Nell’Europa del nord prima del diluvio
Doggerbank. Questo è il banco di
sabbia che emerge dal Mare del Nord e resta a testimoniare la
presenza della terra sommersa. |
Doggerland: un nome
ancora poco conosciuto. Il nome di una terra scomparsa. Da molti
decenni, ormai, le reti a strascico dei pescatori del Mare del Nord
portano a galla ossa di uri, mammut, renne, creature preistoriche e
strani oggetti che, in seguito ad attente analisi, si sono rivelati
essere delle armi arcaiche.
Reperti antichissimi. Più antichi delle piramidi
d’Egitto e delle ziqqurat sumere. Una mandibola umana contava ben
9500 anni d’età. A che cultura appartengono?
I pescatori raccontavano che talvolta, con la
bassa marea, si vedevano tronchi d’albero emergere dalla melma del
Mare del Nord, sparsi qua e là in una zona vastissima che, partendo
dalla Danimarca, la Germania e l’Olanda, giungeva sino alla costa
della Gran Bretagna. Con il loro tipico senso dell’umorismo, gli
inglesi chiamavano queste distese di fango inframmezzate da ceppi
millenari “le foreste di Noè”.
Alla fine del XIX secolo un paleobotanico inglese,
Clement Reid, cominciò a studiare i resti pescati e poi, nel 1931,
ci fu una svolta sorprendente: le reti portarono alla superficie un
pezzo di torba in cui era intrappolato un arpione di osso intagliato
della lunghezza di 21,6 cm. Un’arma realizzata dalla mano dell’uomo
che l’analisi del C-14 ha datato nell’11.740 a.C., un’epoca
ancor più antica del favoloso complesso di Göbekli
Tepe.
Doggerland Project
Bryony Coles, una docente di Archeologia
dell’Università di Exeter, pubblicò nel 1998 i risultati delle
ricerche di quello che fu da lei chiamato il Doggerland Project.
Fu così che si iniziò a parlare del continente sommerso e
finalmente, nell’agosto 2011, anche il governo tedesco ha
incaricato il Schiffahrtsmuseum di Bremerhaven di svolgere una
ricerca archeologica sistematica del Mare del Nord per evitare che
importanti reperti vadano perduti.
Nel frattempo lo studioso Vince Gaffney
dell’Università di Birmingham e il suo team dell’istituto VISTA
(Visual and Spatial Technology Center) hanno portato avanti il
progetto “Mapping Doggerland”, ricostruendo il modello virtuale
della terra scomparsa. Un territorio di pianura che abbracciava circa
23.000 chilometri quadrati, costellato di fiumi e laghi, con un mare
interno di acqua dolce. Attraversandolo in un’epoca remota, si
poteva andare a piedi dalla Danimarca all’Inghilterra.
Un territorio molto ampio, che oggi è chiamato
Doggerland: ma da dove viene questo nome? “Doggerbank” è detta
una vasta zona di secca, un banco di sabbia che si estende a circa
100 km dalla costa orientale della Gran Bretagna e a circa 125 km
dalla costa ovest della Danimarca, proprio nella zona in cui è stato
individuato il territorio sommerso. Per questo motivo l’archeologa
Coles battezzò la nuova terra nascosta dal mare Doggerland.
Intanto gli studi continuano. Non soltanto ci si è
potuti fare un’idea sull’epoca in cui la terra sommersa fiorì,
sulle sue dimensioni e la topografia, ma anche sulle cause della sua
sparizione, che deve essere avvenuta circa 8200 anni fa. Come accadde
la gigantesca catastrofe?
Durante il periodo di riscaldamento globale,
all’inizio dell’Olocene (ca. 11.700 anni fa), il livello dei mari
cominciò a salire. Questo processo, che continuò per ben due
millenni, portò alla rottura dei ghiacci nel continente
nordamericano (in quell’epoca era la massa di ghiaccio più estesa
del globo) e questo provocò un aumento del livello dei mari di
addirittura 120 metri.
Ci furono, quindi, terribili inondazioni su tutti
i territori costieri e il Mare del Nord inghiottì gran parte di
Doggerland. Solo l’area più alta del continente emergeva dalle
acque come un’isola. Inoltre circa 8000 anni fa una formazione
rocciosa grande quanto l’Islanda si staccò dalla costa della Norvegia tra Bergen e Trondheim e scivolò nelle
profondità marine. Di conseguenza si alzarono onde gigantesche che
s’infransero sulle coste delle isole vicine e ne distrussero gran
parte.
