mercoledì 7 agosto 2019

Il Declino Globale di Incendi di Boschi e Praterie





 Una vasta bibliografia e molteplici dati ufficiali attestano il declino globale degli incendi di boschi e praterie tanto in termini di numero di eventi che di superficie percorsa dal fuoco. Si tratta di un fenomeno in controtendenza rispetto al global warming, che vede l’Africa come entità territoriale più virtuosa e che è colpevolmente ignorato dai media, troppo impegnati nel propagandare l’olocausto climatico prossimo venturo per documentare quanto di positivo sta accadendo.

Gli incendi di boschi e praterie sono fenomeni legati ad una serie di variabili atmosferiche quali le temperature, le precipitazioni e il vento (velocità, direzione, grado di turbolenza) che influenzano sia l’entità del combustibile (lettiere forestale, materiale vegetale secco) sia la possibilità di innesco e successiva propagazione del fuoco. Ovviamente il ruolo dell’uomo nell’innesco e nella propagazione degli incendi è rilevante così come lo è quello dei fulmini. La crucialità delle precipitazioni in tale contesto si coglie in Italia per il fatto che il massimo rischio di incendi è nel semestre estivo (caldo e siccitoso) nell’areale a clima mediterraneo (Csa di Koeppen) mentre nell’areale alpino il massimo rischio è nel semestre invernale, in coincidenza con il minimo pluviometrico annuo e la massima frequenza dei venti di foehn, particolarmente insidiosi.


Global warming e incendi 

I media enfatizzano spesso il “perverso” legame esistente fra anthropogenic global warming e frequenza degli incendi di boschi e praterie. Ad esempio l’altra mattina (2 agosto 2019) due giornali radio delle ore 6 (Radio 24 e GR1) hanno diffuso la notizia di incendi boschivi incontrollati che hanno colpito 2 milioni di ettari lasciando la Siberia in una morsa di fiamme e fumo. La giornalista del GR24 ha chiosato la notizia affermando che la principale causa degli incendi siberiani risiede nell’anthropogenic global warming.
Al riguardo mi preme anzitutto richiamare l’abstract dell’articolo scientifico di Doerr S.H. e Santin C. apparso nelle Philosophical transactions part B della Royal society nel 2016 e che viene presentato come contributo al meeting “The interaction of fire and mankind’ (di qui in avanti Doerr e Santin, 2016):
“Gli incendi sono un importante processo che interessa la superficie e l’atmosfera della Terra da oltre 350 milioni di anni e le società umane hanno convissuto con il fuoco fin dalla loro comparsa. Anche se molti considerano gli incendi come un problema in accelerazione … si deve dire che, importanti eccezioni a parte, le prove quantitative disponibili non supportano tale percezione. Infatti l’area globale soggetta a incendi appare complessivamente diminuita negli ultimi decenni, e vi sono prove crescenti che vi sono meno incendi nel panorama globale oggi rispetto a secoli fa mentre per quanto riguarda la gravità degli incendi i dati disponibili sono assai limitati. Per gli Stati Uniti occidentali i dati indicano complessivamente poche variazioni e anche l’area soggetta a incendi più gravi è complessivamente diminuita rispetto al periodo antecedente la colonizzazione europea…”.


I trend globali 

Per quanto attiene ai trend globali, Andela et al. (2017) analizzando dati satellitari evidenziano un calo del 24,3% nella superficie totale bruciata per il periodo 1998-2015 e un calo del 13% nel numero di incendi per il periodo 2003-2015 con un trend negativo più deciso nelle aree a savana. Più nello specifico per quanto riguarda l’area bruciata gli autori evidenziano trend negativi per l’Africa (significativo al 99%) mentre sul resto del globo dominano trend non significativi e dunque possiamo parlare di stazionarietà. Per quanto riguarda invece il numero di incendi abbiamo trend negativi significativi per il Sud America (significativo al 90%), l’Eurasia (significativo al 95%) e l’Africa (significativo al 99%)  mentre sul resto del globo dominano trend non significativi (stazionarietà).


I trend per macroaree

Molto interessanti sono anzitutto i dati ufficiali degli incendi boschivi per il periodo dal 1980-2018 riferiti al Canada (Nazione con una superficie forestale enorme e molto attenta al tema degli incendi boschivi) e che ho tratto dal Canadian National Forest database (https://cwfis.cfs.nrcan.gc.ca/ha/nfdb; http://nfdp.ccfm.org/en/data/fires.php). Tali dati mostrano una stazionarietà in termini di area interessata al fuoco (pur con grandissima variabilità interannuale e massimi negli anni 1981, 1989, 1994 e 1995) e un significativo calo in termini di numero di incendi con trend lineare negativo significativo al 90%* (figura 1).

Figura 1 – Serie storica 1980-2018 degli incendi boschivi in Canada. Si noti la stazionarietà nell’aera bruciata e il calo nel numero totale di incendi – elaborazioni dell’autore su dati del Canadian National Forest database (https://cwfis.cfs.nrcan.gc.ca/ha/nfdb; http://nfdp.ccfm.org/en/data/fires.php).

