Il periodico allineamento fra Venere, Terra e Giove potrebbe avere un ruolo nell’inversione del campo magnetico del Sole e, dunque, nel ciclo dell’attività solare. Lo propone uno studio dell’istituto di ricerca tedesco Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf, aggiungendo nuovi dettagli a un filone di ricerca che va avanti da anni
Crediti: Nasa |
Per dimostrare questo rapporto, il gruppo di ricercatori guidato dal fisico Frank Stefani ha confrontato sistematicamente le osservazioni storiche degli ultimi mille anni relative all’attività solare – ovvero ai cicli undecennali in cui si vedono apparire, scomparire e riapparire le macchie solari – con gli allineamenti planetari, dimostrando in modo inequivocabile che i due fenomeni sono statisticamente correlati. «C’è un livello sorprendentemente alto di concordanza: quello che vediamo è il completo parallelismo dell’attività solare con gli allineamenti planetari nel corso di ben novanta cicli», commenta con entusiasmo Stefani. «Tutto indica un processo temporizzato».
Analogamente all’attrazione gravitazionale e mareale che la Luna –
ovviamente ricambiata – esercita sulla Terra, i pianeti sarebbero dunque
in grado di spostare il plasma dal centro alla superficie del Sole e quindi di influenzare i moti convettivi interni che generano il suo campo magnetico.
Le possibili combinazioni planetarie sono molte (e l’allineamento di tutti i pianeti, pur entro un inevitabile margine di errore, è estremamente raro: una volta ogni paio di millenni), ma è l’allineamento Venere-Terra-Giove a mostrare una sorprendente regolarità: raggiunge il massimo ogni 11,07 anni, esattamente la durata del famoso ciclo solare undecennale.
Come si evince leggendo lo studio di Stefani e colleghi, preceduto da un altro articolo
dello stesso autore di inizio 2018, questa coincidenza temporale era
conosciuta in ambito scientifico almeno dal 1948, ma è stata sempre
trascurata per la diffusa convinzione che un oggetto di massa enorme
come il Sole non potesse in alcun modo risentire dell’influenza di corpi
così piccoli e lontani come i pianeti.
Per risolvere questa contraddizione e andare oltre la nuda, seppur
singolare, coincidenza temporale tra i due fenomeni, il team tedesco ha
considerato un nuovo meccanismo indiretto di influenza del campo
magnetico del sole: l’instabilità di Tayler (da non confondere con la, pur simile, instabilità di Taylor),
un effetto fisico che viene generato dalla corrente elettrica che passa
in un liquido conduttore – come l’acqua o i metalli allo stato liquido –
amplificandone in modo notevole le variazioni di comportamento. A
partire da una certa intensità di corrente, sotto la quale il fenomeno
non ha rilevanza, basta dunque una “spinta” energetica minima per creare
una reazione a catena notevole. Sembra proprio che tale spinta, nel
caso del Sole, arrivi dai tre pianeti allineati e che il plasma solare
rappresenti il liquido conduttore.
Per poterlo dimostrare, già dal nel 2016 gli scienziati tedeschi hanno simulato l’instabilità di Tayler in una colonna di metallo liquido, migliorando costantemente il modello fino allo studio ora pubblicato su Solar Physics.
Per poterlo dimostrare, già dal nel 2016 gli scienziati tedeschi hanno simulato l’instabilità di Tayler in una colonna di metallo liquido, migliorando costantemente il modello fino allo studio ora pubblicato su Solar Physics.
«Quando, per la prima volta, lessi le idee che collegavano la dinamo
solare ai pianeti, rimasi piuttosto scettico», ricorda Stefani. «Ma
quando, nelle simulazioni al computer, abbiamo scoperto che
l’instabilità di Tayler creava oscillazioni nelle strutture elettriche
elicoidali, mi sono chiesto: cosa potrebbe accadere se, al posto del
liquido, fosse proprio il plasma solare a essere influenzato da una
piccola perturbazione simile a una marea? Il risultato è stato
fenomenale. L’oscillazione era evidentissima e si sincronizzava con il
ciclo della perturbazione esterna».
Nella dinamo solare entrano in gioco altri fattori a complicare la questione, come l’effetto omega.
Nel Sole, il plasma ruota infatti più rapidamente all’equatore rispetto
ai poli e questa rotazione differenziale, a sua volta, genera i campi
magnetici che, arrivati in superficie, sono visibili sotto forma di
macchie solari che evidenziano un campo magnetico quasi parallelo
all’equatore. A contrastare l’effetto omega c’è, però, l’effetto alfa, che – nomen omen
– tende a riportare tutto com’era all’inizio, distorcendo i campi
magnetici appiattiti sull’equatore e inducendoli a risalire in senso
verticale. Ecco, l’effetto alfa non ha mai trovato una spiegazione
scientifica degna di nota e l’instabilità di Tayler, secondo Stefani, ne
sarebbe almeno in parte responsabile.
Frattanto gli esperimenti di laboratorio proseguono senza sosta, anche perché, aldilà dall’essere una mera congettura scientifica per palati fini, l’applicazione dell’instabilità di Tyler anche su scala più piccola – come le previsioni meteorologiche terrestri – potrebbe portare vantaggi anche alla nostra vita quotidiana.
Frattanto gli esperimenti di laboratorio proseguono senza sosta, anche perché, aldilà dall’essere una mera congettura scientifica per palati fini, l’applicazione dell’instabilità di Tyler anche su scala più piccola – come le previsioni meteorologiche terrestri – potrebbe portare vantaggi anche alla nostra vita quotidiana.
Per saperne di più:
- Leggi su Solar Physics l’articolo “A model of a tidally synchronized solar dynamo”, di Frank Stefani, André Giesecke e Tom Weier
Fonte: Media-Inaf
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.