giovedì 13 febbraio 2020

Klaus Polkehn I CONTATTI SEGRETI: SIONISMO E GERMANIA NAZISTA (1933 – 41)



Klaus Polkehn 

I CONTATTI SEGRETI: 

SIONISMO E GERMANIA NAZISTA 

(1933 – 41)



(articolo pubblicato sul Journal of Palestine Studies, primavera – estate 1976)

Introduzione


L'antisemitismo divenne linea ufficiale del governo tedesco quando Hitler fu nominato Cancelliere del Reich, il 30 gennaio 1933. La primavera del 1933 vide anche l'inizio di un periodo di cooperazione tra il sionismo e il regime fascista tedesco, per incrementare il flusso di emigranti ebrei tedeschi e di capitali verso la Palestina. Le autorità sioniste sono riuscite a tenere celata questa cooperazione per un lungo periodo, e solo dal 1960 in poi sono cominciate, qual e là, le critiche. La reazione sionista in genere si è basata sull'argomento che i passati contatti con la Germania nazista fossero motivati soltanto dalla necessità di salvare le vite degli ebrei. Ma quei contatti furono tanto più significativi in quanto ebbero luogo in un'epoca in cui molti ebrei e molte organizzazioni ebraiche chiedevano il boicottaggio della Germania nazista.


In occasione del 16mo Congresso del Partito Comunista Israeliano, all'inizio dei lavori fu distribuito un documento nel quale si affermava che “dopo la presa del potere di Hitler in Germania, quando tutte le forze antifasciste nel mondo e la grande maggioranza delle organizzazioni ebraiche proclamarono un boicottaggio contro la Germania nazista, esistevano contatti e collaborazione tra dirigenti sionisti e governo hitleriano”1. Il documento riportava le parole del funzionario sionista Eliezer Livneh (che era stato editore dell'organo dell'Haganah2 durante la Seconda guerra mondiale) a un convegno organizzato dal giornale israeliano Maariv nel 1966:
“per la dirigenza sionista il salvataggio degli ebrei non fu un fine in sé, ma solo un mezzo”
(per creare uno stato ebraico in Palestina). 
Indagare sulla reazione del movimento sionista al fascismo tedesco, che nel corso dei suoi dodici anni di potere uccise milioni di ebrei, è un tabù agli occhi dei dirigenti sionisti. Solo raramente è possibile accedere a elementi concreti, o documenti riguardanti questi fatti. La seguente ricerca contiene informazioni sinora raccolte su alcuni importanti aspetti della cooperazione tra i sionisti e i fascisti. E' naturale che essa non fornisca un quadro esaustivo. Ciò sarà possibile solo quando gli archivi (soprattutto quelli in Israele) nei quali sono celati i documenti relativi a questi fatti saranno resi disponibili agli storici.



L'avvento di Hitler


Per i dirigenti sionisti, l'ascesa al potere di Hitler aprì la possibilità a un flusso migratorio verso la Palestina. In precedenza la maggioranza degli ebrei tedeschi, che si identificavano come tedeschi, avevano poca simpatia per il progetto sionista. Le statistiche tedesche redatte prima della presa del potere da parte dei fascisti classificavano la minoranza ebraica soltanto alla voce “fede religiosa”; fu la legislazione fascista che introdusse il concetto di “razza” come caratteristica distintiva, e di conseguenza incluse tra gli ebrei anche i discendenti di membri della comunità ebraica che si erano assimilati da tempo.

Secondo le statistiche, nel 1933 in Germania vivevano 503.000 ebrei, lo 0,76% della popolazione totale. Il 31% di tutti gli ebrei tedeschi viveva nella capitale, Berlino, dove essi costituivano il 4,3% della popolazione. Le statistiche tedesche indicano anche che la popolazione degli ebrei tedeschi dal 1871 al 1933 registra un calo, dal 1,05% allo 0,76%.

Questi ebrei tedeschi erano per la grande maggioranza non sionisti o antisionisti, e prima del 1937 la Federazione Sionista Tedesca (Zionistische Vereinigung fur Deutschland, ZVD) ebbe grosse difficoltà a ottenere un seguito. Ad esempio nel 1925 gli ebrei tedeschi aventi diritto a votare ai congressi sionisti (ovvero membri di organizzazioni sioniste) erano solo 8.739 (neanche il 2%)3. Alle elezioni regionali della comunità ebraica in Prussia, nel febbraio 1925, solo 26 eletti su 124 appartenevano a gruppi sionisti.4 Un rapporto del Keren Hayesod5 presentato al 24° congresso della ZVD, nel luglio 1932, affermava: “Nella valutazione del lavoro del Keren Hayesod in Germania dobbiamo tener conto non solo dell'indifferenza dei principali circuiti ebraici, ma anche della loro ostilità”6.

Dunque all'epoca della presa del potere di Hitler i sionisti erano fondamentalmente una minoranza piccola e insignificante, con poca influenza, ed erano le organizzazioni non sioniste che avevano il peso maggiore tra gli ebrei, più di tutte il CentralVerein deutscher Staatsburger judischen Glaubens (CV, Unione Generale dei Cittadini Tedeschi di Fede Ebraica), fondato nel 1893 e che, come dice il nome, considerava gli ebrei tedeschi come tedeschi, e riteneva proprio compito primario contrastare l'antisemitismo.

Coerentemente con la propria posizione di fondo, il CV ribadiva anche la propria netta opposizione al sionismo. Una risoluzione del consiglio supremo del CV dell'aprile 1921 affermò:
“Se il lavoro per l'insediamento in Palestina non fosse altro che un'attività di aiuto e assistenza, allora dal punto di vista del CentralVerein non ci sarebbe nulla da dire in contrario. Ma l'insediamento in Palestina è un obiettivo primario della politica nazionale ebraica, dunque la sua promozione e il suo sostegno sono da rigettare”7
Di conseguenza fu soprattutto il CV che, negli anni precedenti la presa del potere di Hitler, si mise all'avanguardia dei partiti e delle organizzazioni progressiste nella loro lotta contro l'antisemitismo. A questo riguardo, lo storico ebreo Werner Mosse scrisse: 
“Mentre i dirigenti del CV consideravano proprio compito specifico rappresentare gli interessi degli ebrei tedeschi nella lotta politica concreta, il sionismo era per... la sistematica astensione dalla vita pubblica tedesca. Esso per principio rifiutò di prendere parte alla lotta guidata dal CV”8.
L'atteggiamento del sionismo verso l'incombente minaccia del dominio fascista in Germania fu determinato da alcuni assunti ideologici comuni: i fascisti come i sionisti credevano nella teoria della razza, entrambi si trovarono sul medesimo terreno della generalizzazione mistica dei concetti di carattere nazionale e razza, entrambi erano sciovinisti e tendevano alla “esclusività razziale”.

Così, il funzionario sionista Gerhart Holdheim scrisse nel 1930 su un numero della Suddeutsche Monatshefte (rivista che ospitava diversi teorici antisemiti), dedicato alla questione ebraica: "Il programma sionista contempla l'idea di un ebraismo omogeneo e indivisibile, su base nazionale. Il tratto distintivo dell'ebraismo dunque non è quello religioso, ma il senso di appartenenza a una comunità razziale, unita da legami di sangue e storici, e determinata a mantenere la propria identità nazionale”9. Era lo stesso linguaggio, la stessa fraseologia usata dai fascisti. Nulla da meravigliarsi dunque che i fascisti tedeschi apprezzassero le concezioni sioniste. Alfred Rosenberg, ideologo del partito nazista, scrisse: “Il sionismo deve essere sostenuto vigorosamente, affinché un certo numero di ebrei tedeschi venga trasferito ogni anno in Palestina, o almeno lasci il paese”10. Considerando queste affermazioni, Hans Lamm in seguito scrisse: “... è indubbio che nella prima fase della loro politica ebraica i nazional socialisti ritennero opportuno adottare una linea filo-sionista”11.

Con considerevole perspicacia, il CV sottolineò che il riconoscimento da parte dei sionisti di “certi postulati dei nazionalisti tedeschi” forniva argomenti agli antisemiti, e in una dichiarazione politica del CV si può riscontrare l'affermazione che il sionismo aveva “pugnalato alla schiena” il movimento che lottava contro il fascismo12. Per i sionisti solo l'antisemita Hitler era in grado di spingere gli ebrei tedeschi, antisionisti, tra le braccia del sionismo. Robert Weltsch, caporedattore del giornale sionista tedesco Judische Rundschau, l'8 gennaio 1933 dichiarò durante un raduno cittadino della ZVD: “Il carattere antiliberale del nazionalismo tedesco coincide con le posizioni antiliberali del sionismo. Abbiamo la possibilità di trovare una base, non per un'intesa ma per una discussione”13.