 
Si noti che in Canada ogni anno si verificano oltre 8000 incendi e bruciano in media oltre 2,1 milioni di ettari di bosco. Impressionante in tale peculiare contesto è il ruolo dei fulmini, responsabili del 50% degli incendi e dell’85% dell’area annualmente bruciata.

Per l’areale euro-mediterraneo sono oggi essenziali i dati dell’European Forest Fire Information System (EFFIS) (San-Miguel-Ayanz et al., 2016) perché raggruppano statistiche di ben 40 Paesi euro-mediterranei e cioè 25  stati dell’Unione Europea (Austria,  Belgio,  Bulgaria,  Croazia,  Cipro,  Repubblica Ceca,  Estonia,  Finlandia,  Francia, Germania,  Grecia,  Ungheria,  Irlanda,  Italia, Lituania, Polonia, Portogallo,  Romania, Slovacchia , Slovenia, Spagna, Svezia, Olanda  Gran Bretagna),  10 Paesi Europei non aderenti all’UE (Albania, Bosnia & Erzegovina,  Serbia e Macedonia,  Kosovo,  Montenegro,  Norvegia, Russia, Serbia, Svizzera e Turchia), e infine 5  Paesi MENA (Algeria, Israele, Libano, Marocco e Tunisia). Le serie storiche di sintesi nazionali per il periodo 1990-2016 su numero di incendi e superficie bruciata (tabelle dalla 67 alla 70 da pagina 116 in avanti – San-Miguel-Ayanz et al., 2016) riportano tuttavia i dati di 33 dei 40 Paesi copra citati. Di questi ho considerato solo quelli che nella serie del numero di incendi hanno almeno il 65% dei valori per cui i Paesi si sono ridotti a 19, per ognuno dei quali ho sostituito gli eventuali dati mancanti (in tutto solo il 6% del totale) con la media dei dati presenti. Ho così ottenuto i diagrammi in figura 2 dalla cui analisi statistica si evidenziano trend negativi significativi al 90% per il numero di incendi e al 95%  per le aree bruciate*.

Figura 2 – Serie storica 1990-2016 degli incendi boschivi totali per 19 Paesi dell’area europea e mediterranea per i quali sono disponibili serie storiche sufficientemente complete (Bulgaria, Croazia, Finlandia, Germania, Ungheria, Lettonia, Lituania, Marocco, Polonia, Romania,Slovacchia, Svezia, Svizzera, Turchia,Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Grecia). Si noti il significativo trend in calo sia nelle superfici totali che nel numero totale di incendi [elaborazioni dell’autore su dati EFFIS (San-Miguel-Ayanz et al., 2016]



Sempre EFFIS (San-Miguel-Ayanz et al., 2016) riporta per il periodo 1980-2016:
  • i dati relativi a 5 paesi dell’Europa Mediterranea (Francia, Spagna, Portogallo, Italia e Grecia), dalla cui analisi visiva si evince un trend negativo nel numero di incendi in atto grossomodo dal 1995 e un trend negativo nella superficie bruciata su tutta la serie (figura 3).
  • i dati relativi all’Italia che evidenziano un calo sia della superficie percorsa dal fuoco sia del numero di incendi (figura 4).


Figura 3 – Serie storica 1980-2016 degli incendi boschivi in 5 Paesi dell’area mediterranea (Portogallo,Spagna, Francia, Italia, Grecia). Si noti il significativo trend in calo sia nelle superfici che nel numero di incendi – [dati EFFIS, San-Miguel-Ayanz et al., 2016]

Figura 4 – Serie storica 1980-2016 degli incendi boschivi in Italia. Si noti il trend in calo nelle superfici e nel numero di incendi [dati EFFIS, San-Miguel-Ayanz et al., 2016]
  

Conclusioni 
Dai dati mostrati si coglie che gli incendi boschivi sia a livello globale sia per alcune importanti macroaree (area Euro-mediteranea, area canadese, Africa, ecc.) sono in significativo calo sia in termini di numero che di area percorsa dal fuoco e dunque in controtendenza rispetto all’aumento delle temperature globali. Sul trend degli incendi agiscono le politiche gestionali di prevenzione e spegnimento che si sono affinate non poco negli ultimi decenni e che hanno portato ad esempio all’attivazione di iniziative di cooperazione internazionale di cui EFFIS è un esempio. Al riguardo spiace costatare l’incapacità dei media di prendere atto di evidenze circa le quali la documentazione quantitativa resa disponibile da fonti ufficiali e da lavori scientifici originali è particolarmente vasta e sufficientemente univoca. Peraltro colpisce in modo positivo che molti ricercatori si stiano negli ultimi anni spendendo per affermare una verità basata su dati, come attestano ad esempio i lavori di Andela et al (2017), Doer e Santin (2016) e lo stesso report EFFIS (San-Miguel-Ayanz et al., 2016).

(*) Trend analizzati con il SW Makesens del Servizio meteorologico finlandese che implementa il test di Mann-Kendall e il test di Sen per la significatività delle pendenze delle rette (Salmi et al., 2002).


Bibliografia


Fonte:  ClimateMonitor

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