ETA' DELL'ORO A SEFARAD
Gli ebrei nel Califfato di Cordoba
Nel corso del Medioevo, per alcuni secoli la penisola iberica (in ebraico Sefarad, in arabo al-Andalus) fu controllata da governanti musulmani, che garantirono agli ebrei una tolleranza molto più ampia rispetto alle persecuzioni delle successive epoche cristiane. In particolare il periodo del Califfato di Cordoba (tra il 929 e il 1031) fu caratterizzato da un ineguagliato splendore economico e culturale, dalla convivencia delle tre grandi religioni (islam, ebraismo, cristianesimo) e da un notevole sviluppo delle scienze. Un “sogno andaluso” da replicare nel XXI secolo in una Palestina liberata dal sionismo, multiconfessionale e, magari, socialista.
In copertina:
un ebreo e un musulmano giocano a scacchi (immagine dell'epoca)
un ebreo e un musulmano giocano a scacchi (immagine dell'epoca)
Gli ebrei sefarditi
Il termine Sefarad compare una sola volta nella Bibbia, a indicare originariamente la città di Sardi, capitale della Lidia, in Asia Minore. In ebraico medievale, invece, Sefarad designa la penisola iberica. Per cui si dicono sefardite le comunità ebraiche della penisola o originarie della penisola, prima o dopo l'espulsione dalla Spagna del 1492. Oggi, per estensione e per effetto degli antichi contatti culturali e di una relativa
affinità nella liturgia, si dicono sefarditi tutti o quasi tutti gli Ebrei non ashkenaziti, in particolare quelli del Maghreb e dell'Oriente.
affinità nella liturgia, si dicono sefarditi tutti o quasi tutti gli Ebrei non ashkenaziti, in particolare quelli del Maghreb e dell'Oriente.
Di lingua ebraico-spagnola, l'ebraismo sefardita della penisola iberica si diffuse, dopo il 1492, soprattutto nei Balcani, ma anche in minor misura nell'Europa occidentale, nel Maghreb e in America. Questa componente dell'ebraismo svilupp ò una specifica tradizione culturale, ricca e multiforme, a lungo valorizzata dall'intero mondo ebraico, prima che la formazione dello stato sionista, a guida ashkenazita, la relegasse in secondo piano.
Crisi dell'Arabia felix e nascita dell'Islam
Nei primi secoli dopo Cristo, mentre l’impero romano andava disfacendosi, la penisola arabica godeva ancora di una relativa prosperità e stabilità, tanto da meritarsi l’appellativo di Arabia felix da parte di alcuni storici del tempo. Abitata da epoca immemorabile da tribù nomadi (i beduini, in arabo “abitanti della steppa”, da cui verso la fine del II millennio avanti Cristo si erano staccati i primi ebrei), l’Arabia si trovava a metà strada lungo la rotta che dal Mediterraneo, passando lungo il mar Rosso, portava fino in India e in Cina; dunque aveva sviluppato una propensione commerciale, soprattutto in alcune città costiere come Mekka e Yahtrib (la futura Medina). Le tribù ebraiche erano numerose.
Nella parte più meridionale della penisola (Yemen) si formò un regno che proclamò il monoteismo ebraico come religione ufficiale. Erano presenti anche numerose comunità cristiane.
Questa relativa stabilità venne turbata nel VI secolo d.C. da una serie di invasioni di popoli etiopi, di fede cristiana, scacciati solo dopo decenni di guerra e con l’intervento dei popoli persiani da nord. A seguito delle lunghe devastazioni il commercio e l’agricoltura entrarono in crisi e questa calamità colp ì anche la ricca famiglia di mercanti di Mekka alla quale apparteneva Maometto. Nato nel 570 d.C., a partire dal 610 Maometto iniziò una serie di predicazioni. Secondo la tradizione egli venne ispirato dall’arcangelo Gabriele a portare un messaggio di salvezza per i popoli arabi: unirsi sotto un unico dio, praticare la carità e le opere buone in favore dei poveri, non arricchirsi in modo smodato, svolgere un percorso di purificazione che distogliesse dai beni di questo mondo.
Insomma una sorta di reazione alla degenerazione della vita cittadina attraverso un “riformismo beduino”, centrato sul pilastro dello “zakat”, la “purificazione” dei propri averi.
Maometto e i suoi primi seguaci si ritenevano gli ultimi profeti della sottomissione (islam) al dio unico Allah, al culmine del percorso svolto dai loro antesignani Abramo, Ismaele, Mosè e Gesù, anch’essi muslimun (sottomessi) alla volontà di dio.