La chiamata di Hitler alla Cancelleria il 30 gennaio 1933 fu seguita dall'occupazione di tutti i posti di comando da parte del partito nazista, il che voleva dire che antisemiti dichiarati erano ora al potere. Gli ebrei tedeschi assistettero a questi accadimenti con profonda apprensione, poiché il programma del partito nazista contemplava la privazione della cittadinanza agli ebrei (punto 5), la rimozione di tutti gli ebrei dalle cariche pubbliche (punto 6) e l'espulsione di tutti gli ebrei che erano arrivati in Germania dopo il 2 agosto 1914 (punto 8). Solo i sionisti videro degli aspetti positivi in quanto avveniva. La prima dichiarazione pubblica in tal senso venne dal rabbino di Berlino, Joachim Prinz, che era un convinto sionista e che subito dopo il 30 gennaio 1933 definì l'ascesa di Hitler come “l'inizio del ritorno degli ebrei all'ebraismo”14. A proposito delle crescenti ondate di terrore verso gli ebrei tedeschi, Prinz scrisse: “Non possiamo più nasconderci. Invece dell'assimilazione, noi auspichiamo il riconoscimento della nazione ebraica e della razza ebraica”15.

E questo non era certo il punto di vista di un solo individuo. La Judische Rundschau, organo ufficiale della ZVD, il 13 giugno 1933 scrisse:
Il sionismo riconosce l'esistenza della questione ebraica, e vuole risolverla in maniera costruttiva. A tale scopo, esso intende affidarsi all'aiuto di tutti i popoli: quelli favorevoli agli ebrei e quelli che sono a loro ostili, poiché secondo la sua concezione non si tratta di una questione sentimentale ma di un problema reale la cui soluzione interessa tutti i popoli.16
Facendo uso di tale argomento, il sionismo adottava la stessa linea politica dei fascisti.

Il 21 giugno 1933, infine, venne pubblicata una dichiarazione ufficiale sionista sulla presa del potere da parte dei nazisti: “La Dichiarazione della Federazione Sionista Tedesca a Proposito degli Ebrei nella Nuova Germania”. In un capoverso di questo lungo documento si affermava che “a nostro parere uno dei principi del nuovo stato tedesco, l'esaltazione della nazione, può fornire una soluzione praticabile”. Quindi la ZVD considerava la posizione degli ebrei in Germania dal punto di vista storico, usando termini fascisti come “legami di sangue e di razza” e, esattamentecome Hitler, affermando che gli ebrei avevano uno “spirito particolare”.

E ancora: “Nel nuovo stato17, che si basa sul principio della razza, noi vogliamo adattare la nostra comunità alla struttura complessiva in modo che anche per noi, nel settore a noi assegnato, possa realizzarsi una feconda attività per la patria”.

In conclusione, i sionisti condannavano la lotta contro il regime hitleriano da parte delle forze antifasciste, che nella primavera del 1933 avevano chiamato a un boicottaggio economico della Germania nazista: “La propaganda del boicottaggio che si sta facendo contro la Germania è per sua natura non-sionista, perché il sionismo non vuole dare battaglia ma convincere e costruire”18.

Per comprendere appieno il significato di questa dichiarazione della ZVD, occorre ritornare su ciò che l'aveva preceduta. La persecuzione degli ebrei era già iniziata, e aveva raggiunto un primo apice con il grande pogrom del 1 aprile 1933, che ebbe luogo in tutta la Germania. Nei primi giorni del marzo 1933 ci furono maltrattamenti di cittadini ebrei tedeschi (l'11 del mese i negozi ebrei di Brunswick furono saccheggiati, il 13 avvocati ebrei furono malmenati di fronte al tribunale di Breslavia). Le autorità fasciste pubblicarono la “Legge per il Ripristino del Servizio Civile Professionale”, che tra le altre cose portò alla rimozione di duemila scienziati e studiosi ebrei dalle università. Il 18mo Congresso Sionista Mondiale, che ebbe luogo nell'agosto 1933, fu tuttavia tiepido rispetto a questi avvenimenti: il 24 agosto era prevista una sessione per discutere la situazione degli ebrei tedeschi, ma la presidenza del Congresso fece in modo di evitarla. Essa cercò anche caparbiamente, con successo, di impedire l'approvazione di una risoluzione che chiamava al boicottaggio dei beni tedeschi, e invece pose molta enfasi sulla necessità di organizzare l'emigrazione degli ebrei tedeschi. Le proteste su quanto accadeva in Germania furono limitate a un livello infimo.

I fascisti ricompensarono i sionisti per la loro “moderazione”, e permisero alla ZVD di continuare indisturbata il proprio lavoro.(A quell'epoca tutti i partiti e le organizzazioni democratiche e antifasciste erano oggetto di feroce persecuzione, con i dirigenti e i militanti rinchiusi in prigione o nei campi di concentramento). Allo stesso tempo i fascisti ostacolarono in ogni modo le organizzazioni non sioniste. La loro offensiva fu diretta soprattutto contro il CV, nel quale ancor prima del 1933 avevano visto “il nemico principale”19, come riportato in più occasioni sulla stampa nazista.

Il 1 marzo 1933 le SA20 naziste occuparono la sede centrale del CV e la chiusero. Il 5 marzo 1933 il CV fu bandito dalla Turingia per “alto tradimento”. Nel contempo, il governo hitleriano attaccò altre organizzazioni ebraiche non sioniste che, come ad esempio la “Lega dei Veterani Ebrei del Reich”, erano per un nazionalismo ebraico-tedesco. Anche l' “Unione Nazionale degli Ebrei Tedeschi” fu bandita.

Con il supporto nazista, dunque, i dirigenti della ZVD riuscirono per la prima volta a ottenere una posizione influente presso gli ebrei tedeschi. Nell'autunno del 1933 fu creata la “Delegazione degli Ebrei Tedeschi del Reich”, della quale facevano parte tutte le principali organizzazioni ebraiche, compreso il CV e la ZVD. A capo della Delegazione fu messo Leo Baeck, la cui figura era espressione dell'atteggiamento ambivalente verso il sionismo della neonata organizzazione: Baeck era sia membro del direttivo del CV che presidente della sezione tedesca del Keren Hayesod, il fondo sionista per l'acquisto dei terreni in Palestina.

La neonata Delegazione del Reich divenne uno spazio per l'ampliamento dell'attività dei sionisti. Essa non fu fondata, come talvolta si dice, per ordine delle autorità fasciste. Ball-Kaduri scrive: “Dunque accadde che la Delegazione del Reich fu creata senza interferenze da parte del governo; una volta completato il processo di formazione, essa semplicemente fu presentata al ministero dell'Interno. La Gestapo non mostrò alcun interesse in proposito”21. Fu solo il 4 luglio del 1939 che fu emanata l'ordinanza di creazione dell'Unione del Reich degli Ebrei in Germania, con il cambio del nome da Delegazione a Unione. Questa ordinanza rese obbligatoria per gli ebrei l'iscrizione all'Unione del Reich. Il paragrafo 2 di questa ordinanza andò a incontrare gli obiettivi sionisti, in quanto diceva: “L'Unione del Reich ha come proprio scopo la promozione dell'emigrazione di tutti gli ebrei”.

Il partito nazista permise ai sionisti vari tipi di attività politica. A tal proposito, ad esempio, la polizia politica bavarese scrisse una nota il 9 luglio 1935:
Le organizzazioni sioniste sono solite raccogliere donazioni dai propri membri e simpatizzanti allo scopo di promuovere l'emigrazione, acquistare terre in Palestina, e ottenere sostegno per gli insediamenti in Palestina. Queste raccolte non richiedono autorizzazioni da parte del governo, in quanto vengono svolte all'interno dei circoli ebraici. Per di più, da parte della polizia non vi sono obiezioni allo svolgimento di questi incontri dal momento che i fondi raccolti servono a promuovere la soluzione pratica della questione ebraica.
Dopo il 1933 i fascisti consentirono ai sionisti di continuare con la loro stampa. Tutti i giornali tedeschi vennero posti direttamente sotto il controllo del ministero della Propaganda (quelli comunisti, socialdemocratici, sindacali o progressisti furono banditi), mentre alla sionista Judische Rundschau fu permesso di uscire senza problemi.

