La
prima settimana della COP 25 si è conclusa. Tralasciando gli aspetti di
colore (sessione inaugurale, eventi collaterali, sfilate per le vie di
Madrid, Greta Thunberg et similia) che incidono poco o niente sulla
sostanza delle trattative in corso, è opportuno fare una bilancio di
questa prima settimana di lavoro. Contrariamente a quanto mi aspettassi,
le notizie vere sono giunte nella giornata di sabato e, precisamente,
tra sabato pomeriggio e sabato sera.
Sono state pubblicate, infatti, le prime bozze dei documenti su cui
si gioca il destino di questa Conferenza delle Parti. Mi riferisco ai
documenti elaborati dai corpi secondari che si occupano di questioni
finanziarie e di contabilizzazione delle emissioni, oltre che di
problematiche scientifiche. Nei post precedenti ho avuto modo di porre
in evidenza che il successo o l’insuccesso della COP 25 si sarebbe
giocato su quattro punti: il controllo delle emissioni per evitare il
doppio conteggio, il mercato del carbonio, i meccanismi compensativi per
far fronte ai danni e perdite dei Paesi in via di sviluppo (i
famigerati cento miliardi di dollari da trasferire annualmente dai Paesi
industrializzati a quelli in via di sviluppo) e gli impegni di
riduzione delle emissioni (NDCs) dei singoli Stati.
Queste problematiche sono contemplate dall’art. 6 del Protocollo di
Parigi, per cui appare evidente che rendere operativo questo articolo,
renderà operativo l’intero Accordo di Parigi.
La discussione sull’art. 6 si svolge all’interno di diversi corpi
sussidiari la cui denominazione è piuttosto impegnativa. Le discussioni
vertono intorno a tre paragrafi dell’art 6: 6.2, 6.4, 6.8 ed hanno
generato altrettante bozze di documento finale. Gli stessi documenti
alla fine della COP 24 contenevano oltre cinquecento punti di disaccordo
e, per circa un anno, pochi di tali punti sono stati definiti.
All’inizio della Conferenza di Madrid i punti da definire erano circa
500 e, dopo una settimana di trattative, si sono dimezzati. Restano,
comunque, quasi 250 punti di disaccordo tra le Parti. Di essi alcuni
sono squisitamente politici e dovranno essere definiti nella settimana
che va ad iniziare, altri sono molto tecnici e, probabilmente,
slitteranno al prossimo anno, salvo accelerazioni dell’ultima ora che,
nelle trattative ONU, sono sempre possibili. Un segnale negativo si è
avuto sabato sera: la sessione notturna di incontri è stata annullata.
Ciò non significa, però, che il dialogo si sia interrotto: le trattative
continuano, probabilmente, in altro modo e sotto altra forma.
E con questo abbiamo capito, grossomodo, come si stanno evolvendo le
cose. Per chi è meno interessato ai dettagli tecnici, la lettura può
concludersi a questo punto.
Coloro che sono interessati ai tecnicismi giuridico-economici,
potranno seguirmi nella disamina dei principali punti di disaccordo
ancora in essere. Lo faranno, però, a loro rischio e pericolo!
A solo titolo esemplificativo consideriamo il documento:SBSTA 51 agenda item 12(a) – Matters relating to Article 6 of the Paris Agreement: Rules, modalities and procedures for the mechanism established by Article 6, paragraph 2, of the Paris Agreement.Punto 12 (a) dell'ordine del giorno SBSTA 51 - Questioni relative all'articolo 6 dell'accordo di Parigi: norme, modalità e procedure per il meccanismo istituito dall'articolo 6, paragrafo 2, dell'accordo di Parigi.
Il frutto del lavoro di questo tavolo di trattativa è condensato in una bozza
pubblicata alle 18,00 di sabato 7 dicembre. Sono quasi cento paragrafi,
racchiusi in 13 pagine e costituiscono il quadro normativo entro cui
devono muoversi i legislatori nazionali e sovranazionali, per rendere
operativa una parte dell’Accordo di Parigi. Questo e gli altri documenti
elaborati dai vari corpi sussidiari della COP 25, costituiscono quello
che può essere definito in modo un po’ impreciso, ma efficace, il
“regolamento attuativo dell’Accordo di Parigi”. La loro definizione è il
discrimine tra il successo e l’insuccesso della trattativa in corso.
Molto importante è anche il modo in cui essi saranno definiti: a seconda
delle opzioni adottate, potremo stabilire se l’Accordo di Parigi sarà
vincolante e, quindi inciderà sulle nostre vite o resterà ciò che
attualmente è, ovvero una mera dichiarazione d’intenti. Nelle righe
seguenti analizzeremo i punti critici di questo documento.
Partiamo dal punto VIII della lettera F della bozza. Si tratta della
parte che riguarda il mercato del carbonio e, in particolare, la
contrattazione bilaterale dei crediti di carbonio. Il meccanismo di base
può essere così riassunto. Un Paese A si impegna a raggiungere un certo
livello di emissioni, ma non riesce ad ottenere i risultati previsti.
