giovedì 28 novembre 2019

Dieci anni di bufale sul riscaldamento globale



 Del Prof. Franco Battaglia
Il 19 Novembre ricorreva il decennale del Climategate (CG), lo scandalo che, grazie ad un anonimo hacker del web, rivelò lo scambio di e-mail, occorse nel periodo 1996–2009, tra una piccola squadra di “scienziati” del clima, imbroglioncelli assai, dalle quali si evinceva come costoro avessero completamente taroccato i dati per far apparire apposta che quello dell’ultima metà del secolo scorso fosse un riscaldamento senza precedenti. Non sono persone qualunque: sono proprio coloro che avevano la responsabilità di compilare quella parte del rapporto dell’IPCC (il Comitato Onu propostosi di studiare il contributo antropico al clima del pianeta) che afferma che l’attuale riscaldamento globale è “senza precedenti” ed è “di origine antropica”. (AGW) Average Global Warming.


I principali attori del CG sono due: Phil Jones (PJ), ingegnere idraulico e Direttore dell’Unità di Ricerca sul Clima della East Anglia University in Inghilterra e Mike Mann (MM) dell’università americana della Pennsylvania, un fisico fallito nel suo campo e che, dedicatosi al clima, divenne famoso per il grafico “a mazza da golf” che mostra come l’attuale RG sarebbe “senza precedenti”. Come vedremo, il grafico è risultato un falso scientifico costruito ad arte. Nell’elenco dei mittenti e/o destinatari delle e-mail fan parte altri elementi minori della banda e alcuni esterni. Che il RG attuale dovesse essere “senza precedenti” lo aveva già deciso l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), che nel congresso del 1985 dichiarava: «crediamo che a causa delle emissioni antropiche potremmo assistere ad un aumento della temperatura media globale senza precedenti».  PJ e MM si proposero di diventare famosi dando corpo alla previsione dell’Omm, e lo fecero cospirando il più grande scandalo scientifico del secolo, come emerge dallo scambio delle loro e-mail: basta leggerle. Sono essi stessi che nelle e-mail chiamano sé stessi “cospiratori”.

Ad esempio, per determinare le temperature del passato quando non esistevano dati termometrici, questi arraffoni avevano deciso che misurare lo spessore degli anelli degli alberi fosse un buon “indicatore” di termometro. Non lo è, e per questo erano necessari altri “indicatori” indipendenti. Chi studiava il problema era tale K. Briffa, collaboratore di PJ. A PJ, MM ed altri della squadra Briffa inviava la seguente e-mail: «So che ci fanno molta pressione per presentare una decente storia che giustifichi un “evidente riscaldamento senza precedenti negli ultimi 1000 anni o più”, ma la realtà è che la situazione non è così semplice. Non abbiamo molti dati da “indicatori” indipendenti, e quelli che abbiamo non collimano col recente riscaldamento».

Per chiarezza, gli “indicatori” non collimavano coi dati termometrici odierni (questi mostravano un aumento di temperatura e gli indicatori mostravano un declino di temperatura). Questo significa che gli indicatori, sbagliati sulle temperature attuali, non erano pertanto attendibili sulle temperature del passato, quando non c’erano dati termometrici e, di conseguenza, non era lecito sostenere che quelle odierne fossero temperature alte “senza precedenti”. Ma ecco come rispondevano i due principali cospiratori. MM: «Tutti qui all’Ipcc concordiamo che questo di Briffa è un problema e una potenziale circostanza distrattrice/detrattrice dal consenso che vorremmo veicolare. Sarebbe allora opportuno che ci inventassimo “qualcos’altro” quale responsabile della discrepanza. Forse Briffa ha qualche idea in proposito? Dobbiamo assolutamente scrivere qualche rigo altrimenti gli scettici ci diranno che non comprendiamo i nostri stessi risultati».

E infatti questi geni non comprendevano i loro stessi risultati, i quali mostravano che non v’era alcun consenso. Ma entra in soccorso il loro capo, PJ, che nella e–mail più famosa del CG scrive: «Ho appena applicato il trucchetto che MM aveva usato con l’articolo pubblicato su Nature: per nascondere il declino (sic!), ho inserito le temperature di Briffa per il periodo 1960-80 e quelle reali per il periodo 1980-99». Nascondere-il-declino in inglese fa hide-the-decline, e se cercate queste parole con Google, potrete ascoltare una divertente e irriverente canzonetta approntata da alcuni studenti di fisica per prendersi gioco di questa coppia di clown.