Winfried Martini, allora corrispondente da Gerusalemme della Deutsche Allgemeine Zeitung, il quale a sua detta aveva “stretti legami personali col sionismo”, in seguito sottolineò il “fatto paradossale” che “di tutti i giornali, furono quelli ebraici22 che per anni ebbero un certo grado di libertà, negata invece ai giornali tedeschi”23. Egli aggiunse che spesso sulla Judische Rundschau comparivano critiche ai nazisti, senza che ciò portasse in alcun modo alla soppressione del giornale. Solo dalla fine del 1933 in avanti ne fu vietata la vendita ai non ebrei, I fascisti volevano che gli ebrei si convertissero al sionismo, anche se ciò avveniva con l'uso di argomenti critici verso il fascismo. In tal modo la circolazione della stampa sionista, che fino ad allora era stata limitata24, ebbe una notevole crescita.
Esaminando la posizione della Judische Rundschau verso il boicottaggio nazista degli ebrei del 1 aprile 1933, si può comprendere come il giornale sionista potesse compiacersi di essere ben visto dai fascisti. Questo pogrom preordinato contro i cittadini ebrei in Germania suscitò indignazione in tutto il mondo, e anche tra i tedeschi progressisti, ma non fu chiaramente condannato dal giornale; piuttosto fu giudicato come una conferma delle posizioni sioniste. “Il fatale errore di molti ebrei, l'idea che gli interessi ebraici possano essere rappresentati in altra forma, è smascherato” scrisse la Rundschau riferendosi al pogrom; “Il 1 aprile 1933 può essere il giorno del risveglio e della rinascita ebraica”25.

I sionisti furono liberi anche di pubblicare libri, oltre che il loro giornale. Fino al 1938 diverse case editrici poterono stampare indisturbate testi sionisti.
Nella Germania fascista comparvero legalmente lavori di Chaim Weizmann, David Ben-Gurion e Arthur Ruppin.

Il Trasferimento di capitale


I primi mesi del dominio nazista in Germania videro anche l'inizio di una collaborazione economica tra i fascisti e i sionisti. Già nel maggio 1933 l'azienda di agrumeti Hanotea, con sede in Palestina, chiese al ministero dell'Economia del Reich il permesso di trasferire capitale dalla Germania, aprendo così la strada al successivo Haavara Agreement.

L'Hanotea comprò i beni tedeschi che le servivano pagandoli dai conti intestati agli emigranti ebrei nelle banche tedesche. Gli emigranti ebrei quindi lasciavano la Germaniari e cevevano il valore equivalente al pagamento sottoforma di terreni e beni in Palestina. L'esempio della Hanotea sembrò soddisfacente ai dirigenti sionisti, così nell'estate del 1933 iniziarono i  negoziati tra il movimento sionista e il ministero dell'Economia del Reich, che portarono alla firma del cosiddetto Haavara Agreement.
Sui negoziati del 1933 gli storici sionisti hanno calato un velo, poiché quella cooperazione economica avvenne mentre le forze antifasciste stavano tentando di promuovere il boicottaggio della Germania nazista. Commentando tali tentativi Nahum Goldmann, allora alto dirigente sionista, in seguito scrisse:
Molti gruppi ebraici rifiutarono di partecipare (al boicottaggio), o perché molte aziende ebraiche svolgevano la funzione di agenti delle imprese tedesche, o perché alcune organizzazioni ebraiche, soprattutto negli Stati Uniti, affermarono che non era patriottico organizzare un boicottaggio contro un paese che manteneva normali relazioni commerciali con il proprio.26
A prescindere dalla validità, questa argomentazione tuttavia copre la verità, cioè che a rompere il boicottaggio furono in primo luogo proprio i sionisti.

Vi sono versioni contrastanti sulle circostanze che portarono all'Haavara Agreement.
Secondo una di queste, l'iniziativa di negoziati con le autorità fasciste venne dalla ZVD, che aveva coinvolto nel progetto Sigmund Hoofien, direttore generale della Anglo – Palestine Bank in Palestina. A quanto pare Hoofien si recò a Berlino nel 1933 e qui iniziò a trattare con il funzionario del ministero dell'Economia Hans Hartenstein.27 Per questa ragione l'Haavara Agreement è detto anche Hoofien Agreement, una denominazione che restringe il campo delle responsabilità dell'accordo alla sola figura di Hoofien. Ma quale che fosse il coivolgimento di Hoofien, è da supporre che un'iniziativa di tale importanza non potesse nascere dall'iniziativa di un singolo, né potesse essere attuata senza l'approvazione dei vertici sionisti. Infatti altre pubblicazioni riportano che i negoziati a Berlino furono condotti dall'allora capo del dipartimento politico dell'Agenzia Ebraica, Chaim Arlosoroff28. Per concludere, l'intero accordo fu approvato ufficialmente nel 1935 dal Congresso Sionista Mondiale!

Secondo Ball-Kaduri, l'Haavara Agreement fu concluso “sottoforma di una lettera indirizzata a Herr Hoofien dal ministero dell'Economia del Reich. I negoziati furono condotti senza ostacoli, poiché all'epoca i nazisti erano ancora 'filo-sionisti'”29.

Come esito dell'accordo di Berlino furono create due compagnie: la Haavara Company a Tel Aviv e una compagnia sorella di nome Paltreu a Berlino. La procedura era la seguente: l'emigrante ebreo versava il proprio denaro (minimo 1000 sterline) sul conto tedesco della Haavara Company (alla Banca Wassermann di Berlino oppure alla Warburg di Amburgo), e con questo denaro gli importatori ebrei in Palestina compravano beni tedeschi, versando l'equivalente in valuta palestinese sul conto dell'Haavara alla Anglo-Palestine Bank in Palestina. Quando l'emigrante ebreo giungeva in Palestina, riceveva da questo conto l'equivalente della somma che aveva versato in Germania (aggiunge Ball-Kaduri: “salvo una commissione piuttosto alta”).

In relazione al processo di emigrazione avviato con l'Haavara Agreement, i sionisti crearono una loro Compagnia Navale Palestinese, che acquistò la nave passeggeri tedesca Hoehnstein, ribattezzandola Tel Aviv. Questa nave fece il proprio viaggio inaugurale da Bremerhaven a Haifa, all'inizio del 1935. In quel viaggio la nave recava a poppa il nome “Tel Aviv” scritto in ebraico, mentre dall'albero maestro sventolava la bandiera con la svastica: un “mix assurdamente metafisico” scrisse in seguito uno dei passeggeri30. Il capitano della nave, di nome Leidig, era un membro del partito nazista!

L'Haavara Agreement contribuì al fallimento del tentativo di boicottaggio economico della Germania nazista, e assicurò all'economia fascista un costante e ampio flusso di esportazioni in una fase in cui il mondo soffriva ancora le conseguenze della crisi internazionale del 1929. Ciò fu sottolineato in un memorandum da Wilhelm Stuckart, segretario di stato al ministero degli Interni del Reich. In questo memorandum, datato 17 dicembre 1937, a proposito dell'Haavara Agreement è scritto: “l'influenza della compagnia Haavara in Palestina ha portato a una strana ma auspicabile contingenza per cui di tutti i paesi la Palestina è quello nel quale i beni tedeschi non vengono boicottati dagli ebrei...”31. Nel contempo, l'Haavara Agreement rese possibile un ampio movimento di emigrazione ebraica dalla Germania verso la Palestina, rafforzando le posizioni del sionismo laggiù. Gli emigranti dalla Germania portavano con sé, tra le altre cose, un alto livello di competenze economiche.

Ciò emerse anche nella “selettività” dell'emigrazione. Poiché l'accordo richiedeva da parte dell'emigrante il pagamento di un minimo di 1000 sterline, solo i membri della borghesia ebraica poterono avvalersi di questa opportunità, mentre i lavoratori ebrei furono abbandonati al proprio destino.32 Il seguente giudizio sull'Haavara Agreement, contenuto in un recente studio sulla politica razziale del fascismo, può essere considerato molto valido: “Il principio della solidarietà in base al quale gli ebrei tedeschi avrebbero dovuto reagire ai loro persecutori, fu fatto a pezzi dagli interessi capitalistici. Pecunia non olet. Nel contempo, le misure adottate dagli intermediari ebrei al solo scopo di esportare capitale dalla Germania fascista alla Palestina furono magnificate. Fu proclamato che il capitale trasferito nel Vicino Oriente era messo al servizio degli ebrei. In realtà, in Palestina esso servì allo stesso scopo che aveva in Germania: il profitto di chi lo possedeva”33.