Può compensare il mancato raggiungimento dei suoi obbiettivi, trattando
con un Paese B che, invece, ha raggiunto e superato i suoi obbiettivi e,
quindi, è in grado di cedere, previa corresponsione di un compenso in
denaro, quelli che potremmo definire dei “crediti in carbonio”. In gergo
tecnico si parla di ITMO (Internationally Transferred Mitigation Outcomes). La questione circa le modalità con cui queste contrattazioni possono
essere effettuate e certificate a livello internazionale, non sono
state ancora definite ed i paragrafi 52, 53 e 54 della bozza sono
altrettante possibili opzioni. Leggendo le tre possibili opzioni, si
capisce che esse graduano in modo differente la libertà di
contrattazione dei singoli stati:
si passa da un automatismo piuttosto rigoroso, alla completa volontarietà della questione. La cosa buffa è che tutto il punto VIII della lettera F è racchiuso in parentesi quadre: significa che può essere completamente eliminato dal documento finale. Della serie l’importante è partecipare….
Il punto IX della medesima lettera F della bozza (paragrafo 55) è
definito “anti-Australia”. in quanto l’Australia ha chiesto di
conteggiare le emissioni secondo l’unità di Kyoto, ovvero le definizioni
del Trattato di Kyoto di unità di emissione e non secondo le
definizioni dell’Accordo di Parigi. Se resta la formulazione attuale,
l’Australia non sarebbe in grado di raggiungere il suo NDC, ma sarebbe
in grado di farlo, se le emissioni fossero conteggiate in base alle
vecchie unità. Anche questa parte è compresa in parentesi quadre per cui
vale lo stesso discorso del punto VIII.
Il punto VII della lettera F della bozza (paragrafi da 45 a 51)
riguarda l’accantonamento di una quota dei proventi derivanti dal
mercato degli ITMO, per l’attuazione di iniziative di adattamento nei
Paesi in via di sviluppo. Il numero di risultati ottenibili attraverso
la combinazione delle possibili alternative, è tale da far girare la
testa, per cui tutto è possibile. Per inciso anche tale punto è tra
parentesi quadra: può essere eliminato del tutto dal documento finale.
Un altro punto della trattativa che resta irrisolto è contemplato
nella parte della bozza contraddistinta con la lettera E (paragrafo 23).
Esso riguarda le regole relative alla compensazione, ovvero alla
libertà di contrattare le emissioni (commercio degli ITMO). La gamma di
possibilità è vasta: si va dal divieto alla limitazione. Inutile dire
che anche questa parte è compresa entro parentesi quadre, per cui
interamente eliminabile dal documento finale.
Le altre parti della bozza, pur presentando diverse opzioni, appaiono meglio definite.
La lettera B (da paragrafo 9 a 14) regola il mercato del carbonio ed
il modo in cui devono essere contabilizzate le emissioni dei singoli
Paesi, in modo da escludere la doppia contabilità. In altri termini si
vuole evitare che un pannello fotovoltaico prodotto in Cina ed
acquistato dalla Germania, venga contabilizzato due volte in termini di
riduzione delle emissioni. Le alternative in campo sono ancora
parecchie, ma il grosso è stato definito. Diciamo che su questo punto
non ci dovrebbero essere problemi.
L’altra bozza di documento
pubblicata sabato sera, riguarda il paragrafo 4 dell’articolo 6
dell’Accordo di Parigi. Scorrendo il documento si nota un’imbarazzante
“somiglianza” con quello relativo al paragrafo 6.2. Le ragioni di tale
somiglianza deve essere ricercata nelle ambiguità con cui fu concepito
l’art. 6 quattro anni fa. Sulla base di interpretazioni giuridiche che
occupano centinaia di pagine, sembra che esistano due tipi di
contabilità del carbonio:
una sotto il controllo delle Parti ( paragrafo 6.2) ed un’altra sotto il controllo della Conferenza delle Parti (paragrafo 6.4). Ciò a rendere più trasparenti (si fa per dire) le cose.
Si tratta di un documento meno “contestato” dell’altro, in quanto le
opzioni non riguardano interi punti, ma solo parti dei singoli
paragrafi, su cui si è raggiunto un accordo di massima. In questo
documento spiccano per difficoltà negoziali i paragrafi da 73 a 76
relativi all’accantonamento di una quota dei proventi derivanti dal
mercato del carbonio, per l’attuazione di iniziative di adattamento nei
Paesi in via di sviluppo. La decisione su questo punto non è tecnica, ma
politica e potrebbe essere presa in settimana. Ribadisco che solo ad un
esame superficiale questo punto del documento sembrerebbe una replica
di quanto già scritto nella bozza precedentemente discussa. In realtà si
tratta di proventi diversi: nel primo caso mercato degli ITMO, nel
secondo mercato del carbonio in generale.
Altri aspetti su cui si dovrà discutere molto nel corso della
prossima settimana, sono i paragrafi da 77 ad 81 riguardanti la
mitigazione globale ed il conteggio delle emissioni. Anche per essi
possiamo ripetere quanto scritto nel commento al documento relativo ai
corrispondenti argomenti della bozza di regolamento del paragrafo 2
dell’art. 6. E per finire un cenno ai paragrafi da 86 a 94. Si tratta
delle procedure per passare dalla contabilità sulla base delle unità di
emissione di Kyoto a quelle di Parigi. Il punto è tutto compreso tra
parentesi quadre, per cui potrebbe essere completamente cancellato dal
documento definitivo.
Come si vede, la carne al fuoco è ancora tanta e molto lunga ed insidiosa la strada fino al traguardo.
Fonte: ClimateMonitor
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