mercoledì 21 agosto 2019

Spiegare in modo adeguato significa essere un “negazionista climatico”?





In questi giorni tutti i media italiani (televisivi e della carta stampata) sono scatenati sulla notizia del record stabilito dall’appena trascorso mese di luglio: sarebbe, a livello globale, il mese più caldo degli ultimi 140 anni, secondo i dati dell’agenzia americana NOAA.




Ebbene, si tratta di una notizia nominalmente corretta, ma che non ha affatto il significato climatologico per il quale è stata diffusa.


Il link sopra riportato è relativo alla serie NOAA delle temperature mensili globali (terre emerse + oceani), a partire dal gennaio 1880. Da essa si evince che il luglio 2019 non è il mese record, ma occupa soltanto il XV posto della classifica dei più caldi di sempre, alla pari con altri casi; ma allora come stanno le cose?

Per orientarsi, è anzitutto necessario precisare che la temperatura globale non è sostanzialmente costante nel corso dell’anno, ma presenta un chiaro regime con minimo in gennaio e massimo in luglio (l’escursione annua è di circa 3,8°); ciò dipende dalle forti differenze nella distribuzione delle terre emerse fra i due emisferi.




Quindi, se si vuole osservare l’andamento della temperatura globale con i dati mensili, ogni valore deve essere espresso in termini di differenza dalla propria media di riferimento. Il +0,95° assegnato dalla NOAA al luglio 2019 sta a significare che esso ha superato di tale entità la media 1901-2000 dei soli mesi di luglio. Il record generale spetta al marzo 2016 (con +1,31°), in ragione del Niño molto intenso in quel periodo. È ovvio che, in assoluto, il luglio 2019 sia risultato molto più caldo del marzo 2016 (circa 2,7° di differenza), ma ciò non ha rilevanza ai fini del discorso sull’evoluzione delle temperature globali.

In sintesi: il luglio 2019 ha il dato termico più elevato in assoluto, ma – ed è ciò che conta realmente – risulta al XV posto nella classifica delle anomalie.

Al solito, la sinergia data da incompetenza grassa, brama di sensazionalismo e ossequio al politicamente corretto ha prodotto un’informazione inappropriata. Come però ripeto ormai sistematicamente, nessun ente scientifico si è scomodato a fare una segnalazione, in modo che la questione venisse spiegata all’opinione pubblica in modo adeguato. È forse vietato farlo? Altrimenti si viene classificati come “negazionisti”?

Una volta chiarita la questione, è poi importante dire che i dati di rianalisi – cioè quelli che alle fonti “ufficiali” associano le misure derivanti da boe, navi, palloni meteorologici, aeromobili commerciali e soprattutto da un’ampia varietà di rilevazioni satellitari – forniscono un quadro assai diverso sul luglio 2019. Roy W. Spencer, nel proprio sito web, puntualizza in proposito che, secondo il CFSv2 (Climate Forecast System Version 2, della NOAA) reanalysis dataset, il mese in oggetto è superato nella classifica dei luglio più caldi in assoluto da quelli del 2016, 2002 e 2017.

Come ovvio, la notizia del (“falso”) record è stata utilizzata per sostenere l’idea di un’ennesima conferma della catastrofe climatica incombente. In realtà quello che ripetutamente viene comunicato come cosa eccezionale è invece normale; per capirlo, non c’è bisogno di possedere 3 o 4 lauree, ma è sufficiente essere normo-dotati e provare a ragionare, piuttosto che ingoiare tutto quanto ci viene propinato.

Dopo l’anno 2000, se è vero che le temperature non hanno più avuto il ritmo di crescita del ventennio precedente, di certo non hanno presentato un trend negativo. Nella figura sottostante (anomalie mensili secondo la NOAA), si osserva che dal 2001 all’inizio del 2015 vi è stata una chiara stabilità su valori attorno a 0,64 cui è seguito il picco prodotto dalla già citata fase intensa di Niño; dopo tale picco le temperature sono ridiscese ad un livello prossimo a 0,89. In queste condizioni, e considerata la variabilità naturale del fenomeno, ogni mese a venire ha inevitabilmente elevate probabilità di rientrare fra i 10-20 più caldi della serie (o, come piace molto ai media, degli ultimi 140 anni). Quindi, perché sorprendersi, per una cosa che non può essere diversa?





NB: il post è uscito in origine sul blog dell’autore.



Fonte:  Climate Monitor

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.