Nel 622 d.C. Maometto si rec ò da Mekka alla città-oasi di Yathrib, poi ribattezzata Medina (Città del Profeta), invitato dagli abitanti di quest'ultima per dirimere le controversie tra le tribù. Egli le riunì intorno alla nuova fede dell'islam. Due delle tre tribù ebraiche della città non accettarono la nuova “Costituzione di Medina”, furono affrontate e sconfitte militarmente, e ferocemente decimate.
Successivamente, nel 628 d.C. ebbe luogo la conquista dell'oasi di Khaybar, abitata da ebrei, dopo un assedio durato un mese e mezzo. In base al trattato di pace, Maometto consent ì agli ebrei di seguitare a vivere nell'oasi, cedendo però ai musulmani la metà del prodotto agricolo (per lo più datteri): nasceva la dhimma, il patto in base al quale ai non musulmani era concesso di praticare la propria religione, soggetti a certe condizioni, e di godere di una certa autonomia. Era loro garantita la sicurezza personale e la certezza della proprietà come corrispettivo del pagamento di un tributo e del riconoscimento della supremazia musulmana. In generale, una posizione ben più agevole rispetto a quella dei non cristiani o dei cristiani eretici in tanta parte della storia medievale.
Alla morte di Maometto, il suo successore Abu Bakr fu nominato califfo (cioè vicario, reggente) del profeta. La figura del califfo divenne elemento tipico della società musulmana.
Al-Andalus e gli ebrei
La presenza ebraica nella penisola iberica, dall'età romana in poi, fu ininterrotta, e caratterizzata da una prevalenza dell'attività commerciale accompagnata da quella agricola e artigiana. Con lo smembramento dell'impero romano, in Spagna si formò un regno visigoto, i cui sovrani nel VI secolo d.C. si convertirono al cattolicesimo, inaugurando un periodo di persecuzioni nei confronti di chi professava altre religioni, tra cui gli ebrei.
Questi ultimi accolsero dunque come una liberazione l'invasione musulmana, iniziata nel 711 sotto la guida di Tariq ibn Ziyad e completata nel giro di pochi anni. Nel 715 berberi e arabi provenienti dall'Africa settentrionale, cui si aggiunsero siriani, egiziani, yemeniti, avventurieri in cerca di fortuna, mercanti, avevano conquistato tutta la Spagna ad eccezione delle regioni montuose nordoccidentali. Gli arabi si stanziarono nella valle del Guadalquivir, i siriani a Granada, gli egiziani nella Murcia e i berberi nella zona montagnosa dell'Andalusia, negli altipiani centrali e nell'Estremadura.
In seguito, i cronisti cristiani attribuirono al tradimento degli ebrei la caduta cos ì rapida del regno visigoto. Le cronache arabe contemporanee alle conquiste non negano che i nuovi padroni della penisola avessero trovato negli ebrei degli alleati ai quali affidare la difesa delle guarnigioni durante la loro avanzata verso il Nord. Considerandoli dei liberatori, gli ebrei non risparmiarono energie nell'offrire i propri servigi.
Gli invasori tassarono gli ebrei, anche per garantirsi le entrate necessarie alla conduzione della conquista. Per questi ultimi tuttavia si aprì un'era nuova, una “età dell'oro” nel corso della quale la loro civiltà raggiunse vertici fino allora sconosciuti. I nuovi padroni della penisola consentirono ai non musulmani di usufruire delle prerogative della dhimma, mantenendo le loro comunità autonome, con le loro leggi e la loro religione.
Molti storici di orientamento marxista attribuiscono la prosperità degli ebrei nell'Alto Medioevo al fatto che essi fossero pressoché gli unici a condurre l'attività di mercanti in un modo di produzione, quello feudale, fondato essenzialmente sull'economia naturale e la produzione di valori d'uso, dunque svolgendo una indispensabile funzione di completamento. Ciò vale per gli ebrei di al-Andalus. Scrive Abraham Leon:
L'affermazione del modo di produzione feudale, con la sua relativa staticità e la produzione di valori d'uso, rese fondamentale la funzione sociale dei mercanti ebrei, che per alcuni secoli continuarono ad essere gli unici intermediari commerciali fra l'Oriente e l'Occidente. Il capitalismo nella sua forma primitiva, commerciale e usuraia, era il necessario completamento della società feudale, basata sulla produzione di valori d'uso.1
Secondo Leon, fino a quando dominò l'economia feudale gli Ebrei furono indispensabili. Il declino di tale economia e il processo di formazione di una borghesia nazionale diedero il segnale della persecuzione contro gli Ebrei. Per ciò che riguarda la penisola iberica, il compimento di questa dinamica ha una data simbolo nel 1492, anno della capitolazione dell'ultimo sovrano musulmano di Granada (con l'ingresso in città di Isabella di Castiglia, crocifisso alla mano) e del decreto di espulsione degli ebrei dal regno, che da allora si consolidò anche attraverso la ferocia dell'Inquisizione cattolica.
