Siamo in ottobre, il mese che sia alcuni professionisti del
settore meteo un po’ visionari, sia moltissimi appassionati alla materia
considerano la spia dell’evoluzione della prossima stagione invernale
boreale, cercando di capire se ci saranno o meno delle possibilità che
arrivino eventi di freddo importante di cui potrebbe essere responsabile
il Vortice Polare Stratosferico o, meglio, un episodio di Sudden
Warming. Nel frattempo, si è concluso con un Sudden Warming epocale
l’inverno australe, regalando cronache di freddo di fine stagione che
molti weather addicted delle nostra parti avrebbero scambiato con gli
affetti più cari ;-).
Ma, soprattutto, l’SSW arrivato sullla verticale del Polo Sud, ha
offerto l’occasione per riflettere su quanto un evento di riscaldamento
ad alta quota a carattere assolutamente naturale e regionale possa poi
avere delle conseguenze a scala ben più ampia, quella emisferica, e di
segno diametralmente opposto alla stessa quota. Ce lo spiega in un post
molto interessante Roy Spencer, che insieme a John Christy gestisce i
dateset delle temperature atmosferiche rilevate dalle sonde satellitari.
Quel che sembrava a tutti gli effetti essere un errore strumentale – un
consistente raffreddamento alle latitudini tropicali alla quota della
tropopausa – , si è rivelato invece essere una conseguenza diretta
dell’SSW, il cui aumento di temperatura si è propagato fino allo strato
inferiore dell’atmosfera, attivando la circolazione meridiana nota come
Brewer Dobson Circulation. Il tutto, si è poi riverberato sul computo
delle anomalie mensili calcolate sempre sulla base dei dati satellitari.
Il post è questo:
Da segnalare che, come anticipato anche dai dati del satellite
Copernicus e dalle rilevazioni della NASA, la particolare dinamica di
fine stagione del Vortice Polare Australe, ha avuto effetti importanti
anche sul depauperamento dello strato di ozono, portandolo ad una
estensione che risulterà alla fine tra le più basse degli ultimi decenni
e ad una posizione molto spostata verso sud rispetto alla norma.
Il sistema è uno, è grande e complesso e, una volta di più la Natura
dimostra che nessun approccio riduzionistico ha possibilità di successo.
Per cui eccovi la seconda lettura, un discreto “mattone” che affronta
tanto la fisica di base delle dinamiche del clima, quanto i concetti,
sempre di base, dell’approccio alla loro valutazione compiuto nel mondo
dell’informazione ai fini di policy, quella dell’IPCC. Come ha detto
Judith Curry, da cui arriva la segnalazione a questo paper, si tratta di
una lettura lunga ma che vale decisamente lo sforzo.
E, se di approccio olistico si deve parlare, certamente non si può
lasciar fuori l’elemento primario, unica fonte di energia di tutto il
sistema (con buona pace della CO2): la forzante solare e la ricerca per
la comprensione della sua variabilità nel lungo periodo. Una
significativa riduzione dell’incertezza, accompagnata da un
ridimensionamento del limite superiore della stessa. Articolo complesso
direi.
Del resto, ci piacerebbe tanto che si potesse ridurre tutta la
faccenda del clima al semplice ruolo di un gas presente in tracce che
possa fungere da manopola termostatica, ma pare proprio che non sia
così.
Buona lettura.
Fonte: ClimateMonitor
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