Il giornalista e documentarista Guillaume Pitron nel suo libro affronta gli aspetti negativi della transizione energetica |
A
una prima impressione sembra di leggere un racconto distopico, una
narrazione dai colori cupi e dai tratti angoscianti che si snoda in
Paesi reali che sembrano però creati dalla fantasia dell’autore. Ma se
la distopia inquieta, inquieta ancora di più realizzare che ciò che si
sta leggendo non è narrativa ma scienza, non fantasia ma realtà, non uno
scenario improbabile, ma un futuro possibile. Il libro La guerra dei metalli rari di
Guillaume Pitron, giornalista e documentarista francese, apre un nuovo
punto di vista sul problema ecologico e ci costringe a rivedere certezze
consolidate fino ad arrivare al paradosso che tutto quanto si fa per
salvare l’ambiente non è poco – come ci viene detto quotidianamente da
più parti – o inutile di fronte alle enormi dimensioni del problema, ma
soprattutto è dannoso e ciò che crediamo possa salvarci in realtà ci
distruggerà.
I
metalli rari, protagonisti di questo volume edito dalla Luiss
University Press, sono materie prime racchiuse in piccolissime quantità
nelle rocce terrestri. Se la natura è stata generosa con il ferro o il
rame, è stata invece estremamente più parsimoniosa con materiali come il
germanio o il berillio o il tantalio, nomi che suonano sconosciuti alle
nostre orecchie. Eppure ne siamo circondati: sia i magneti del
frigorifero che fanno arrivare un ascensore fino al trentesimo piano di
un grattacielo sono costituiti da questi metalli rari dotati appunto di
proprietà magnetiche.
I
metalli rari e le loro proprietà chimiche sono l’oggetto del desiderio
dei produttori delle nuove tecnologie, le cosiddette tecnologie “verdi”,
quelle deputate a salvare l’ambiente e l’umanità stessa, riducendo
l’impronta di carbonio dell’uomo sulla Terra. Contiamo sulle energie
pulite per ridurre l’inquinamento, ridimensionare le emissioni di gas a
effetto serra, arginare i cambiamenti climatici. Ma – ci avverte
l’autore – non sempre le energie pulite possono salvare la nostra
coscienza ambientalista: per esempio la produzione di un pannello solare
genera 70 chili di anidride carbonica, a causa soprattutto del silicio
che contiene. Se consideriamo un aumento del 23 per cento annuo di
pannelli a livello mondiale, ciò vuol dire che ogni anno si riverseranno
nell’atmosfera 2,7 miliardi di tonnellate supplementari di anidride
carbonica: «l’equivalente dell’inquinamento generato in un anno
dall’attività di 600mila automobili».Insomma, le energie pulite sono
meno pulite di quel che sembrano.
Non
solamente i metalli rari concorrono all’inquinamento ambientale nella
fase di produzione, ma la loro stessa estrazione è nociva per l’ambiente
e per l’uomo. Queste preziosissime sostanze oltre a essere rare sono
totalmente incorporate nelle rocce, esattamente come, esemplifica
l’autore, un pizzico di sale è incorporato in un filone di pane. Non
serve essere chimici per comprendere quanta fatica costerebbe estrarre
il sale dal pane: raffinare i metalli rari richiede un processo
altrettanto difficoltoso, ma soprattutto nocivo per l’ambiente. Ne sanno
qualcosa gli abitanti del villaggio cinese di Dalahai, il cosiddetto
“villaggio del cancro”, situato in prossimità di miniere in cui avviene
l’estrazione delle “terre rare”.
E
l’inquinamento da metalli rari non si limita alla Cina, ma riguarda
tutti i Paesi produttori, come la Repubblica democratica del Congo e
diverse nazioni dell’America Latina. Se si guardano i dati relativi
all’inquinamento causato dall’industria mineraria non è difficile
concludere che «la produzione dei metalli indispensabili per un mondo
più pulito è un processo inquinante».
Non
va meglio nell’universo della tecnologia digitale, che dovrebbe
diminuire l’impatto di carbonio, ma il digitale richiede lo sfruttamento
di considerevoli quantità di metalli e in generale il settore delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione consuma il 10 per
cento dell’elettricità mondiale e produce ogni anno il 50 per cento di
gas a effetto serra rispetto al trasporto aereo.
Né
va meglio alla voce “riciclaggio”: al momento nessuno ha interesse a
riciclare i metalli rari, perché è molto meno costoso procurarseli nelle
miniere.
Pitron
nel suo lavoro non si limita alla denuncia di un problema largamente
sottovalutato, ossia il costo ecologico delle cosiddette energie pulite,
ma sottolinea le pessime condizioni di lavoro nelle miniere, sia in
termini di sicurezza che sanitari. Evidenzia anche il problema politico
connesso a un nuovo ordine mondiale dei Paesi proprio in conseguenza
della presenza o meno sul territorio dei metalli rari, che potrebbe
costituire una potenziale causa di conflitti.
Il
libro ha il merito di portare alla luce un’ampia gamma di criticità
sconosciute, almeno alla stragrande maggioranza delle persone, e non
abbastanza evidenziate neppure dagli addetti ai lavori. Se le emissioni
di anidride carbonica, l’effetto serra o il buco dell’ozono sono stati
portati all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, poco o nulla si
dice e si sa dell’esistenza dei metalli rari e delle loro conseguenze,
pur essendo presenti in un’infinità di oggetti di uso quotidiano. E
ancor meno nell’immaginario collettivo si è fatta strada l’idea che
utilizzare i pannelli solari o guidare un’auto elettrica non ci assolve in toto dalla colpa di inquinare il pianeta.
L’autore
ce lo spiega attraverso una ricerca sul campo, ampiamente documentata.
L’accuratezza scientifica, inoltre, è resa meno asettica dagli aneddoti e
dalle metafore utilizzate che aiutano il lettore a districarsi tra la
tavola periodica degli elementi e a non perdersi nel complesso panorama
delle terre rare. Una maggiore sistematicità avrebbe tuttavia fatto
guadagnare al libro parecchi punti sia in chiarezza che in facilità di
lettura, due caratteristiche imprescindibili nel momento in cui si fa
divulgazione e si esce dal ristretto cerchio degli addetti ai lavori.
Pitron
chiude il suo lavoro con una domanda, il punto interrogativo è l’ultimo
carattere digitato, a conferma che ci troviamo di fronte a un problema
che per ora non ha soluzioni pronte, se non l’applicazione della famosa
massima di Einstein, che Pitron cita nelle ultime righe: «non si può
risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che l’ha generato». Ovvero
la questione ambientale richiede una rivoluzione del pensiero, se non
vogliamo che le narrazioni distopiche diventino realtà quotidiana.
FONTE https://www.reporternuovo.it/2019/06/20/la-guerra-dei-metalli-rari-lato-oscuro-delle-energie-verdi/
SEGUE
La crescente rilevanza strategica delle terre rare comporta un insieme combinato fra la sfera economica e finanziaria, , dei rapporti di forza militari, l’attivazione di dinamiche criminali, i rapporti geopolitici e guerre ambientali.
lintellettualedissidente.it |
Fonte: NoGeoingegneria
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