Tracce della catastrofe naturale sono state trovate nella Scozia orientale, nei pressi di Inverness, dove resti archeologici raccontano che l’onda titanica sembra aver sorpreso un gruppo di persone sedute intorno al fuoco. Anche in Norvegia, nelle isole Shetland e Faeroer, i reperti dicono che delle onde di 20 metri inghiottirono le coste.
Così l’isola di Doggerland scomparve
definitivamente e, circa 7000 anni fa, le acque, continuando la loro
opera invasiva, finirono per separare la Gran Bretagna e le isole
della Danimarca dalla Terraferma.
Doggerland: il paradiso in terra
Eppure prima di essere inghiottita dal mare
Doggerland era un territorio fertile dal clima sorprendentemente
mite, popolato da uomini e animali, ombreggiato da boschi di betulle
e conifere, bagnato da laghi e fiumi che fornivano pesce in
abbondanza. Un paradiso dell’Età della pietra.
Secondo la lettura dei reperti pescati dalle
acque, il territorio doveva essere abitato da cacciatori
raccoglitori. La popolazione viveva in centri stagionali, situati
nelle vicinanze del mare e dei fiumi. I cacciatori raccoglitori erano
verosimilmente giunti dalle regioni dell’Europa del nord, seguendo
le migrazioni di cervi, uri e cinghiali avvenute durante il periodo
di riscaldamento globale del clima.
Laura Spinney, giornalista di National Geographic,
scrive:
Estate e autunno erano periodi dell’abbondanza. Sul terreno alluvionale pascolavano animali selvatici. C’erano ricche aree di pesca, tutti i tipi di nocciole e bacche. Nell’inverno la popolazione si spostava nei territori più elevati. Siti archeologici con un numero maggiore di artefatti suggerisce che gli uomini si siano riuniti in certe circostanze, magari durante l’autunno, quando le foche si avvicinavano alle coste e i salmoni risalivano i fiumi. In questo modo giovani uomini e donne potevano trovare un partner. Vi erano però anche degli scambi tra popolazioni avvenuti lungo il corso dei fiumi, al di là dei territori da loro occupati. Nel periodo in cui il mare cambiò ulteriormente il paesaggio, queste informazioni divennero di importanza vitale.”
Allorché il livello del mare iniziò ad aumentare
con una velocità di due metri al secolo, la popolazione si vide
costretta ad abbandonare Doggerland. Ondate migratorie
cominciarono a susseguirsi, la popolazione si muoveva alla ricerca di
nuove aree abitabili. Alcuni si stabilirono nelle Isole Britanniche,
lungo la costa del nord. Infatti proprio nella zona di Nothumberland
gli archeologi hanno scoperto i resti di un centro abitato che
è stato ricostruito per ben tre volte nell’arco di 150 anni e
risale al 7900 a.C.
Ed ecco che con la scoperta di Doggerland si
affaccia una nuova terra sommersa che potrebbe essere l’Atlantide
perduta. L’amenità del territorio dalle pianure verdeggianti
interrotte da corsi d’acqua e con un clima all’epoca molto mite
contraddistinguono sia Doggerland che la terra di cui racconta
il filosofo greco Platone. Anche il periodo in cui le acque avrebbero
inghiottito il paradiso nordico corrisponderebbe grosso modo alla
sparizione dell’Atlantide.
E le leggende degli Iperborei raccontano di un
popolo che viveva nel lontano Settentrione, all’estremo nord del
mondo allora conosciuto. Dalla biblioteca di Apollodoro giunge
l’eco del giardino
delle Esperidi con le loro mele d’oro. Un luogo che, secondo lui,
deve essere stato proprio lassù, dove Atlante reggeva sulle spalle
la volta celeste.
Erodoto e Plinio il Vecchio narrarono che gli
Iperborei non erano creature mitiche ma realmente esistenti, prova ne
sia che questi abitanti del lontano nord inviavano ogni anno i loro
doni ai centri di culto Delfi e Delo. Mi piace pensare che il
territorio misterioso di Iperborea, quello che da secoli causa fiumi
d’inchiostro, si trovi proprio lì, perduto sotto le acque del Mare
del Nord.
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