Nel medesimo studio si afferma che “l'Internazionale sionista voleva che gli emigranti ebrei dalla Germania giungessero in terra palestinese non a mani vuote, ma come detentori di capitale utile alla costruzione di uno stato capitalista. In base a tale mira, crebbe l'interesse sionista a unirsi con gli antisemiti”34.

Prima della fondazione di Israele, l'accordo Haavara fu un grosso incentivo per l'economia sionista in Palestina. Fonti sioniste parlano di una somma di 139,6 milioni di marchi – una somma enorme per quei tempi – trasferiti dalla Germania alla Palestina. Un'altra fonte indica l'ammontare delle transazioni in 8 milioni di sterline. Così si sviluppò l'economia capitalistica sionista. Non è una coincidenza il fatto che i principali progetti in Israele furono promossi o diretti da emigranti dalla Germania. La più grande fonderia e il più grande cementificio in Palestina furono fondati dall'ex
direttore della compagnia idroelettrica di Berlino, Karl Landau. Arnold Barth di Berlino, Siegfried Sahlheine di Amburgo e Herbert Foerder di Breslavia furono i creatori della Banca Leumi. Fritz Naphtals di Berlino e George Josephtal di Norimberga fecero della piccola Arbeiterbank un grosso ente. Alcune delle principali imprese israeliane furono fondate dai fratelli Federmann di Chemnitz.

Gli accordi economici tra i sionisti e il fascismo tedesco furono approvati da tutte le istituzioni del Reich nazista. Il ministero degli Esteri aveva già assunto una posizione filo-sionista già prima del 1933 (c'erano stati incontri tra Chaim Weizmann e i segretari di stato von Schubert e von Bulow).

Solo dopo lo scoppio della rivolta arabo palestinese del 1936, tra le varie istituzioni fasciste emersero le prime differenze di vedute sull'opportunità di continuare l'Haavara. Il ministero degli Esteri si rese conto che il sostegno de facto alla politica sionista avrebbe reso gli arabi ostili alla Germania hitleriana – una prospettiva contraria agli interessi del Reich nazista. Walter Doehle, Console Generale tedesco a Gerusalemme, espresse tale punto di vista in un lungo memorandum del 22 marzo 1937, nel quale scrisse che “promuovendo l'immigrazione ebraica...la posizione sinora raggiunta dalla Germania...verrebbe messa in discussione”35. Doehle naturalmente non era spinto a tali considerazioni da un qualche scrupolo verso gli arabi, bensì era preoccupato per gli interessi politici del fascismo tedesco. Aggiunse che la Germania non doveva “preoccuparsi per le simpatie degli arabi palestinesi nei suoi confronti, poiché ciò che si chiedeva non era un impegno attivo per gli arabi ma solo evitare di promuovere consistentemente la costruzione di una casa nazionale ebraica”36 Dohele temeva che “l'atteggiamento arabo possa cambiare, e che noi possiamo essere accusati di partecipare attivamente alla guerra contro di loro”37.

I timori di Doehle erano condivisi da altre autorità fasciste. La sezione esteri del partito nazista affermò in tutta franchezza a proposito dell'Haavara: “Politicamente, esso significa sostenere attivamente l'edificazione di una casa nazionale ebraica con l'aiuto del capitale tedesco”38.

Il 17 dicembre 1937 nel già citato memorandum Stuckart si affermava che dall'inizio della ribellione araba in Palestina “i vantaggi dell'Haavara sono diminuiti, mentre gli svantaggi sono aumentati”39.

Stuckart era dell'opinione che, se la formazione di uno stato ebraico era inevitabile, allora “tutto ciò che promuova la crescita di tale stato va evitato”. Infine, egli scrisse chiaramente: “Non c'è dubbio che l'Haavara abbia dato un grande contributo alla rapida crescita economica della Palestina40. L'accordo non solo ha fornito grandi somme di denaro (dalla Germania!); ha anche determinato l'emigrazione di individui di grande intelligenza, e il trasferimento dei necessari macchinari e forniture industriali – ancora dalla Germania”41.

I timori di questi funzionari (che, come vedremo, non erano condivisi da SS e Gestapo) furono sottoposti a Hitler, il quale, come si legge in un memorandum del dipartimento politico del ministero degli Esteri datato 27 gennaio 1938, decise che l'Haavara doveva proseguire. Al che il ministero degli Esteri in un memorandum del 12 novembre 1938 tornò a chiedere “un'iniziativa per la cancellazione già tardiva dell'Haavara Agreement”42. Jon e David Kimche confermano il fatto che Hitler “con inequivocabile determinazione ordinò la promozione dell'emigrazione di massa in Palestina”, e Hitler fu latore della decisione di “promuovere l'emigrazione ebraica con tutti i mezzi disponibili. Non c'è dubbio che per il Fuhrer tale emigrazione dovesse essere incanalata in primo luogo verso la Palestina”43. Infine, anche Winfried Martini conferma la posizione filo-sionista dei vertici fascisti durante la rivolta araba del 1936 – 39. Egli scrive che come corrispondente della Deutsche Allgemeine Zeitung in Palestina i suoi articoli sulla rivolta “erano abbastanza chiaramente schierati dalla parte degli ebrei”44 e che ciò non suscitò obiezioni da parte di alcun funzionario nazista.

Hitler dunque fu garante dell'Haavara, che fu interrotto soltanto allo scoppio della Seconda guerra mondiale.


Cooperazione coi servizi segreti nazisti


Durante i primi giorni del regime fascista in Germania, i sionisti mantennero contatti diretti con l'apparato repressivo fascista, il che portò a un'ampia collaborazione tra la dirigenza sionista e le organizzazioni terroristiche del Reich nazista (Gestapo, SS etc.). Prima del 1933 il funzionario sionista Leo Plaut già “aveva un legame” con la polizia politica e in particolare con l'Oberregierungsrat (alto consigliere) Rudolf Dies (forse un compagno di scuola di Plaut). Quando Diels fu nominato capo della Gestapo nel 1933, mantenne i contatti con Plaut: “Plaut aveva il numero di telefono segreto di Diels, e poteva chiamarlo in qualunque momento”45. La natura di questi contatti può solo essere ipotizzata, poiché i documenti relativi sono sotto chiave negli archivi dello Yad Vashem di Gerusalemme. E' plausibile che fu attraverso questi contatti che fu combinato un incontro tra l'allora Primo ministro prussiano Hermann Goering (in seguito condannato a morte a Norimberga in quanto criminale di guerra) e i dirigenti delle organizzazioni ebraico-tedesche.

L'incontro ebbe luogo il 26 marzo 1933. Vi prese parte anche il funzionario sionista Kurt Blumenfeld, che non parla di questo episodio nelle sue memorie.

Questi rapporti furono portati avanti in segreto, tuttavia esistono evidenze della messa a punto di una cooperazione tra i sionisti e le SS (l'organizzazione più importante dell'intero apparato repressivo dello stato nazista). Poco tempo dopo la presa del potere da parte dei fascisti il giornale Der Angriff riportò il resoconto di un viaggio in Palestina, che presentava la colonizzazione sionista della Palestina come un fatto positivo. Questo resoconto, intitolato “un nazista si reca in Palestina”, “non conteneva pressoché alcuna critica”46.




Lo pseudonimo dell'autore, Lim, celava l'identità dell'Untersturmfuehrer (sottotenente) Leopold von Mildenstein, attivo nel SD (il servizio di sicurezza delle SS), originariamente istituito come servizio segreto interno al partito nazista, ma che dal 1934 cessò di essere semplicemente una polizia di partito per diventare il principale servizio segreto della dittatura fascista47. Che Mildenstein avesse scritto una serie di articoli apertamente pro-sionisti non fu mera coincidenza, poiché dal 1934 all'interno della seconda sezione del SD era stato creato un “Dipartimento II – 112”, il cosiddetto Judenreferat (ufficio affari ebraici), di cui egli era titolare. Secondo Martini, Mildenstein fu “discretamente consigliato dai funzionari sionisti” durante il suo viaggio in Palestina.