Un altro tema ricorrente che si evince dalle e–mail è la determinazione con cui la squadra influenzava quali articoli dovessero essere pubblicati e quali rigettati. Il settore in questione è molto ristretto e, quasi inevitabilmente, gli articoli del settore finivano sulla scrivania di almeno uno della squadra per la revisione critica: costoro rigettavano apposta tutti gli articoli che mettevano in dubbio il cosiddetto consenso e accettavano quelli che quel consenso sostenevano. Non riporto esempi per brevità, ma è divertente lo scambio di e–mail tra PJ e MM per comprendere come PJ, un ingegnere idraulico, fu premiato Fellow dell’American Geophysical Union (AGU). Fate attenzione alle date. Scriveva MM a PJ (dicembre 2007): «Sto cercando di farti avere un premio dalla AGU. M’hanno detto che la medaglia Ewing non sarebbe appropriata. Fammi sapere cosa preferisci e m’informo». PJ sceglie il proprio premio: «Diventare Fellow della AGU andrebbe bene». MM a PJ (Giugno 2008): «Sto mettendo insieme 5 lettere di raccomandazione per quel premio della AGU. Insieme alla mia quale proponente – anche se io non sono ancora Fellow – fanno 6 lettere».

A pensar male, sembrerebbe che MM suggerisca a PJ che questi, una volta diventato Fellow, si prodighi per restituirgli il favore. E infatti MM presenta il conto a PJ (Giugno 2009): «Ciao Phil. Mi chiedo se potresti forse essere interessato a restituirmi il favore e, in tandem con qualcuno dei nostri amici, potresti farmi diventare Fellow della AGU». Inutile dire che PJ onora il debito. Ci si chiede se per caso codesti premi dati ai climatologi abbiano un qualche significato. Le e-mail del CG riguardano non solo la sistematica alterazione dei dati, come visto, ma anche la determinata volontà di non renderli disponibili a nessuno. Un altro carattere, un eroe, entra nel CG: Steve McIntyre, statistico navigato, che s’era proposto di verificare la validità del trattamento statistico dei dati di climatologia. Parte essenziale del metodo scientifico è la replicabilità degli esperimenti, siano essi eseguiti in laboratorio o al computer. E gli scienziati hanno il dovere scientifico di rendere disponibili i loro dati e i metodi che li hanno generati o i programmi al computer che li hanno trattati. Ogni qual volta McIntyre chiedeva alla squadra del CG i dati e/o i programmi di calcolo usati, riceveva o risposta negativa o nessuna risposta. Fu costretto di appellarsi al Freedom of Information Act (FOIA) per ottenere quei dati con la forza della legge.

Ecco cosa scriveva agli altri della squadra PJ in una delle e–mail del CG: «Mi raccomando, non lasciate cose in giro su siti anonimi da dove possano scaricarsi dati. MacIntyre ci sta col fiato sul collo da anni. Se apprende che esiste un FOIA anche nel Regno Unito, cancellerò tutti i file coi dati». McIntyre aveva appreso. E, esercitando notevole pervicacia, ottenne i dati appellandosi al FOIA (non tutti, perché i cospiratori riuscirono a veramente cancellarne alcuni) e dimostrò che la curva a mazza-da-hockey di MM era un falso: ma fu proprio quella curva che diventò il logo dell’Ipcc e che fece conferire il premio Nobel per la pace allo stesso Ipcc!

In una delle e–mail conclusive di questa deplorevole saga, quando già lo scandalo veniva alla luce con le prime e–mail rivelate, Kevin Trenberth, uno della squadra dei cospiratori, scriveva sconsolato agli altri (siamo nell’ottobre 2009): «Il fatto è che non siamo in grado di giustificare la mancanza di riscaldamento degli ultimi 10 anni». Ma, in un ultimo tentativo disperato, si chiedeva: «Forse le misure sono sbagliate. Il nostro sistema d’osservazione è inadeguato». Evidentemente senza rendersi conto che, così fosse, l’intera climatologia, così come ci viene raccontata dal 97% dei sedicenti climatologi, è un bluff. Forse aveva ragione.

Non posso concludere senza riportare la e–mail con cui PJ commentò la morte, a 61 anni, di John Daly, eminente “negazionista”. Scrive PJ al resto della banda: «Questa è, in un certo senso, una buona notizia».


Fonte: Nicola Porro

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