Come accade ogni tanto, capita di scrivere post che siano più che altro degli inviti alla lettura. Bé, questo è il caso, anche se penso che alla fine si tratterà anche di un invito alla riflessione. Per ragioni che non potrei che definire casuali, negli ultimi giorni mi sono capitate a tiro diverse notizie relative all’elemento di cui è più ricco il nostro fantastico pianeta. Ve ne riporto alcune.
La prima è per smanettoni, e sono sicuro che susciterà l’interesse di
chi ha la capacità (e il tempo) di analizzare i dati. Si tratta della
pubblicazione di un dataset (quasi) globale delle precipitazioni con
risoluzione spaziale e temporale davvero interessante. Le fonti sono
osservazioni convenzionali, satellitari e rianalisi:
La seconda è relativa all’acqua del mare, più nello specifico ad un
piccolo tratto di mare del Nord Adriatico, il porto di Trieste. l’ISMAR
CNR ha prodotto un dataset di temperature di superficie che abbraccia
più di cento anni. I dati sono on line e possono essere scaricati
liberamente, come del resto quelli del dataset globale. Quella di
mettere direttamente a disposizione le informazioni che sono state
oggetto di ricerca sta diventando decisamente una pratica comune e di
per se è già un valore aggiunto. Di questo lavoro ha parlato anche la
stampa nazionale, ovviamente travisandone quasi interamente il
significato.
Si lavora alacremente alla ricerca di un segnale distinguibile del
riscaldamento globale nelle precipitaizoni, specialmente con riferimento
agli eventi estremi, perché sono quelli che permettono anche
all’immaginario collettivo di stabilire un collegamento tra qualcosa di
completamente astratto come l’aumento della temperatura media del
pianeta di 0,8°C in 150 anni, in qualcosa di tangibile come la furia del
maltempo. Quindi terza notizia, un lavoro che analizzando delle serie
di dati puntuali di precipitazione riscontra un aumento del 7% nella
frequenza degli eventi che occupano la parte più alta della
distribuzione statistica, cui però non corrisponde un pari aumento
dell’intensità degli stessi. Tradotto, piogge forti più frequenti forse
ma piogge più forti pare di no.
Passiamo all’acqua solida, ovvero al ghiaccio marino antartico. A
lungo motivo di cruccio e disappunto perché in aumento significativo
durante l’era delle misurazioni satellitari, dal 2014 anche il ghiaccio
antartico ha iniziato a diminuire di estensione, tra l’altro con un
rapidità che eccede quella del ghiaccio artico. Vengono meno tutte le
spiegazioni che volevano l’area del Polo sud avulsa dal contesto del
pianeta, spiegazioni che confermavano comunque la teoria AGW, e il
discorso si allinea, confermandola comunque. Il bello della scienza (del
clima).
Restiamo sul ghiaccio, letteralmente sopra, perché dall’Antartide si
passa alla Groenlandia, altra zona osservata speciale in materia di
scioglimento. La notizia è che anche in Groenlandia, come recentemente
scoperto per la Penisola Antartica, il calore proveniente dal sottosuolo
potrebbe avere un ruolo importante nelle dinamiche dello scioglimento
dei ghiacci. Non solo CO2 a quanto pare. Strano, in fondo si tratta solo
delle zone con la crosta terrestre più sottile…
Torniamo alle precipitazioni per la penultima notizia: la pietra
miliare dei dataset di parametri atmosferici, quello raccolto per secoli
nell’Inghilterra centrale, potrebbe avere grossi problemi, soprattutto
nella sua parte iniziale. Sembra infatti che le precipitazioni invernali
precedenti al 1870 siano state sottostimate, mentre quelle estive prima
del 1820 siano state sovrastimate. Questo comporta grossi problemi di
confronto con i tempi più recenti, al punto che gli autori della ricerca
dicono che il fatto universalmente riconosciuto che gli inverni siano
diventati più umidi e le estati più secche appare un artefatto. Su
Nature.
Si chiude col botto, anzi, con l’alluvione. Il tema è sempre quello
degli eventi precipitativi estremi. I media, che pendono sempre dalle
labbra degli esperti, che a loro volta per questo non smettono mai di
muoverle, ci riportano un ipse dixit che vedrebbe le piogge da
500 millimetri e oltre (avete letto bene, 500!) essere divenute la norma
al posto dei passati e più “rassicuranti” 100-200 millimetri. Questo
naturalmente nel bel Paese e a commento dei recenti fatti di maltempo.
Sergio Pinna, con la sua solita sagacia e, soprattutto, con i numeri
veri, mette ordine smentendo clamorosamente. Il tutto a valle di un
recente scambio di petizioni pro e contro, come le messe di Fantozzi,
che puntando sull’aspetto ideologico piuttosto che su quello
scientifico, finiscono per avere lo stesso significato.
Fonte: Climate Monitor
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