Il dipartimento di Mildenstein fino al 1938 si occupò direttamente della politica ebraica del Reich.

Questa politica fu delineata dall'organo ufficiale delle SS, Das Schwarze Korps, con le seguenti parole: “Non è lontano il tempo in cui la Palestina potrebbe di nuovo ricevere i figli che ha perduto mille anni fa. Che li accompagnino i nostri auguri, con buona volontà dello stato”48.

Vi sono stati tentativi di dipingere la politica filo-sionista delle SS come un atteggiamento personale di Mildenstein, invece che espressione di un'intesa ufficiale tra sionisti e fascisti. Ma non è solo la citazione tratta da Das Schwarze Korps che contraddice ciò; lo stesso Mildenstein alcuni anni dopo pubblicò in volume i suoi resoconti, questa volta trasformando la tendenza filo-sionista originaria in antisemitismo dichiarato.

I dirigenti sionisti che avevano “discretamente consigliato” il direttore dello Judenreferat durante il suo viaggio, mantennero i contatti con le SS e il SD. Uno dei pochi documenti disponibili su questi rapporti è un memorandum del professor Franz Six49, datato 17 giugno 1937, classificato come “segreto per il comando”. Questo memorandum contiene informazioni sulla visita a Berlino dell'emissario sionista Feivel Polkes, che era un membro del comando generale dell'esercito clandestino sionista, l'Haganah. L'SS Oberscharfuehrer (maresciallo) Herbert Hagen, che sostituì Mildenstein come direttore del Judenreferat, in un altro memorandum scrisse che Polkes aveva “la direzione dell'intero apparato di autodifesa degli ebrei palestinesi”50.

In Palestina Polkes era stato in stretto contatto con il corrispondente della German News Agency, Franz Reichert, che era attivo nella rete di spie del SD in Palestina. Questa rete era diretta dall'agente del SD Otto von Bodelschwingh, che faceva il commesso in un negozio ad Haifa. Fu Reichert che procurò a Polkes un visto d'ingresso in Germania.

Polkes rimase a Berlino dal 26 febbraio al 2 marzo 1937, ed ebbe diversi incontri con agenti SD che rappresentavano il regime nazista, di cui due con il SS-Hauptscharfuehrer (maresciallo superiore) Adolf Eichmann (che allora aveva iniziato a lavorare nello Judenreferat). Ivi Polkes si offrì di collaborare con il regime tedesco, spiegando ad Eichmann di essere interessato soprattutto ad “accelerare l'immigrazione ebraica in Palestina, cosicché gli ebrei possano ottenere la maggioranza sugli arabi nel paese. A tale scopo egli lavorava coi servizi segreti francese e inglese, e voleva farlo anche con la Germania hitleriana”51. Nel suo resoconto sulla visita di Polkes a Berlino, Hagen annotò che “egli disse anche di essere pronto a fornire informazioni alla Germania, nella misura in cui ciò non contrastasse con i suoi personali obiettivi...Avrebbe...vigorosamente sostenuto gli interessi della Germania nel Vicino Oriente...”52.

Hoehne commentando questa offerta di Polkes scrive:
 “...essa rivela chiaramente la politica migratoria dell'Haganah”53.
Le SS risposero favorevolmente alle proposte di cooperazione di Polkes, con i provvedimenti presi da Six: “Si sta facendo pressione sulla Delegazione degli Ebrei di Germania allo scopo di spingere gli ebrei che emigrano dalla Germania a dirigersi solo verso la Palestina e non altrove”. Era esattamente ciò che volevano i sionisti, ma Six aggiunse:
“Tale misura ricade interamente nell'interesse tedesco, ed è già posta in essere dalla Gestapo54.

Feivel Polkes, comandante dell'Haganah, continuò a favorire la cooperazione tra sionisti e fascisti, invitando Hagen e Eichmann a venire in Palestina come ospiti dell'Haganah.
Six scrisse:
“Nel lavoro di reperimento di contatti, il nome del SS-Hauptscharfuehrer  Eichmann del Dipartimento II – 112 è il primo a venire in mente. Egli ha incontrato Polkes durante la permanenza di quest'ultimo a Berlino, ed è stato da lui invitato a visitare le colonie ebraiche in Palestina”55.
Il viaggio in Palestina compiuto da Eichmann e Hagen è solo un episodio della storia della collaborazione tra sionismo e Germania nazista, ma è significativo e rivelatore che proprio tale episodio sia stato oggetto di notevoli falsificazioni. Invece di ammettere il fatto che l'infame e famigerato assassino di ebrei, Adolf Eichmann, un tempo fosse stato invitato in Palestina dall'Haganah, gli autori sionisti hanno rovesciato i fatti e affermato che lo scopo del viaggio di Eichmann fosse prendere contatti con i ribelli palestinesi, o anche cospirare con il Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini. L'inventore di questa storia sembra essere il ben noto sionista Simon Wiesenthal, che già nel 1947 sosteneva che Eichmann avesse impiantato una rete di agenti nell'insediamento palestinese di Sarona, e avesse preso “contatto con il Gran Mufti”56. Nel 1951 Leon Poliakov pubblicò una versione simile su Die Welt, e Gerald Reitlinger la riprese due anni dopo nel suo libro La soluzione finale, nel quale si argomentava che Eichmann fosse stato inviato in Palestina “allo scopo di prendere contatto coi ribelli arabi”. La leggenda si arricchì di nuovi elementi quando l'americano Quentin Reynolds affermò che Eichmann aveva fatto visita al Gran Mufti. E il biografo di Eichmann, Corner Clarke, aggiunse che Eichmann portava con sé 50mila dollari in “oro nazista” da offrire ai ribelli palestinesi.

Comparando questi miti con i fatti reali, si comprende uno dei motivi per i quali il governo israeliano fosse così ansioso di istruire il processo ad Eichmann in Israele e non in altri paesi; solo in Israele sarebbe stato possibile celare al pubblico i contatti tra i sionisti e i nazisti.57 Solo laggiù vi sarebbe stata la necessaria pressione su Eichmann affinché facesse dichiarazioni false in un processo sulla sua vita. “E' vero – disse Eichmann durante il processo – che uno degli scopi del mio viaggio in Palestina nel 1937 era prendere contatti con il Mufti al-Husseini”58. Ma il resoconto del viaggio di Eichmann e Hagen, scoperto negli archivi segreti del capo delle SS Himmler, rivela un quadro differente59. Eichmann e Hagen lasciarono Berlino il 26 settembre 1937, con la copertura di editori del Berliner Tageblatt, e giunsero ad Haifa il 2 ottobre 1937, a bordo della nave Romania. Poiché le autorità britanniche non li lasciarono sbarcare (a causa della rivolta araba), Eichmann e Hagen si recarono in Egitto. Qui non incontrarono Haj Amin al-Husseini, bensì il loro sodale Feivel Polkes, comandante dell'Haganah.

Il rapporto di Hagen e Eichmann contiene un resoconto preciso dei colloqui con Polkes che ebbero luogo il 10 e 11 ottobre al Caffè Groppi del Cairo. Polkes subito presentò senza mezzi termini ai due SS i piani sionisti:
“Lo stato sionista deve essere creato con ogni mezzo e il più presto possibile, cosicché attiri un flusso di emigranti ebrei verso la Palestina. Una volta costituito lo stato ebraico in base alle attuali proposte elaborate nel Piano Peel, e in base alle parziali promesse dell'Inghilterra, allora i confini potranno essere ulteriormente estesi a seconda della volontà”.
Polkes quindi apprezzò i risultati del terrore antisemita in Germania:
“I circoli nazionalisti ebraici hanno espresso grande soddisfazione per la politica radicale tedesca verso gli ebrei, poiché questa politica accrescerà la popolazione ebraica della Palestina, cosicché nel prossimo futuro ci potrà essere in Palestina una maggioranza ebraica sugli arabi”.
Polkes ancora una volta sottolineò la necessità di accelerare l'allontanamento degli ebrei tedeschi dalla Germania, e ribadì di essere pronto a fornire informazioni al SD. Elargì subito due brevi notizie, come Eichmann riportò nel suo rapporto. La prima era volta a suscitare l'ostilità dei fascisti verso il movimento nazionale arabo. Eichmann scrisse: “Secondo le informazioni di Polkes, il Congresso Mondiale Pan-Islamico riunito a Berlino è in contatto diretto con due leader arabi filo-sovietici: Emir Shekib Arslan e Emir Adil Arslan”. Il secondo elemento registrato da Eichmann riguardava quel partito che si era inequivocabilmente posto all'avanguardia della lotta contro il terrore fascista e antisemita: il Partito Comunista Tedesco.
“La stazione radio illegale comunista, che trasmette in Germania in modo particolarmente efficace, secondo le dichiarazioni di Polkes si trova a bordo di un camion che durante trasmissioni si sposta lungo il confine tedesco-lussemburghese”.
Gli incontri tra Eichmann e Polkes non furono episodi isolati e casuali. Essi si inseriscono in un quadro di cooperazione a lungo termine tra i fascisti e i sionisti. Dopo il viaggio di Eichmann e Hagen, la collaborazione proseguì con il Mossad Aliyah Bet, che era stato creato dall'Haganah come struttura per l'immigrazione illegale, dopo che l'Inghilterra aveva ridotto al minimo l'immigrazione ebraica in Palestina in conseguenza del Piano Peel. Alla fine del 1937, pochi mesi dopo il viaggio di Eichmann, emissari del Mossad erano in attività nella sede della Reichvereinigung (Unione del Reich) di Meineckestrasse 10 a Berlino, nel quartiere di Charlottenburg, con il permesso delle autorità fasciste60. A tale scopo i due emissari, Pino Ginsburg e Moshe Auerbach, si erano trasferiti in Germania alla Palestina.

