata oggetto di numerose
ipotesi, incluso l’istinto ‘fratricida’ dei nostri antenati. Nel 2016
un gruppo di biologi molecolari ha scoperto l’esistenza di una piccola
variante genetica Ala-381 nel recettore arilico dei Neanderthal rispetto
al Val-381 dei Sapiens (e dei fossili Cro-Magnon), che fu interpretata
come un vantaggio nell’assorbimento delle tossine prodotte dal fumo
legato allo stile di vita trogloditico. Il recettore arilico è infatti
fondamentale nel regolare l’effetto tossico della diossina. La
coincidenza con i tempi dell’estinzione dei Neanderthal suggerisce che
invece fu lo stress ossidativo prodotto dalla mancanza dello schermo
fornito dal campo magnetico terrestre rispetto ai raggi UV ad essere
responsabile della loro scomparsa”.
Molti organismi acquatici e terrestri hanno sviluppato strategie per
limitare i danni che i raggi UV - in aggiunta ai loro effetti positivi
nella sintesi della vitamina D e nel contrastare virus, batteri e
parassiti - possono procurare alla struttura del DNA. “Non è un caso,
secondo il nostro studio, che la fine del Laschamp segni l’uscita di
scena dei Neanderthal e l’espansione dei Cro-Magnon, cioè dell’uomo
moderno”, prosegue Vigliotti. “Il Laschamp non fu per altro fatale solo
ai neanderthaliani. Nello stesso intervallo di tempo in Australia si
estinsero 14 generi di mammiferi, soprattutto di grossa taglia, come
dimostra la drastica diminuzione nei sedimenti delle tracce di
‘sporormiella’, un fungo coprofilo che vive sullo sterco di grandi
animali erbivori, proprio in corrispondenza del minimo di intensità del
campo magnetico terrestre. Un altro minimo osservato circa 13 mila anni
fa portò alla scomparsa di 35 generi di grandi mammiferi in Europa e
soprattutto in Nord America intorno a questo intervallo di tempo, quasi
in un ‘istante’ geologico. Questi due focolai di estinzione dipendono
dalla diminuzione dell'ozono stratosferico durante gli episodi di bassa
intensità di campo magnetico e dal ruolo della radiazione ultravioletta
ben più che dall’overkill da parte dell'uomo o dal cambiamento delle
condizioni climatiche”.
La ricerca appena pubblicata analizza anche le relazioni tra
intensità del campo magnetico ed evoluzione umana negli ultimi 200 mila
anni, l’intervallo di tempo che ha visto lo sviluppo dell’Homo sapiens.
“Abbiamo integrato tutti i dati fossili esistenti con le datazioni delle
ramificazioni principali dell’evoluzione umana in base all’analisi del
DNA mitocondriale e del Cromosoma-Y. Nonostante la scarsità dei
materiali fossili e i margini di errore delle metodologie utilizzate per
ricostruire l’età delle ramificazioni dei vari aplogruppi (gruppi con
lo stesso profilo genetico) umani, abbiamo trovato interessanti
relazioni”, conclude il ricercatore Cnr-Ismar. “La datazione a circa 190
mila anni fa dei resti fossili del più antico Sapiens conosciuto (Omo
Kibish, trovato in Etiopia) e del Mithocondrial Eve, il nostro più
recente antenato comune su base matriarcale, coincide con un altro
momento di assenza del campo magnetico terrestre noto come Iceland Basin
Excursion. L’evoluzione umana ha poi avuto vari sviluppi concentrati
tra 100 e 125 mila anni fa, nell’ultimo interglaciale, che hanno fatto
considerare il clima uno dei fattori che hanno guidato l’evoluzione.
Anche in questo caso però registriamo un altro minimo del campo
magnetico terrestre: l’evento di Blake (125-100 mila anni fa). Con il
procedere delle conoscenze sulla ricostruzione del campo magnetico, del
suo ruolo nel modulare i raggi UV e di quello dell’AhR rispetto agli
effetti di queste radiazioni, e quando saranno disponibili più accurate
datazioni di nuovi reperti fossili e miglioramenti nella filogenesi
umana, si chiarirà meglio il ruolo che l’intensità del campo magnetico
gioca nell’evoluzione di tutti i mammiferi e forse non solo”.
Roma, 29 maggio 2019
Vedi anche:
- Channell Vigliotti2019
- Il ricercatore Luigi Vigliotti spiega in sintesi la scoperta e illustra un grafico sull'evento di Lachamp
Fonte
https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/8759/svelata-la-causa-dell-estinzione-dei-neanderthal-e-di-altri-mammiferi
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