martedì 8 ottobre 2019

Il Meglio del Peggio 2


Questo pezzo è firmato da Andrea Beretta.
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E come promesso eccoci arrivati alla seconda puntata del “Meglio del Peggio”. Sarà il cambio di stagione che influisce sull’umore dei giornalisti, sarà l’inerzia dell’informazione che batte sui soliti tasti, sarà il successo del nostro premio, ma comunque sia, gli spunti vanno moltiplicandosi.

Iniziamo allora da “La Stampa”, con l’imperdibile inserto TuttoGreen che titola con la solita sobrietà ed equilibrio: “Il Circolo Polare va a fuoco”.

Leggendo si scopre che si sarebbero contati “più di 100 incendi da giugno”. Non solo: questi incendi avrebbero rilasciato nei primi 14 giorni di luglio, circa 31 megatoni di CO2. Eh già: il problema non è il verde andato in fumo, ma l’anidride carbonica emessa. Peraltro misurata non in moli, o kg, ma in megatoni. Premesso che il megatone è utilizzato per misurare l’energia, non si capisce il nesso tra l’energia e le emissioni di anidride carbonica. Per la cronaca, la famosa bomba Zar, che è il più potente ordigno mai sperimentato nella storia dell’umanità, fu fatta esplodere proprio a Nord del Circolo Polare Artico nel 1961 e misurò circa 50 megatoni. Non vorremmo che dalle parti di Torino qualcuno abbia confuso date, misure, cause ed effetti.

Se si ha la pazienza di leggere tutto l’articolo, si troveranno contraddizioni come “ le osservazioni sono state condotte per 17 anni”, che non è proprio un lasso di tempo significativo, ma anche informazioni preziose tipo “ tradizionalmente la stagione degli incendi boreali inizia a maggio e dura fino a ottobre, con picchi di attività tra luglio e agosto”. Dal che scopriamo che, se di tradizione si tratta, un incendio in questo periodo in Siberia non è proprio questo fatto eccezionale.

E a proposito di fatti eccezionali, il “Fatto Quotidiano” nella ormai famosa rubrica “Ambiente e Veleni” pubblica un’inchiesta intitolata: “Olimpiadi invernali, il clima è impazzito. E si rischia il cambio di programma”  Uno si chiede se il giornale sia ironico oppure a quale olimpiade si faccia riferimento: magari a quelle di Pechino del 2022. E così, per toglierci questo dubbio, siamo costretti a leggere tutto, e scopriamo che invece non c’è ironia e si parla proprio delle “nostre” Olimpiadi invernali, quelle del 2026. Le frasi da segnalare sarebbero tutte quante, ma mi limito, per questioni di spazio alle seguenti:
  • Va notato che sono tutte porzioni di Dolomiti già fortemente segnate dall’intervento dell’uomo nell’ultimo mezzo secolo e dallo sviluppo industriale dello sci da discesa, esempi da manuale del distrut-turismo
A parte il virtuosismo linguistico che chiude la frase, che non diverte ma almeno rispetta la nostra lingua, si fa notare che sulle Dolomiti la maggior parte delle piste si trova sopra i 2000 m, comunque oltre il limite boschivo delle Alpi, quindi il deserto a cui dopo farà riferimento il pezzo è al massimo limitato a poche strisce dove passano le piste più a valle. E in ogni caso gli enormi comprensori della zona, come il celebre Sella Ronda, permettono agli sciatori di spostarsi su tre province senza emettere la tanto odiata CO2, visto che i collegamenti tra le varie valli non vengono fatti tramite macchina. Andiamo avanti:
  • Sono state piegate dal maltempo altre strade dell’Alto Adige, con frane di detriti e fango, anche ad Anterselva, capitale del biathlon e località di gara per le Olimpiadi
Bene. Non si capisce però cosa leghi la desertificazione e la distruzione delle montagne ad Anterselva. La quale, come giustamente cita il giornale, è capitale del biathlon e non dello sci alpino…e il biathlon, essendo una variante dello sci di nordico, non ha bisogno di impianti di risalita che disboscano e rovinano i crinali.