Jon e David Kimche nel loro libro fanno risalire l'arrivo di Ginsburg a Berlino all'estate del 193861. Egli si era presentato ufficialmente alla Gestapo come esponente della Unione degli Insediamenti Comunitari, dichiarando che era in missione speciale e che i suoi obiettivi coincidevano con le intenzioni del governo nazista, il cui obiettivo essendo l'organizzazione dell'emigrazione degli ebrei tedeschi dalla Palestina. Solo col supporto dei dirigenti nazisti il progetto poteva essere attuato su larga scala62. La Gestapo allora aveva discusso con Ginsburg “come promuovere ed accrescere l'immigrazione ebraica illegale in Palestina contro la volontà del governo mandatario inglese”.

Nel frattempo, le autorità fasciste avevano iniziato a cambiare i propri metodi di pressione verso gli ebrei tedeschi, non lasciando più alle sole strutture sioniste l'organizzazione dell'emigrazione in Palestina. A Vienna (l'Austria era stata occupata dalla Germania hitleriana nel marzo del 1938) fu creato un Ufficio Centrale per l'Emigrazione Ebraica, che fu posto sotto la direzione di Eichmann. All'inizio dell'estate del 1938 Eichmann aveva incontrato a Vienna un altro emissario del Mossad, Moshe Bar-Gilad, il quale aveva chiesto il permesso di istituire campi di addestramento per gli emigranti, per prepararli al lavoro in Palestina. Dopo avere trasmesso la richiesta a Berlino, Eichmann diede il suo assenso e fornì il necessario per la creazione di questi centri. Alla fine del 1938 circa 1000 giovani ebrei erano formati in questi campi.63

Nel frattempo anche Ginsburg a Berlino riuscì a creare, con il permesso delle autorità, analoghi centri di addestramento. Jon e David Kimche scrivono: “Quel palestinese (Ginsburg), che era arrivato a Berlino disposto a tutto, non si fece scrupolo a trattare con il diavolo per portare a casa la propria parte di torta”64.

Nel suo libro Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt commentò le informazioni fornite dei fratelli Kimche:
...questi ebrei di Palestina usavano un linguaggio non molto diverso da quello di Eichmann...erano stati mandati in Europa dagli insediamenti comunitari in Palestina, e non erano interessati alle operazioni di salvataggio – non era quello il loro mestiere. Volevano selezionare “materiale adeguato” e i loro principali nemici... non erano coloro che rendevano la vita impossibile agli ebrei in Germania e Austria, bensì coloro che impedivano l'accesso alla nuova patria; il nemico era l'Inghilterra, non la Germania... furono probabilmente tra i primi ebrei che parlarono apertamente di interessi reciproci...65


La proposta di alleanza militare con Hitler


Mentre la parte maggioritaria del movimento sionista, ovvero i sionisti laburisti (Ben Gurion) e i sionisti generali (Weizmann e gli altri) nascondevano i propri rapporti coi nazisti e in pubblico li criticavano, l'ala destra del sionismo, il partito revisionista (predecessore dei terroristi dell'Irgun e poi del partito Herut in Israele), prima del 1933 in diverse occasioni aveva apertamente espresso la propria ammirazione per individui come Hitler e Mussolini. Ad esempio in occasione di un processo svoltosi nel 1932 a Gerusalemme l'avvocato Cohen, membro del partito revisionista, difendendo gli autori di una provocazione all'università dichiarò: “Sì, noi abbiamo grande rispetto per Hitler. Hitler ha salvato la Germania, che senza di lui quattro anni fa sarebbe perita. E noi staremmo con Hitler, se egli abbandonasse il suo antisemitismo”66. Vladimir Jabotinsky, allora leader dei revisionisti, che manteneva buoni rapporti con il movimento fascista in Europa, fu anche accusato di cercare di entrare in relazione con la Germania hitleriana. Vi era chiaramente una competizione tra le differenti fazioni sioniste nel tentativo di collaborare coi fascisti in privato, mentre in pubblico li criticavano. Il giornale sionista Davar nel luglio 1933 pubblicò un articolo di David Ben Gurion contenente una pesante accusa: “...subito dopo l'ascesa al potere di Hitler, quando le persecuzioni di ebrei e marxisti erano all'apice, Vladimir Jabotinsky giunse a Berlino e pubblicamente attaccò i marxisti e i comunisti presenti all'interno del sionismo e in Palestina”67. Presumibilmente Jabotinsky voleva sabotare i negoziati tra fascisti e sionisti per entrare in gioco a sua volta come partner dei nazisti.

Ma Jabotinsky respinse decisamente le accuse di Ben-Gurion, ricordando di avere egli stesso parlato a Radio Varsavia il 28 aprile 1933, chiedendo il lancio di un boicottaggio economico mondiale della Germania, contemporaneamente creando uno stato ebraico in Palestina “come unica risposta adeguata alla minaccia hitleriana”. Questa era un'ovvia allusione ai negoziati sull'Haavara della maggioranza sionista. Ma Jabotinsky non poté negare il fatto che il giornale revisionista Hazit Haam, pubblicato in Palestina, “considerava apertamente questo movimento (quello fascista) con grande comprensione e simpatia. Gli editori del giornale...sebbene consci del rabbioso antisemitismo di Hitler, vedevano nel nazional socialismo elementi di un genuino movimento di liberazione nazionale”68.

Per la Germania fascista, la cooperazione con la maggioranza sionista fu indubbiamente più importante della cooperazione con l'“opposizione” revisionista. Ciononostante, anche ai comunisti presenti all'interno del sionismo e in Palestina”67. Presumibilmente Jabotinsky voleva sabotare i negoziati tra fascisti e sionisti per entrare in gioco a sua volta come partner dei nazisti.

Ma Jabotinsky respinse decisamente le accuse di Ben-Gurion, ricordando di avere egli stesso parlato a Radio Varsavia il 28 aprile 1933, chiedendo il lancio di un boicottaggio economico mondiale della Germania, contemporaneamente creando uno stato ebraico in Palestina “come unica risposta adeguata alla minaccia hitleriana”. Questa era un'ovvia allusione ai negoziati sull'Haavara della maggioranza sionista. Ma Jabotinsky non poté negare il fatto che il giornale revisionista Hazit Haam, pubblicato in Palestina, “considerava apertamente questo movimento (quello fascista) con grande comprensione e simpatia. Gli editori del giornale...sebbene consci del rabbioso antisemitismo di Hitler, vedevano nel nazional socialismo elementi di un genuino movimento di liberazione nazionale”68.

Per la Germania fascista, la cooperazione con la maggioranza sionista fu indubbiamente più importante della cooperazione con l'“opposizione” revisionista. Ciononostante, anche revisionisti fu permesso di continuare a svolgere attività politica in Germania. I membri dell'organizzazione giovanile revisionista Betar (Brit Trumpeldor) furono gli unici, tra le organizzazioni non fasciste in Germania, ad avere dai nazisti il permesso di indossare l'uniforme.

