Nella nota ANSA è scritto a chiare lettere che estati più secche e
calde e maggiori eventi estremi in autunno potrebbero essere “la
tendenza futura del clima nel Mediterraneo a seguito del riscaldamento
globale che emerge dallo studio dei sedimenti del lago di Ohrid.”
La cosa mi ha fatto drizzare le orecchie: come può una serie di dati
di prossimità fornire informazioni sul clima futuro determinato dal
riscaldamento globale? L’assurdità della nuova richiedeva un immediato
approfondimento.
Ho cercato lo studio cui faceva riferimento la breve dell’ANSA e quasi subito mi sono imbattuto nell’articolo incriminato
The environmental and evolutionary history of Lake Ohrid (FYROM/Albania): interim results from the SCOPSCO deep drilling project
Si tratta di uno studio condotto da una ventina di studiosi europei,
tra cui figura un nutrito gruppo di ricercatori italiani, capitanato da
Bernd Wagner (da ora Wagner et al., 2019) che, come recita il titolo,
ricostruisce la storia evolutiva ed ambientale di questo importante lago
europeo. I dati oggetto di studio riguardano una carota di sedimenti
che consente di ricostruire gli ultimi 637.000 anni di vita del lago,
avvalendosi dei risultati di studi precedenti sullo stesso campione e di
studi relativi a campioni provenienti da altri siti europei. I
partecipanti allo studio hanno interessi di ricerca molto diversi:
mineralogia, geofisica, geografia, geochimica, scienze ambientali,
palinologia, biochimica, zoologia, geopaleontologia e via cantando, per
cui lo studio giunge a conclusioni estremamente complesse.
Posso anticipare sin da questo momento che gli aspetti climatologici
non rappresentano il nucleo dell’articolo. Wagner et al., 2019,
ricostruisce l’evoluzione geologica del lago di Ocrida attraverso lo
studio delle tipologie di sedimenti. Notevoli sono i contributi alla
ricostruzione della cronologia delle eruzioni vulcaniche che hanno
interessato la penisola italiana a partire dal Pleistocene e fino ad
arrivare ai tempi più recenti. Lo studio dei pollini, della paleo-flora e
della paleo-fauna, hanno consentito di ricostruire anche gli ambienti
che caratterizzavano il lago ed il suo bacino idrografico. Wagner e
colleghi ci restituisce, in altre parole, un quadro evolutivo del lago e
dei suoi dintorni estremamente suggestivo ed interessante che copre
centinaia di migliaia di anni.
Senza entrare troppo nei dettagli che esulano dai temi che usualmente
trattiamo su CM, possiamo concludere che l’ambiente lacustre si è
dimostrato estremamente resiliente ai drastici cambiamenti ambientali
che hanno caratterizzato la sua storia, contrariamente a quanto
accaduto, invece, per tutto l’areale circostante. Bisogna registrare,
però, un’accelerazione del degrado ambientale dell’ambiente lacustre e
di quello circostante, a causa della pressione antropica. La cosa non
meraviglia, ma preoccupa sia i ricercatori che il semplice lettore come
il sottoscritto.
Non è bello, infatti, pensare che un ambiente naturale che è riuscito
a conservarsi quasi integro nel corso dei centinaia di migliaia d’anni,
possa correre dei rischi a causa delle azioni sconsiderate dell’uomo.
Altro aspetto che mi ha impressionato, è l’onestà intellettuale di
Wagner et al., 2019 di fronte alla straordinaria resilienza dimostrata
dall’ambiente lacustre: non abbiamo la più pallida idea del perché il
lago è riuscito a conservare quasi intatta la sua biodiversità nel corso
dei millenni (oserei dire delle ere geologiche).
A questo punto il lettore che si è imbattuto in questo post, si starà
chiedendo cosa l’articolo che lo ispira abbia a che fare con il clima.
Poco, lo ammetto, ma quel poco è sufficiente a spiegare questo post ed
il suo titolo piuttosto polemico. Chi ha la pazienza di andare a
guardarsi la Fig. 3 di Wagner et al., 2019, può rendersi conto del
lavoro enorme che gli autori hanno compiuto. Essi hanno messo in
relazione le variazioni ambientali con le variazioni orbitali terrestri,
individuando una relazione piuttosto forte tra i parametri orbitali e
quelli ambientali. Detto in altri termini i cambiamenti ambientali
sembrano dovuti a variazioni dei parametri orbitali e su questo non c’è
nulla da dire. La variabilità astronomica si sovrappone ad altre
variabilità di lungo periodo (sub-orbitali) e, tutte insieme, generano
un altro ciclo plurimillenario che può essere individuato in
un’alternanza di fasi umide, secche e neutre (secondo pannello a partire
dall’alto). Il primo pannello mostra, invece, le oscillazioni della
profondità del lago Ocrida nel corso del tempo: sono chiaramente legate
alle fasi secche ed umide.