Dal Califfato di Cordoba alla Reconquista
I primi califfi erano appartenuti alla medesima tribù di Mekka, denominata Bani Umayya (di qui il termine omayyadi). Essi avevano trasferito la capitale della umma (la comunità islamica) a Damasco. Qui nel 750, in seguito a un colpo di stato, il califfo omayyade venne detronizzato, e il califfato trasferito a Baghdad ove si inaugur ò la dinastia abbàside, che avrebbe regnato per cinque secoli.
Abd al-Rahman, unico sopravvissuto della famiglia omayyade, fuggì in al-Andalus, e nel 756 ristabilì la sede della dinastia a Cordoba. Lui e i suoi successori rafforzarono l'esercito e la burocrazia, ricreando a Cordoba lo splendore di Baghdad. La prosperità degli ebrei ebbe inizio allora, incoraggiata dai regnanti omayyadi, più aperti verso i non musulmani rispetto agli abbàsidi, e conobbe il proprio apogeo nei secoli X e XI.
Lo splendore della città divenne leggendario, attirando commercianti da tutto il Mediterraneo e uomini di cultura desiderosi di visitare la biblioteca, ricca di 400.000 volumi. Mercanti e intellettuali di tutte le religioni si davano appuntamento a Cordoba, che divenne la città più popolosa del mondo di allora, con 450.000 abitanti. Anche l'asse culturale degli ebrei si spost ò da Baghdad verso la Spagna, grazie all'arrivo di studiosi del Talmud che riprendevano la tradizione delle accademie orientali.
Nel 929 Abd al-Rahman III assunse il titolo di primo califfo di Cordoba. A partire da questo momento gli ebrei vennero accolti anche a corte, condividendo gli orientamenti culturali e le scelte politiche della leadership musulmana. Il periodo del califfato della dinastia omayyade durò fino al 1031, quando al culmine di alcune lotte di potere e di una crisi economica Hisham III fu cacciato da una sollevazione popolare. Il territorio iberico si smembrò in una serie di entità indipendenti ( taifa = fazione). Con il passare degli anni i regni di taifa di Siviglia, Badajoz, Toledo e Saragozza divennero i più estesi e potenti. Non avendo un esercito sufficiente, assoldavano truppe mercenarie, inclusi guerrieri cristiani (celebre il caso del castigliano Rodrigo Diaz, detto El Cid Campeador). Questi regni arrivarono ad essere più di trenta (sino a trentanove) e il loro numero proporzionale alla loro debolezza fu uno dei fattori che favorì la Reconquista cristiana della Spagna (particolarmente significativa fu la presa di Toledo nel 1085).
I regni di taifa si mantennero indipendenti sino all'inizio del XII secolo, quando, anche per la minaccia cristiana da nord, si rivolsero alla dinastia musulmana almoravide, regnante in Marocco, che li conquistò e li inglobò. Con il dissolvimento dell'impero almoravide si ebbe un secondo periodo di regni di taifa tra il 1144 ed il 1170, quando si impose un'altra dinastia sempre proveniente dal Maghreb, che creò un altro impero magrebino-andaluso, quella degli Almohadi. Al termine del periodo almohade si ebbe un terzo periodo di regni di taifa, di breve durata, che terminò con la fondazione del Sultanato di Granada.
Quest'ultimo baluardo della Spagna islamica capitolò il 2 gennaio 1492, e la Reconquista fu completata.
