Recensione de Noi di Evgenij Zamjatin
“Io, D-503, Costruttore dell’Integrale, sono soltanto uno dei matematici dello Stato Unico. Abituata alle cifre, la mia penna non è in grado di comporre la musica delle assonanze e delle rime. Mi limito a cercare d’appuntare ciò che vedo e penso; o meglio: ciò che noi pensiamo (noi, ecco: e sia proprio questo NOI a intitolare i miei appunti).”
Tra il 1919 e il 1921 Evgenij Zamjatin dà vita a un romanzo dal titolo Noi, proprio come gli appunti di D-503. Un’opera
ambientata in un lontano futuro, alla fine del terzo millennio, nel
quale l’umanità ha finalmente trovato la pace e la felicità grazie ad un
mondo perfettamente delimitato dalla Muraglia Verde e controllato da
uno Stato Unico, con a capo il Benefattore.
Non vi sono nomi, ma
soltanto sigle alfanumeriche a distinguere un individuo dall’altro.
Nella vita di ciascun alfanumero non vi è altro che il lavoro per il
bene dello Stato Unico. Sentimenti ed emozioni sono stati banditi in
quanto irrazionali: nell’irrazionalità non vi è ragione e senza la
ragione non può esservi felicità. I palazzi hanno pareti di vetro
trasparenti affinché tutti possano vedervi attraverso (o anche
“trasparenti affinché tutti possano vedere tutto), in
particolar modo i Custodi, incaricati di mantenere l’ordine costituito.
Tuttavia, nella sua immensa bontà, il Benefattore concede due momenti
liberi durante la giornata di un’ora ciascuno durante i quali è
possibile anche abbassare le tende e, tramite un apposito tagliando
rosa, prenotare un altro alfanumero per un rapporto sessuale. Questo
avviene senza procreare(o “La procreazione non è contemplata”), a meno
che l’alfanumero femminile non rientri nello Norma Materna richiesta.
La secolare efficienza e la provata infallibilità dello Stato Unico sono pronte ad essere esportate su altri pianeti grazie all’Integrale:
una portentosa navicella spaziale della cui costruzione si sta
occupando D-503, cittadino modello che divide il suo tempo tra il lavoro
e i biglietti rosa di O-90 (questo si potrebbe anche lasciare,
volendo…). Finché un giorno, durante le Ore Personali, la sua strada
incrocia quella di I-330 che gli mostra non solo le incredibili trame
sotterranee che mirano a rovesciare lo Stato Unico, ma soprattutto la
terribile, inaccettabile possibilità che dopo secoli di perfezione e
rigore matematico nel profondo dell’uomo possa ancora celarsi quella
cosa ciò che gli antichi chiamavano anima.
Di più non posso svelarvi; ma sono certa che a qualcuno di voi queste
poche righe abbiano fatto venire in mente un altro famosissimo romanzo:
1984 di George Orwell. Non è affatto un caso, dal momento che sappiamo con certezza che Orwell prese spunto da Noi prima e durante la stesura del suo capolavoro. Ma allora perché un tale squilibrio di fortuna tra le due opere?
Per comprenderlo è necessario fare un passo indietro, nella neonata
Unione Sovietica, tra il 1921 e il 1922 circa. Qui, Evgenij Zamjatin
(classe 1884, ingegnere navale e scrittore di racconti brevi) legge
pubblicamente la propria opera, non ancora data alle stampe, sollevando
reazioni opposte, come opposte saranno le forze in atto nel travagliato
percorso verso la pubblicazione. In patria avrà luogo soltanto nel 1988,
cinquantuno anni dopo la morte di Zamjatin stesso. Da un lato nessuno
può negare si tratti di un’opera di assoluto valore
artistico-letterario; dall’altro è fin troppo chiaro come la società
distopica del romanzo faccia riferimento alla giovanissima società
sovietica e ad un suo possibile sviluppo in senso autoritario non appena
esaurito il potenziale rivoluzionario. Eppure, ironicamente, le prime
suggestioni verso le tematiche affrontate in Noi vengono a Zamjatin da un viaggio nella capitalista Newcastle-upon-Tyne di qualche anno prima.
