mercoledì 29 gennaio 2020

IL MURO DI FERRO Il revisionismo sionista da Jabotinskij a Shamir





 Lenni Brenner

IL MURO DI FERRO

Il revisionismo sionista

da Jabotinskij a Shamir




appendice

Il muro di ferro (noi e gli arabi)

di Vladimir Jabotinskij (1923)







 Un’analisi storica della corrente revisionista del sionismo, che per lungo tempo fu considerata una semplice scheggia impazzita alla destra del movimento fondato da Theodor Herzl ma che dal 1977, con la prima vittoria elettorale del Likud, è diventata parte dominante dell’ideologia dello stato di Israele e oggi è al potere con Netanyahu.


In copertina:
manifesto propagandistico dell’Irgun diffuso nell’Europa centrale, 1931


 Nota biografica

Lenni Brenner è nato negli Stati Uniti il 25 aprile 1937 da una famiglia di ebrei ortodossi. Fin da giovanissimo si è interessato al marxismo, in particolare alla corrente trotzkista, e ha intrapreso l’attività politica militante. Negli anni ’60 si è impegnato nel movimento per i diritti civili dei neri, e poi nel movimento contro la guerra in Vietnam. E’ stato in carcere per più di tre anni, e alcuni giorni in cella con Huey Newton, poi fondatore delle Black Panthers. Negli anni ’90 insieme a un altro storico leader delle Black Panthers, Stokely Carmichael (alias Kwame Ture), ha contribuito alla creazione di un Committee against Zionism and Racism.
Il suo primo libro è stato Zionism in the Age of the Dictators (Il sionismo nell’età dei dittatori) del 1983. Successivamente ha scritto: The Iron Wall: Zionist Revisionism from Jabotinsky to Shamir (1984), Jews in America Today (Gli ebrei in America oggi, 1986), The Lesser Evil: The Democratic Party (Il male minore: il Partito Democratico, 1988), 51 Documents: Zionist Collaboration with the Nazis (51 documenti: la collaborazione sionista coi nazisti, 2002) e Black Liberation and Palestine Solidarity (2012, con Matthew Quest). Ha scritto anche più di 100 fra articoli e recensioni, pubblicati da riviste e siti internet.



Nota introduttiva

Da Jabotinskij a Netanyahu, il Muro di Ferro ancora in piedi.

 Il Muro di Ferro di Lenni Brenner ripercorre analiticamente lungo un arco di tempo di circa cento anni (dalla fine del XIX secolo all’ascesa al potere di Shamir nel 1983) il cammino della corrente revisionista del sionismo, che per lungo tempo fu considerata una semplice scheggia impazzita alla destra del movimento fondato da Theodor Herzl ma che dal 1977, con la prima vittoria elettorale del Likud, è diventata parte dominante dell’ideologia dello stato di Israele.

Vladimir Jabotinskij, il fondatore del movimento revisionista, dichiarò spesso di ispirarsi al liberalismo inglese, ma nonostante ciò (o in conseguenza di ciò) in teoria e in pratica fu esponente del più chiaro razzismo, colonialismo e imperialismo. Fu lui l’inventore della Brigata Ebraica (nella Prima guerra mondiale denominata Legione Ebraica), tanto celebrata da alcuni sionisti odierni, e il fondatore della dottrina del Muro di Ferro, ovvero la linea per la quale il sionismo non doveva fare compromessi con gli arabi fino a quando non avesse goduto di una supremazia militare tale da imporre qualunque accordo. Dunque per Jabotinskij il primo degli obiettivi doveva essere la costruzione di tale supremazia. In quest’ottica egli fondò e diresse il movimento revisionista negli anni’20 – ’30, mettendolo in stretta alleanza con il fascismo italiano.

Nella ricostruzione di questa fase originaria Brenner si sofferma su alcuni temi di straordinario interesse, ad esempio le origini sociali del sionismo in Russia e il suo utilizzo da parte dello zarismo, dal livello diplomatico (Herzl) alle associazioni operaie (Poalei Zion), per sabotare i movimenti di massa che avrebbero portato alla Rivoluzione russa del 1917.

Menachem Begin fu l’erede designato di Jabotinskij, e come Yitzhak Shamir comandò le fazioni militari del revisionismo durante la Seconda guerra mondiale e poi nella pulizia etnica della Palestina del 1948.

Begin era a capo dell’Irgun all’epoca del massacro di Deir Yassin del 9 aprile 1948. Shamir era nella Banda Stern, il gruppo terroristico che nel 1940 propose ai nazisti un’alleanza militare per combattere gli inglesi in Palestina.

Begin e Shamir si avvicendarono alla guida del governo israeliano negli anni ’80, all’epoca del massacro di Sabra e Chatila, con coalizioni di destra appoggiate dai partiti religiosi ortodossi e fortemente legate agli USA di Reagan e stati reazionari come il Sudafrica dell’apartheid.

Alla fine del suo libro Brenner definisce l’affermazione del revisionismo nella società israeliana come il compimento della parabola del sionismo, la saldatura tra la realtà dell’occupazione della Palestina e l’ideologia ad essa corrispondente. All’epoca egli reputò che questo fosse anche l’inizio della fine di Israele, poiché lo stato sionista avendo svelato completamente il suo volto coloniale si sarebbe ritrovato sempre più isolato, in una fase in cui nel mondo i popoli colonizzati uno dopo l’altro raggiungevano l’indipendenza.

Purtroppo i tempi si sono dilatati e nei 33 anni successivi l’imperialismo ha reagito all’indipendenza dei popoli con nuove forme di dominio, guerre preventive e occupazioni militari; così il sionismo e il Muro di Ferro sono ancora in piedi, grazie al sostegno economico, politico e ideologico fornito dall’Occidente e alla complicità dei regimi arabi.

La continuità della politica del muro di ferro oggi è incarnata dal Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il cui padre Benzion fu il segretario personale di Jabotinskij ed esponente di spicco del revisionismo negli USA. In particolare Benzion Netanyahu fu grande amico di Abba Achimeir, fondatore nel 1930 del gruppo terroristico Brit HaBiryonim, redattore del Diario di un fascista (rubrica su un periodico revisionista in Palestina intorno al 1930), colui che si augurava lo sterminio “di un milione di ebrei polacchi” affinchè capissero che l’unica strada era emigrare in “Eretz Israel”.

L’antidoto alla politica del muro di ferro indicato da Brenner nel 1984 è “un movimento laico e democratico per una Palestina laica e democratica, un’organizzazione che unisca il popolo palestinese con la minoranza ebraica progressista”. Anche questa è una prospettiva attuale, con la precisazione che il movimento più che laico si può definire multiconfessionale (includendo laici, musulmani, cristiani, ebrei antisionisti etc.). Inoltre oggi il movimento ha messo in atto la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) che all’epoca di Brenner era in corso con il Sudafrica e qualche anno dopo avrebbe laggiù portato alla fine dell’apartheid.

Sicuramente una frase a conclusione del libro può essere fatta propria da tutti e tutte coloro che hanno a cuore il destino degli oppressi e degli sfruttati: “La lotta contro il sionismo continuerà e inevitabilmente avrà successo”.

maggio 2017



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