Ma è nel seguito che l’articolo svela il suo obiettivo, che è poi la linea editoriale dell’intero giornale: le Olimpiadi, come molti grandi Eventi o molte grandi Opere, non sono da fare. È stato uno sbaglio candidarsi ad ospitarle, un errore aggiudicarsele, e saranno comunque un insuccesso perché: “nel febbraio in cui si dovrebbero tenere le gare olimpiche, l’insegnamento di queste ultime stagioni ci parla di sbalzi di temperatura con impennate di caldo anomalo in quota, anche per l’irraggiamento solare, e di una scarsità di precipitazioni irrituale rispetto alle serie storiche precedenti”.

Per la cronaca, Torino si aggiudicò i Giochi del 2006 nel 1999, e si veniva da un deficit nevoso degli sciagurati inverni degli Anni 80/90, quando nei paesini di montagna si organizzavano nel cuore dell’inverno processioni religiose per pregare che il buon Dio mandasse la neve e salvasse stagione ed economia di quei posti. Già, forse il Fatto Quotidiano non lo sa, ma il turismo rappresenta per il Trentino circa il 15% del PIL, e oltre la metà è legato all’inverno e allo sci.

Ebbene, nonostante quel trend di aridità fosse abbastanza consolidato e pervicace, nessuno nel 1999 si sognò mai di prendere in considerazione l’idea di spostare le olimpiadi torinesi con 7 anni di anticipo…e infatti, l’edizione fu climaticamente felicissima e le gare furono salutate da una coreografia spettacolare, da Sestriere a Pragelato, tutte disputate su neve abbondante e naturale, come si può vedere dal seguente video. Si ha l’impressione che il “Fatto” getti letteralmente il cuore oltre l’ostacolo: niente Olimpiadi, non ci sarà neve. Anzi, non ci saranno nemmeno le montagne. E già che ci siamo, chiudiamo pure tutti i comprensori sciistici perché distruggono la natura. E lo sci di fondo? Ma sì, facciamo di tutta l’erba un fascio (spero si possa scrivere) e togliamo pure quello…

Ha fatto il giro del mondo la notizia che il luglio 2019 sarebbe stato il più caldo della storia. Tra i millemila articoli celebrativi, spicca quello di Avvenire, che già si è segnalato per le sue posizioni oltranziste sull’argomento. A parziale smentita del detto “venenum in cauda”, qui il veleno è (anche) nel titolo, e nel sottotitolo, che riportano:
  • I ghiacci della Groenlandia si sciolgono. In Nord Europa temperature record. E le previsioni a lungo termine non promettono nulla di buono. Il 28 luglio a Helsinki registrati per la prima volta 33,2°C. Guarda il video
La notizia è di quelle da scoop: scopriamo che in Groenlandia d’estate i ghiacci si sciolgono. A Helsinki, inoltre, frantumiamo il record di caldo (il precedente immagino fosse quello associato al momento in cui il pianeta era una palla di fuoco, 5 miliardi di anni fa). Per i cinefili, si può perfino aprire il video per vedere un ghiacciaio che si scioglie (altra immagine eccezionale). All’interno dell’articolo sono riscaldate (è il caso di dirlo, visto il tenore) le solite minestre fatte di previsioni pessimiste e il catastrofismo apocalittico:
  • “Se non interveniamo subito, gli eventi meteorologici estremi saranno solo la punta dell’iceberg e quell’iceberg si sta rapidamente sciogliendo“. Quali siano questi interventi non è dato sapersi, così come non è chiaro cosa ci sarebbe sotto la punta dell’iceberg oltre gli eventi metereologici “estremi”.
Chiosa finale: “Luglio ha riscritto la storia del clima, con dozzine di nuovi record di temperatura a livello locale, nazionale e globale”. Per un attimo spero infatti si faccia anche riferimento anche ai record negativi battuti in Siberia, ma il mio entusiasmo dura poco: si rimenzionano Parigi ed Helsinki, ma nessun cenno alle siberiane Susuman o Seimchan. Forse i nomi erano troppo difficili.


L’appuntamento, è per la prossima puntata!


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