Torniamo alla scienza, anzi, come dall’ultimo accalorato appello lanciato anche a Davos, ascoltiamola. Purtroppo però, al riguardo non ci sono scorciatoie, quindi occorre leggere. Scatta quindi uno dei nostri consueti inviti alla lettura, nella fattispecie di tre paper molto recenti.
Il primo
Nel primo si parla di trend dello squilibrio del bilancio radiativo.
Conoscere quanta energia entra nel sistema e quanta ne esce, appunto il
bilancio, e sapere questo quanto e per quanto tempo si allontani dai
numeri che si conoscono, è certamente cruciale in materia di global
warming e conseguente climate change. Nelle prime due decadi di questo
secolo, il trend dello squilibrio del bilancio radiativo è negativo,
nonostante la persistenza delle forzanti antropiche. Questo conferma il
rallentamento del global warming (se preferite hiatus, ancora
visibile nelle osservazioni satellitari, meno in quelle superficiali)
ma, soprattutto, conduce a bassi valori di sensibilità climatica, nota
come la reazione del sistema all’aumento della concentrazione di gas
serra. Molto, molto più bassi di quanto stimato, per un problema clima
molto, ma molto meno grave di quanto prospettato.
Qui il paper, Decadal Changes of the Reflected Solar Radiation and the Earth Energy Imbalance, qui alcune interessanti considerazioni sul blog di Judith Curry: Climate sensitivity in light of the latest energy imbalance evidence.
Il secondo
L’ENSO o, più in generale il clima dell’area del Pacifico
equatoriale, oltre ad essere determinanti per il clima di buona parte
del pianeta, sono soggetti ad elevata variabilità ed a periodi di quiete
anche molto lunghi, dell’ordine del millennio. Esiste un collegamento
tra queste dinamiche ed i parametri orbitali? Difficile a dirsi, anche
perché i modelli attualmente disponibili non riescono a riprodurle, né
nel breve, né nel medio, né nel lungo periodo climatico.
Il terzo
Inverni più rigidi a causa del caldo? Non è detto, anzi, non può
ancora esser detto. L’amplificazione artica, ossia il riscaldamento
delle alte latitudini dell’emisfero nord è due volte più rapido della
media globale. Un riscaldamento correlato con una tendenza al
raffreddamento dei mesi invernali sulle aree continentali delle medie
latitudini. Se questa correlazione possa diventare anche una causalità è
investigato attraverso studi di attribuzione condotti impiegando dei
modelli climatici. I risultati sono però discordanti, sia nella
comparazione tra osservazioni e simulazioni, sia tra diversa tipologia
di modelli. In sostanza, il freddo non viene dal caldo, almeno non
ancora.
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