Furono infine dei membri dell'Irgun che, nell'intento di appoggiare la Germania fascista, un anno e mezzo dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale (all'epoca in cui il massacro degli ebrei nella Polonia occupata era già cominciato) arrivarono a fare alle autorità fasciste un'incredibile offerta di cooperazione.

Pochi mesi prima dell'offerta di cooperazione del gennaio 1941 vi era stata una scissione nell'Irgun, tra una parte allora minoritaria che nella guerra sosteneva l'Inghilterra contro la Germania nazista, e una parte che era contraria alla linea politica filo-inglese. Il comandante dell'Irgun Avraham Stern svolse un ruolo primario in questo secondo gruppo, che portò alla scissione della maggior parte dei membri dell'Irgun. Furono i capi di questa componente a fare l'offerta di collaborazione.

I termini dell'offerta sono contenuti in un documento che sinora non è stato rivelato completamente. E' stato rinvenuto nel rapporto dell'attaché navale dell'Ambasciata tedesca in Turchia – un funzionario che era là con incarichi segreti. Questo rapporto, che è ancora chiuso in un archivio in Inghilterra, parla di contatti che l'attaché ebbe con emissari dell'Irgun Zvai Leumi (Organizzazione Nazionale Militare – NMO). Un memorandum datato 11 gennaio 1941 si intitola “Proposta da parte dell'Irgun Zvei Leumi relativa alla soluzione della questione ebraica in Europa e alla partecipazione attiva della NMO a fianco della Germania”.

Il testo dice:
Viene spesso affermato in discorsi e dichiarazioni dei dirigenti della Germania nazional socialista che un Nuovo Ordine in Europa richiede come prerequisito la soluzione radicale della questione ebraica attraverso l'evacuazione (“Judenreines Europa”).
L’evacuazione delle masse ebraiche dall’Europa è una precondizione per la soluzione della questione ebraica; ma ciò può essere possibile soltanto attraverso la collocazione di queste masse nella patria del popolo ebraico, la Palestina, e attraverso l’istituzione di uno stato ebraico entro i suoi confini storici...
Dopo aver ribadito l'identità di vedute tra fascismo e sionismo su questo tema, gli attivisti dell'Irgun offrivano la propria organizzazione come alleato, come affermato nel prosieguo del documento:
Una simile soluzione della questione ebraica, e di conseguenza la liberazione una volta per tutte del popolo ebraico, è l'obiettivo dell'attività politica e della pluriennale lotta del movimento ebraico di liberazione: L'Organizzazione Nazionale Militare in Palestina.
La NMO, che ben consapevole dell'atteggiamento benevolo del governo del Reich tedesco verso l'attività sionista in Germania e verso i piani sionisti di evacuazione, è dell'opinione che:
1. Vi possono essere interessi comuni tra l’istituzione di un Nuovo Ordine in Europa, in conformità con la concezione tedesca, e le sincere aspirazioni nazionali del popolo ebraico per come sono rappresentate dalla NMO.
2. E’ possibile la cooperazione tra la nuova Germania e un nuovo ebraismo di stampo nazional - popolare.
3. L’istituzione di uno stato ebraico storico su base nazionale e totalitaria, vincolato da un trattato con il Reich tedesco, è nell’interesse di una futura, consolidata e forte posizione di potere della Germania nel Vicino Oriente.
Ciò che veniva offerto era né più né meno la costituzione di uno stato fascista ebraico in Palestina come alleato del fascismo tedesco!
Il documento proseguiva entrando ancor più nello specifico:
Questa offerta della NMO...implicherebbe l'addestramento e l'inquadramento militare di una forza ebraica in Europa, sotto il comando della NMO. Queste unità militari prenderebbero parte alla battaglia per la conquista della Palestina, qualora venisse aperto un tale fronte.
La partecipazione indiretta del movimento israeliano di liberazione al Nuovo Ordine in Europa, fin dalla fase preliminare, implicherebbe una soluzione positiva e radicale del problema ebraico europeo, in conformità con le succitate aspirazioni nazionali del popolo ebraico. Ciò rafforzerebbe straordinariamente le basi morali del Nuovo Ordine agli occhi di tutta l’umanità.
La cooperazione del movimento di liberazione israeliano sarebbe anche in linea con uno dei recenti discorsi del Cancelliere del Reich tedesco, nel quale Herr Hitler ha affermato che ogni circostanza e ogni alleanza sarebbero da prendere in considerazione allo scopo di isolare l'Inghilterra e sconfiggerla.69
Questo incredibile documento non ha bisogno di commenti. Occorre solo aggiungere che l'antisemitismo e l'opera di liquidazione degli ebrei europei aveva già avuto inizio, fecero sì che il fascismo tedesco non accettasse questa offerta di alleanza. Ma due anni dopo l'Irgun iniziò una serie di attentati terroristici contro le istituzioni inglesi nel Vicino Oriente, indebolendo di fatto l'alleanza anti-hitleriana nella sua lotta contro il fascismo tedesco, una lotta volta anche alla salvezza dell'ebraismo europeo.


Conclusione


Ogni qualvolta si parla della cooperazione tra fascismo e sionismo, gli autori sionisti hanno subito pronta la scusa che il rapporto coi nazisti fu praticato solo nell'ottica di salvare le vite dei cittadini ebrei. Anche se alcuni dei fatti sopra menzionati contraddicono questo argomento, rimangono due domande senza risposta: Davvero non c'era altra via di salvare gli ebrei europei?

Fu davvero questo il motivo del patto col diavolo stipulato dai sionisti?

Non c'è dubbio che la sola possibilità di prevenire l'uccisione di milioni di ebrei (così come di prevenire la Seconda guerra mondiale con i suoi milioni di vittime) stesse nel rovesciamento della dittatura fascista quando essa era nella sua prima fase. Ma i dirigenti sionisti non erano interessati a ciò – il loro unico obiettivo era aumentare la popolazione ebraica in Palestina. Poiché condividevano la visione anti-assimilazionista del nazismo a proposito della razza ebraica, la dittatura fascista per loro non fu una tragedia, ma una conferma della loro linea. Come disse David Ben-Gurion: “Ciò che la propaganda sionista per anni non ha potuto, lo ha potuto una improvvisa catastrofe”70.

I dirigenti sionisti non solo non fecero nulla contro il fascismo; essi sabotarono attivamente il fronte anti-fascista (impedendo, con l'Haavara Agreement, il boicottaggio economico). Di fatto si rifiutarono anche di tentare il salvataggio degli ebrei tedeschi che non avessero l'obiettivo di insediarsi in Palestina. Ciò accadde ad esempio alla Conferenza di Evian. Quando dopo il 1933 la maggioranza dei paesi capitalistici si rifiutò di ospitare i rifugiati ebrei tedeschi, il presidente americano Roosevelt convocò una conferenza mondiale sui rifugiati nella città svizzera di Evian.
Questa conferenza ebbe luogo dal 6 al 15 giugno 1938, e vi parteciparono 32 paesi capitalistici. La conferenza fallì poiché i partecipanti si rifiutarono di accogliere i rifugiati ebrei. Si potrebbe presumere che il movimento sionista, che era presente a Evian, tentasse di far pressione sui vari governi affinché aprissero i confini. Invece, all'inizio della conferenza i sionisti presentarono una mozione che chiedeva di accogliere 1,2 milioni di ebrei in Palestina. Non erano interessati ad altre soluzioni, come in seguito puntualizzò Christopher Sykes: “Guardarono sin dall'inizio all'intero evento con ostilità...la verità è che il tentativo di Evian non era affatto in linea con la concezione sionista”71.


Dunque i dirigenti sionisti condividono la responsabilità per il fallimento del salvataggio di un numero maggiore di ebrei europei. Non si dovrebbe dimenticare che quegli ebrei sopravvissuti al mostruoso dominio fascista devono la loro vita ai soldati del blocco anti-hitleriano, e specialmente a quelli dell'esercito sovietico, che pagarono terribili sacrifici per sconfiggere la dittatura fascista.

