Un progetto sperimentale per testare le capacità della canapa di ripulire i terreni dai metalli pesanti, venendo poi riutilizzata nelle parti non interessate dallo stoccaggio di queste sostanze, che possono addirittura essere successivamente recuperate. Significherebbe avere allo stesso tempo terreni puliti e metalli puri estratti dalla pianta.
Non
è solo una risorsa per ridurre le emissioni di CO2, la deforestazione e
l’uso sfrenato di petrolio e derivati: la canapa può rivelarsi
un’ottima alleata nel difficile compito di ripulire il pianeta da
inquinanti e metalli pesanti. La canapa infatti è una delle piante più
efficaci dal punto di vista della fitorimediazione, termine che indica
appunto la capacità di alcuni vegetali di depurare terreni, aria e acqua
da sostanze inquinanti, per stoccarle al proprio interno.
La
parola è stata coniata negli anni ’90 dalla ricercatrice Ilya Riskin,
impegnata nei dintorni di Chernobyl nel tentativo di ripulire i terreni
contaminati proprio con la canapa. Nella pubblicazione scientifica
creata insieme ai colleghi, la definirono come una delle migliori piante
fitorimediatrici che avessero sperimentato.
E
la ricerca internazionale è poi proseguita, dalla Germania all’India,
con diversi scienziati che ne hanno testato le potenzialità per scoprire
che la canapa funziona benissimo per togliere dal terreno metalli
pesanti come piombo, cromo, nichel arsenico e altri. E che queste
sostanze vengono stoccate principalmente nelle foglie e nelle radici,
aprendo alla possibilità che le altre parti della pianta vengano
riutilizzate.
Ma
anche in Italia qualcosa si muove. Di recente infatti un gruppo guidato
dai biologi dell’ABAP ha vinto un bando regionale da 20mila euro per
poter lanciare un progetto di ricerca proprio su questo tema. “Sono
stati stanziati dei fondi per la ricerca sulla canapa e il nostro
progetto prevede una semina di varietà di canapa certificate a livello
europeo. Saranno seminate in primavera in un ettaro di terra vicino
all’aeroporto di Bari”, sottolinea il biologo Marcello Colao
puntualizzando che: “Dopo i campionamenti preventivi, sarà preparato il
terreno e si procederà con la semina per verificarne le capacità
fitodepuranti: metà del terreno sarà seminata a filari e l’altra metà ‘a
macchia’ per fare poi un paragone sulla loro capacità di estrarre
metalli pesanti dal terreno”. E’ il progetto GREEN, acronimo che sta per
generare risorse ed economie nuove.
Saranno
seminate diverse varietà in modo da confrontare la diversa capacità di
depurare i terreni e capire quali possano essere più performanti. E poi
si passerà allo studio delle parti della pianta in cui vengono stoccati i
metalli pesanti assorbiti dal terreno. Il punto interrogativo è se la
canapa impiegata per questo tipo di bonifiche possa poi essere
riutilizzata per lavorazioni industriali che ovviamente non prevedono
l’uso alimentare. “Da letteratura scientifica la parte del fusto
potrebbe essere impiegata in vari settori come nella bioedilizia o nella
filiera bioenergetica come biomassa”.
Non
solo, perché esiste una tecnica, chiamata fitoestrazione, che permette
di recuperare i metalli estratti dal terreno che possono essere
successivamente riutilizzati nell’industria. E’ una metodica già
impiegata che permetterebbe di chiudere un cerchio importante: non solo
si ripulisce la terra, ma si riescono anche a recuperare i metalli
pesanti come cadmio, piombo o rame, che sarebbero addirittura più
rispetto a quelli ottenuti con i vari processi di estrazione classica.
Ma
l’ABAP, insieme a Canapuglia, era già stata protagonista di uno dei
primi progetti italiani di fitorimediazione con la canapa, effettuato
presso la masseria Fornaro che sorge vicino all’ex Ilva, in cui tutti
gli ovini erano stati abbattuti a causa degli alti livelli di diossina
riscontrati. “Era stata anche una provocazione – spiega Colao – per
dire che Taranto non è soltanto l’Ilva, ma può essere origine di una
nuova buona pratica che può essere considerata un volano per una nuova
economia verde per la città, soprattutto per gli allevatori e
coltivatori e per favorire il ritorno dei giovani nelle nostre
campagne”.
E
anche in Sardegna nel 2017 è stato avviato un progetto sperimentale a
cura dell’agenzia regionale Agris sempre per indagare queste proprietà
della canapa.
“Ci
auguriamo che le piante possano rispondere bene al progetto che sarà
accompagnato da eventi pubblici e sfocerà probabilmente in una
pubblicazione scientifica per dare il nostro contributo. Voglio
sottolineare che si tratta di un progetto finanziato dal pubblico, e
sulla canapa ad oggi ce ne sono davvero pochi, con la Puglia che può
indicare una via che spero possa essere seguita anche dalle altre
regioni”.
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