Gli altri pannelli rappresentano parametri diversi come la velocità
di sedimentazione, l’estensione del lago e via cantando, ma sono poco
significative ai fini del mio ragionamento anche se piuttosto
interessanti dal punto di vista ambientale.
I dati sperimentali dimostrano che la profondità del lago si è
mantenuta costante per circa 300.000 anni a partire dalla data a cui
risalgono i primi sedimenti (637.000 anni a partire dal presente). Tale
lunghissimo periodo, fu caratterizzato da piogge cospicue e temperature
piuttosto fredde. Successivamente le temperature hanno cominciato a
salire e le piogge sono diventate meno abbondanti e più variabili,
determinando una diminuzione del livello del lago. Oggi la profondità
del lago Ocrida non è molto diversa da quella di circa 400.000 anni fa,
ma è maggiore di quella di 100.000 anni addietro.
In questi due macro-periodi che abbiamo caratterizzato come
freddo-umido e caldo-secco, si sono verificate ovviamente, grosse
oscillazioni climatiche di maggiore frequenza. Durante la fase
caldo-secca, in particolare, abbiamo avuto gli eventi di
Dansgaard–Oeschger ed Heinrich le cui tracce sono visibili nei sedimenti
lacustri, studiati da Wagner et al., 2019, attraverso una variazione
del tasso di sedimentazione o delle tipologie di polline rinvenute nei
sedimenti stessi.
Questo in buona sostanza il senso dell’articolo di Wagner e colleghi.
Di riscaldamento globale non si parla proprio. Cosa c’entra, quindi, il
commento ANSA con i risultati dello studio?
Niente, ovviamente.
La nota dell’ANSA ha, a mio modesto avviso, uno scopo diverso da
quello di commentare l’articolo scientifico in questione. I risultati
dello studio illustrati in Wagner et al., 2019, portano alla conclusione
che il periodo caldo è stato caratterizzato da una maggiore aridità e
da una maggiore variabilità delle precipitazioni. ANSA ne deduce che
poiché il clima futuro è previsto (dai modelli, ovviamente) più caldo di
quello attuale, dobbiamo aspettarci maggiore aridità ed eventi
meteorici più intensi, come dimostrerebbe il clima del passato.
Non è vero niente, in quanto la risoluzione dei dati di prossimità
dedotti dai sedimenti del lago Ocrida, è dell’ordine delle migliaia di
anni e, quindi, tale da non consentire paragoni a livello secolare,
figuriamoci a livello decadale o annuale. Diciamo che Wagner e colleghi
hanno disegnato un quadro che, osservato da lontano, ci dà un’idea
abbastanza completa del succedersi degli eventi, ma che nei dettagli è
molto approssimativo. Utilizzarlo per spiegare ciò che accadrà tra dieci
o cento anni (a livello microscopico), è, francamente, ridicolo.
Eppure è ciò che fa ANSA. Perché? Francamente lo ignoro, ma, a pensar
male, probabilmente il lancio dell’Agenzia è destinato a suscitare
interesse intorno ad un articolo estremamente specialistico.
Perfettamente comprensibile, ma il danno prodotto a livello di
comunicazione e divulgazione scientifica diretta al grande pubblico, è
immenso. Possibile che chi scrive certe cose, non se ne renda conto?
«Eh... se ne rendono conto eccome mio caro Donato Barone. Lo fanno apposta ben sapendo che la gente se non in piccolissima parte leggerà l'articolo; ed in quantità ancora minore si prenderà la briga di aprire la ricerca e verificare con i propri occhi.
Quelli a cui passerà sotto gli occhi l'articolo avrà semmai una ulteriore conferma che i cambiamenti climatici... bla, bla, bla...»
Si chiama indottrinamento.
Megachirottera
Seconda parte del post, questa volta entrando nel merito dello studio della carota di sedimenti:
RispondiEliminaTanto Wagner et al, 2017 che Francke et al., 2019 si basano sullo studio della stessa carota di sedimenti estratta dal lago di Ocrida o Ohrid, ubicato tra Macedonia del Nord ed Albania.
«...L’unica differenza tra i due studi deve essere ricercata nella metodologia di datazione dei sedimenti e nel periodo geologico indagato. In Wagner et al., 2017 si studiavano gli ultimi 637.000 anni di storia, in Francke et al., 2019 si studia il periodo relativo agli ultimi 16.000 anni (praticamente l’Olocene)...»
http://www.climatemonitor.it/?p=51523