I dirigenti sionisti falsificano la storia quando oggi affermano che nessuno a parte loro durante gli anni del fascismo si schierò dalla parte degli ebrei. Robert Welsch, che a sua volta nel 1933 non aveva preso alcuna netta posizione contro i fascisti, ha affermato che nessuno in Germania si era schierato dalla parte dei perseguitati.72 Ma lo studio dei documenti storici mostra che ciò non è vero. A parte i numerosi atti individuali di coraggio a sostegno dei perseguitati, il Partito Comunista Tedesco fin dai primi giorni della dittatura fascista condannò le persecuzioni antisemite come elemento costitutivo del regime al potere. Mentre l'organizzazione sionista Hashomer Hatzair73 in Germania ancora nel 1932 dichiarava che “la partecipazione della gioventù chalutziana 74 alla lotta della classe operaia tedesca...non era il modo di esprimere il nostro impegno politico”75, perché per tale organizzazione “la resistenza contro i comunisti era particolarmente importante”, all'indomani del pogrom anti-ebraico del 9 novembre 1938 il Partito Comunista Tedesco fece la seguente dichiarazione: “La classe operaia tedesca è all'avanguardia nella lotta contro la persecuzione degli ebrei...la liberazione della Germania dalla vergogna dei pogrom anti-ebraici coinciderà con la liberazione del popolo tedesco dalla tirannia bruna”76.

I comunisti tedeschi fecero appello alla costruzione di un fronte popolare antifascista, ma i sionisti non erano interessati. Durante il 19mo Congresso Sionista a Lucerna, nel 1935, Chaim Weizmann affermò: “La sola risposta efficace a tutto ciò che è stato fatto agli ebrei in Germania è una grande e bella casa in Eretz Israel – una casa robusta”77.




Il documento può essere scaricato QUI




Note

_____________________

1. Bollettino di Informazione del PCI, 3-4, 1969
2. La principale milizia sionista in Palestina, fu il predecessore dell'esercito israeliano
3. Alfred Wiener, Juden und Araber in Palaestina, 1929
4. ibidem
5 Fondo Nazionale per la raccolta delle finanze necessarie alla costruzione dello stato sionista, creato nel 1921
6. Kurt Loewenstein, Die innerjudische Reaktion auf die Krise der deutschen Demokratie, 1965
7. Alfred Wiener, Kritische Reise durch Palaestina, 1927
8. Werner Mosse, Der Niedergang der deutschen Republik und die Juden, 1965
9. Suddeutsche Monatshefte, 12/1930
10. Alfred Rosenberg, Die Spur des Juden im Wandel der Zeiten, 1937
11. In Hannah Arendt, Eichmann a Gerusalemme, 1961
12. CV – Zeitung, 11 luglio 1930
13. In Kurt Loewenstein, Die innerjudische Reaktion auf die Krise der deutschen Demokratie, 1965
14. Hans Lamm, Über die innere und äussere Entwicklung des deutschen Judentums im Dritten Reich, 1951
15. ibidem
16. ibidem
17. Si intende il neonato Terzo Reich.
18. Per il testo della Dichiarazione vedi Lenni Brenner, Il sionismo nell'età dei dittatori, 1983
19. Arnold Paucher, Der Jüdische Abwehrkampf Gegen Antisemitismus und Nationalsozialismus in den Letzten Jahren der Weimarer Republik, 1968
20. SturmAbteilungen, letteralmente Reparti d'assalto, il primo gruppo paramilitare nazista, fondato nel 1920.
21. K.J. Ball-Kaduri, Das Leben der Juden im Deutschland 1933, 1963
22. Nel senso di quelli sionisti
23. Winfried Martini, Hitler und die Juden, 1961
24. K.J. Ball-Kaduri, Das Leben der Juden im Deutschland 1933, 1963
25. Judische Rundschau, 4 aprile 1933
26. Nahum Goldmann, Autobiography, 1970
27. K.J. Ball-Kaduri, Das Leben der Juden im Deutschland 1933, 1963
28. Questo è quanto disse il presidente della Commissione Affari Esteri e Sicurezza del Parlamento israeliano, Meir Argov, durante un dibattito parlamentare sull'accordo di riparazione tra Israele e la Repubblica Federale Tedesca (minute della seduta alla Knesset del 30 giugno 1959)
29. K.J. Ball-Kaduri, Das Leben der Juden im Deutschland 1933, 1963
30. Die Welt, 10 gennaio 1975. Il passeggero era Winfried Martini.
31. Kennzeichen J, 1966
32. La percentuale di immigrati ebrei con un patrimonio superiore alle 1000 sterline palestinesi crebbe dal 10,3% del 1933 al 18,1% del 1936, mentre quella degli immigrati ebrei proletari scese nello stesso periodo dal 35,8% al 17,2%. Tawfiq Canaan, Conflict in the Land of Peace, 1936
33. Kurt Paetzold, Faschismus, Rassenwahn, Judenverfolgerung, 1975
34. ibidem
35. In Heinz Tillmann, Deutschlands Araberpolitik im zweiten Weltkrieg, 1965
36. ibidem
37. ibidem
38. ibidem
39. Kennzeichen J, 1966
40. Nel senso delle colonie sioniste (n.d.a.).
41. Kennzeichen J, 1966
42. Heinz Tillmann, Deutschlands Araberpolitik im zweiten Weltkrieg, 1965
43. Jon e David Kimche, Des Zornes und des Herzens Wegen, 1956
44. Winfried Martini, Hitler und die Juden, 1961
45. K.J. Ball-Kaduri, Das Leben der Juden im Deutschland 1933, 1963
46. Winfried Martini, Hitler und die Juden, 1961
47. Alwin Ramme, Der Sicherheitdienst der SS, 1970
48. Das Schwarze Korps, 15 maggio 1935
49. Membro del partito nazista dal 1930, entrò nel SD nel 1935 con ruoli direttivi.
50. L'autore indica come fonte per i memorandum citati e altri rapporti segreti un microfilm custodito a Washington e contrassegnato dalla dicitura RFSS 411.
51. In Heinz Hoehne, Der Orden unter dem Totenkopf, 1967
52. Memorandum Hagen, microfilm RFSS 411
53. Heinz Hoehne, Der Orden unter dem Totenkopf, 1967
54. Memorandum Six, RFSS 411
55. ibidem
56. Simon Wiesenthal, Grossmufti – Grossagent der Achse, 1947
57. Al processo contro Eichmann l'accusa produsse un documento dicendo che era stato scritto da Haj Amin al-Husseini, nel quale Eichmann era definito “un tesoro per gli arabi”. Si trattava di falso così grossolano che persino la Deutsche Allgemeine Zeitung ammise che “il valore del documento è discutibile”. Hannah Arendt nel suo libro Eichmann a Gerusalemme scrisse che le affermazioni sui contatti tra Eichmann e Husseini “erano infondate”.
58. Neue Zuercher Zeitung, 12 luglio 1961
59. RFSS 411
60. Heinz Hoehne, Der Orden unter dem Totenkopf, 1967
61. Jon e David Kimche, Des Zornes und des Herzens Wegen, 1956
62. ibidem
63. ibidem
64. ibidem
65. Hannah Arendt, Eichmann a Gerusalemme, 1961
66. Die Weltbuehne, 31 maggio 1932
67. In Joseph Schechtman, Fighter and Prophet: The Vladimir Jabotinsky Story, the Last Years , 1961
68. Joseph Schechtman, Fighter and Prophet: The Vladimir Jabotinsky Story, the Last Years , 1961
69. Testo completo del documento in David Yisraeli, The Palestine Problem in German Politics, 1889-1945, 1974.
70. David Ben-Gurion, Rebirth and Destiny of Israel, 1954
71. Christopher Sykes, Crossraods to Israel, 1965
72. Kurt Paetzold, Faschismus, Rassenwahn, Judenverfolgerung, 1975
73. Movimento giovanile sionista promotore degli insediamenti agricoli comunitari (kibbutz)
74. La gioventù dei “pionieri”, da “chalutz”
75. Judische Rundschau, 30 agosto 1932
76. Kennzeichen J, 1966
77. Chaim Weizmann, Reden und Aufsaetze, 1937



TESTI CITATI


Hannah Arendt, Eichmann a Gerusalemme, 1961
K.J. Ball-Kaduri, Das Leben der Juden im Deutschland 1933, 1963
David Ben-Gurion, Rebirth and Destiny of Israel, 1954
Lenni Brenner, Il sionismo nell'età dei dittatori, 1983
Tawfiq Canaan, Conflict in the Land of Peace, 1936
Heinz Hoehne, Der Orden unter dem Totenkopf, 1967
Jon e David Kimche, Des Zornes und des Herzens Wegen, 1956
Nahum Goldmann, Autobiography, 1970
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