Non bisogna credere che la Reconquista cristiana coincise in automatico con la persecuzione degli ebrei. L'espulsione degli ebrei dalla Spagna è legata alla trasformazione dei rapporti sociali, dal passaggio dal modo di produzione feudale verso quello capitalistico. Finché l'economia mantenne un carattere prevalentemente feudale, gli ebrei conservarono il proprio ruolo di detentori del capitale commerciale, anche nei regni cristiani del XII - XIV secolo. In Spagna il processo di affermazione di una borghesia commerciale cristiana, in grado di unificare il mercato nazionale, fu più lento rispetto ad esempio all'Inghilterra (da dove gli ebrei furono cacciati già nel 1290) o alla Francia (nel 1394). Le prime regioni iberiche a vivere questa fase furono la Catalogna e l'Aragona, dove la nuova classe media urbana presto emargin ò gli ebrei, mentre in Castiglia ancora nel 1357, al tempo di Pietro I il Crudele, il suo tesoriere ebreo Samuel Halevi poteva far costruire a Toledo, a proprie spese, la celebre Sinagoga del Transito.
Scienziati, politici, filosofi e poeti
Hasday ibn Shaprut é la prima personalità ispano-ebraica la cui vita e la cui opera si conoscano con dettagliata certezza. Nato a Jaén nel 910, in gioventù imparò l' ebraico, l'arabo e il latino, lingua quest'ultima che allora in al-Andalus era conosciuta solo dalle supreme gerarchie religiose cristiane. Studiò anche medicina , fu medico del califfo ʿAbd al-Rahmān III e grazie alle sue qualità divenne uno dei suoi principali consiglieri. Per quanto non ricevesse mai il titolo ufficiale di hagib, esercitò tuttavia funzioni simili a quelle di un ministro degli Esteri.
Instaurò alleanze fra il califfato e altre potenze, e fu incaricato di ricevere ambasciate, come quella che nel 949 invi ò a Cordova l'Imperatore bizantino Costantino VII, che portò come omaggio al califfo un magnifico codice dell'opera botanica di Dioscoride, assai apprezzato dai medici e dai naturalisti arabo-musulmani. Con l'ausilio di un colto monaco bizantino di nome Nicola, Ḥasd āy tradusse l'opera in arabo.
Il politico ed erudito ebreo più poliedrico dell'epoca fu forse Samuel ibn Nagrela, attivo a Granada, dove la numerosità e preponderanza della comunità ebraica locale (la città era chiamata “Granada degli Ebrei”) fece sì che nel 1027 egli fosse nominato visir (ministro) del califfo. Da un lato fu generale dell'esercito, dall'altro si mise in luce per la sua profonda conoscenza del Talmud e come autore letterario, ma anche come scienziato e filosofo. Le sue straordinarie capacità gli permisero anche di costruirsi una considerevole fortuna, che trasmise insieme alla carica di visir al figlio Yusuf ibn Nagrela. Questo successo alla lunga suscitò il malcontento della popolazione non ebrea, meno abbiente, e il 30 dicembre 1066 una folla di musulmani assaltò il palazzo reale e le case ebraiche della città, uccidendo il visir e migliaia di ebrei grenadini. Fu uno dei rari episodi di pogrom antiebraici nel mondo islamico.
Anche la poesia e la filosofia ebraiche furono influenzate dall'incontro con la cultura islamica. Alle conquiste musulmane fecero seguito grandi lavori di traduzione dei più importanti testi filosofici e scientifici del mondo greco classico. I musulmani cercavano di conciliare la loro religione con le filosofie della Grecia antica, soprattutto con quella di Aristotele. Gli ebrei si misero a rileggere la Bibbia alla luce del pensiero razionalista greco: numerosi filosofi tentarono, nei secoli IX e X, di trovare una soluzione al conflitto sempre più evidente tra rivelazione e ragione. I pensatori ebrei e musulmani condividevano il medesimo vocabolario ed erano mossi dalle medesime preoccupazioni intellettuali. Emblematica la figura di Solomon ibn Gabirol, poeta ebreo autore del trattato neoplatonico Fons Vitae, il cui testo originale fu composto in arabo. Ibn Gabirol fu il primo di una serie di filosofi ebrei spagnoli, dei quali il più noto è probabilmente Maimonide (1135 – 1204). Cresciuto a Cordoba al tempo della dinastia degli Almohadi, dovette lasciare la città per trasferirsi a Fes, in Marocco. In seguito si stabilì al Cairo, in Egitto, dove divenne medico ufficiale alla corte del visir della città. Autore di un gran numero di trattati di medicina, Maimonide fu anche un importante giurista, ma soprattutto il massimo esponente dell'aristotelismo ebraico medievale, componendo la celebre Guida dei perplessi, anch'essa scritta originariamente in arabo.
Note
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1. Abraham Leon, La concezione materialista della questione ebraica, 1942
Fonte Antisionismo
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