Nel 1924 arriva il veto definitivo alla pubblicazione in patria; Noi
appare però in lingua inglese lo stesso anno, in ceco nel 1927, in
francese nel 1929. È proprio quest’ultima traduzione a capitare tra le
mani di George Orwell portandolo alla stesura ed al successo planetario
di 1984, nonché ad una sua trasposizione cinematografica. Alla
sceneggiatura di una possibile trasposizione della propria opera aveva
lavorato più di un decennio prima lo stesso Zamjatin, ricevendo però un
rifiuto. Noi, nonostante le traduzioni e infine la
pubblicazione in lingua originale nel 1952 (benché a New York, e non in
Russia), resta sempre un’opera di nicchia, forse soprattutto a causa
della forzata divulgazione forzatamente in sordina in patria. Quando
finalmente Gorbačёv e la sua perestrojka le daranno la possibilità di
venire pubblicata in lingua russa in URSS, il suo potenziale successo
sarà già stato irrimediabilmente oscurato dal “cugino” di già collaudata
popolarità 1984.
Noi è tuttavia un romanzo incredibilmente rivoluzionario e
attuale, che rivela l’eccezionale talento di Zamjatin nel tratteggiare
con estrema precisione pensieri e sentimenti umani, così come il loro
evolversi. Sembra che la sua lingua riesca a scegliere sempre la parola
più giusta, la proposizione della lunghezza più adatta per rendere
qualunque sensazione e idea; il merito, su questo punto, sarà senz’altro
anche del traduttore, che nella edizione Voland è Alessandro Niero.
A questo proposito, consiglio assolutamente a chi si avvicini a quest’opera per la prima volta l’edizione Voland, con traduzione e prefazione di Alessandro Niero (le stesse che potete trovare nell’edizione 2018 degli Oscar Moderni Mondadori), indispensabile per immergersi nella lettura con un supporto storico-critico breve ma esauriente.
È stata proprio questa prefazione, insieme al romanzo stesso, a farmi riflettere su quanto Noi,
dopo una così travagliata sorte, meriterebbe oggi una giusta
attenzione. Non solo perché ci mette in guardia rispetto ai pericoli dei
totalitarismi, siano essi socialisti o capitalisti, ma anche perché da
qualche anno altre forze assottigliano progressivamente ogni differenza:
tecnologia e globalizzazione, in un intersecarsi continuo e confuso, in
cui non è più granché chiaro quale delle due sia dominante, o dove sia
il confine tra vita vera e vita virtuale. Una strada a senso unico verso
un’omologazione di gusti, paesaggi, concezione del bene e del male.
Evgenij Zamjatin – Noi – Oscar Mondadori |
Al di là di qualunque allarmismo credo che la lettura di Noi
possa risultare un ottimo spunto di riflessione per ragionare su
quando, ad esempio nella vita di tutti i giorni, siamo davvero noi a
scegliere e quando, invece, ci sembra soltanto di poter scegliere; su
quanto certi doveri sembrino darci gioia e soddisfazione, mentre a farlo
è ciò che ci è stato insegnato e detto da altri. Riflettere sul senso
di protezione, calore e forza che dà il sentirsi parte di qualcosa, di
un noi, appunto, e restarne contemporaneamente estasiati e terrorizzati.
Con una consapevolezza nuova si può rivedere la nostra direzione ed il
nostro rapporto col mondo fino a sfuggire definitivamente alla
matematica e potersi prendere la libertà di dire che “avevo smesso da un bel pezzo di capire chi fossero loro e chi – noi”.
Noi di Evgenij Zamjatin è il libro giusto per chi ama il
romanzo distopico, certo, ma anche per coloro che amano prendere la
letteratura come un punto di partenza per altre riflessioni e letture.
Una volta che l’avrete cominciato non potrete fare a meno di terminarlo;
e una volta terminato vi verrà voglia, se l’avete già letto, di
rileggere 1984 per trovarvi punti d’incontro e differenze; e
nel frattempo ragionerete sul contesto storico di Zamjatin, di Orwell e
sul vostro.
Questo è il motivo principale per il quale Noi merita
finalmente una chance: perché proietterà la vostra mente insieme verso
il passato e verso il futuro: le due dimensioni tramite le quali
costruiamo il presente.
Recensione a cura di Chiara Bellini
È possibile acquistare il libro a questo LINK
Fonte RussiaInTranslation
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